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La commedia pandemica continua imperterrita: adesso è la volta di un manifesto per il vaccino che sarebbe “l’unico modo per sradicare definitivamente la pandemia” firmato
da 101 epidemiologi, ricercatori, scienziati e medici del calibro di
Desmond Tutu, George Clooney, noto medico in prima linea, Sharon Stone,
Forest Whitaker, Matt Damon, Prodi, Zingaretti, Bono, Richard Branson
(implicato peraltro finanziariamente nella vicenda dei vaccini) , Lech
Walesa in diretta dall’oblio, persino Gorbachev ormai un’ombra vivente,
l’attivista filo americana Malala Yousafzai e altri ancora: insomma
tutto un desolante bricolage di pensiero unico ma senza alcuna traccia
di competenza, neppure remotissima. Quindi in base a cosa parla e firma
questa truppaglia ingaggiata per la rappresentazione? E’ interessante
vedere come la curva dialettica della pandemia asserita in primis come
devozione a presunte verità della scienza che poi si sono rivelate
incertezze, sia adesso finita in mezzo alle peggiori sterpaglie
hollywoodiane tanto che considero questo documento come un’offesa
all’intelligenza e all’onestà intellettuale ma soprattutto come la
dimostrazione che ormai non s’invoca più la scienza per portare avanti
il gigantesco affare del vaccino ma il palcoscenico che più facilmente
si fa complice dell’isteria e della dittatura sanitaria.
Ad ogni modo tutto questo questo mi dà l’occasione di mettere
qualche puntino sulle “i”, ovvero sui troppi equivoci della
contemporaneità e sui suoi falsi miti: a redarre il documento e ad
apparire come primo firmatario è stato infatti Muhammad Yunus,
un’economista, americano di formazione, anche se cittadino del
Bangladesh, che si ritiene essere l’inventore del venerato microcredito.
Perché nel 2006 gli sia stato conferito il Nobel per la Pace, mentre
non si siano sognati di darli un premio per l’economia è un mistero.
Anzi no, è una sorta di compromesso dovuto al fatto che da una parte il
mondo bancario non credeva in questo strumento, dall’altra però, come
venne detto ufficialmente: “L’approccio legato al settore bancario
rinforza la visione neoliberista che inquadra le cause dell’origine
della povertà nel comportamento individuale”. E non è un caso se poi i
maggiori sostenitori di questo tipo di operazione economica siano state
istituzioni :come Banca Mondiale e Usaid che vi hanno visto un sistema
per condizionare intere aree in via di sviluppo. Qualcuno dice che in
realtà Yunus non volesse colpevolizzare i poveri, ma mettere l’accento
su rimedi individuali alla carenza di sostegno materiale e sociale dei
paesi poveri e in primis dello stesso Bangladesh. In realtà non c’è
grande differenza poiché egli dà per scontato che un problema
squisitamente politico, anzi politico per eccellenza ossia quello
dell’equilibrio sociale, dei diritti, dell’assistenza e della
redistribuzione del reddito, non debba o non possa essere affrontato
politicamente.
Francamente partendo da questi presupposti non c’è da meravigliarsi
se il microcredito dopo un inizio promettente sia naufragato nella più
sciagurata ricerca di profitto ai danni dei più poveri, con la pratica
comune di interessi cravattari che superano spesso del 15 per cento il
tasso ufficiale di sconto. Di fatto oggi la parola microcredito indica
un sistema di prestiti a persone appartenenti ai ceti medi, i quali
utilizzano queste risorse per finanziare i propri consumi invece che per
generare nuovo reddito e in questo ambito vengono richiesti interessi
che possono arrivare anche a cifre del 100%. Eppure personaggi come
Yunus sono portati in palmo di mano, finiscono per rappresentare
qualcosa che è poi spesso diametralmente opposto a ciò che realmente
sono e formano una specie di affollato pantheon mondano mediatico,
spendibile anche per le più opache operazioni, come appunto questo
manifesto. Basta poi contornalo di innominabile fritto misto e il piatto
è servito. A questo si sta riducendo il fascismo sanitario e a tale
proposito mi vengono in mente le parole di Augusto del Noce, in un testo
intitolato “Il suicidio della Rivoluzione” in cui il filosofo
affermava che il “problema di oggi è combattere la possibilità
totalitaria entro l’antifascismo stesso” della società neoliberista.
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