martedì 30 giugno 2020

Manifesto alla vaccinara

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er (1)La commedia pandemica continua imperterrita: adesso è la volta di un manifesto per il vaccino che sarebbe “l’unico modo per sradicare definitivamente la pandemia” firmato da 101 epidemiologi, ricercatori, scienziati e medici del calibro di Desmond Tutu, George Clooney, noto medico in prima linea,  Sharon Stone, Forest Whitaker, Matt Damon, Prodi, Zingaretti, Bono,  Richard Branson (implicato peraltro finanziariamente nella vicenda dei vaccini) , Lech Walesa in diretta dall’oblio, persino Gorbachev ormai un’ombra vivente, l’attivista filo americana Malala Yousafzai e altri ancora:  insomma tutto un desolante bricolage di pensiero unico ma senza alcuna traccia di competenza, neppure remotissima. Quindi in base a cosa parla e firma questa truppaglia ingaggiata per la rappresentazione? E’ interessante vedere come la curva dialettica della pandemia asserita in primis come devozione a presunte verità della scienza che poi si sono rivelate incertezze, sia adesso finita in mezzo alle peggiori sterpaglie hollywoodiane  tanto che considero questo documento come un’offesa all’intelligenza e all’onestà intellettuale  ma soprattutto come la dimostrazione che ormai non s’invoca più la scienza per portare avanti il gigantesco affare del vaccino  ma il palcoscenico che più facilmente si fa complice dell’isteria e della dittatura sanitaria.

Ad ogni modo tutto questo questo mi dà  l’occasione di mettere qualche puntino sulle “i”, ovvero sui troppi equivoci della contemporaneità e sui suoi falsi miti: a redarre il documento e ad apparire come primo firmatario è stato infatti  Muhammad Yunus, un’economista, americano di formazione, anche se cittadino del Bangladesh, che si ritiene essere l’inventore del venerato microcredito. Perché nel 2006 gli sia stato conferito il Nobel per la Pace, mentre non si siano sognati di darli un premio per l’economia è un mistero.  Anzi no, è una sorta di compromesso dovuto al fatto che da una parte il mondo bancario non credeva in questo strumento, dall’altra però, come venne detto ufficialmente: “L’approccio legato al settore bancario rinforza la visione neoliberista che inquadra le cause dell’origine della povertà nel comportamento individuale”. E non è un caso se poi i maggiori sostenitori di questo tipo di operazione economica siano state istituzioni :come Banca Mondiale e Usaid  che vi hanno visto un sistema per condizionare intere aree in via di sviluppo. Qualcuno dice che in realtà Yunus non volesse colpevolizzare i poveri, ma mettere l’accento su rimedi individuali alla carenza di sostegno materiale e sociale dei paesi poveri e in primis dello stesso Bangladesh. In realtà non c’è grande differenza poiché egli dà per scontato che un problema squisitamente politico, anzi politico per eccellenza  ossia quello dell’equilibrio sociale, dei diritti, dell’assistenza e della redistribuzione del reddito, non debba o non possa essere affrontato politicamente.
Francamente partendo da questi presupposti non c’è da meravigliarsi se il microcredito dopo un inizio promettente sia naufragato nella più sciagurata ricerca di profitto ai danni dei più poveri, con la pratica comune di interessi cravattari che superano spesso del 15 per cento il  tasso ufficiale di sconto. Di fatto oggi la parola microcredito indica un sistema di prestiti a persone appartenenti ai ceti medi, i quali utilizzano queste risorse per finanziare i propri consumi invece che per generare nuovo reddito e in questo ambito vengono richiesti interessi che possono arrivare anche a cifre del 100%. Eppure personaggi come Yunus sono portati in palmo di mano, finiscono per rappresentare  qualcosa che è poi spesso diametralmente opposto a ciò che realmente sono e formano una specie di affollato pantheon mondano mediatico, spendibile anche per le più opache operazioni, come appunto questo manifesto. Basta poi contornalo di innominabile fritto misto e il piatto è servito.  A questo si sta riducendo il fascismo sanitario e a tale proposito mi vengono in mente le parole di Augusto del Noce, in un testo intitolato  “Il suicidio della Rivoluzione” in cui il filosofo affermava che il   “problema di oggi è combattere la possibilità totalitaria entro l’antifascismo stesso” della società neoliberista.

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