Viviamo
in una città bellissima ma in costante declino, a cui oggi si aggiunge
una crisi senza precedenti che da sanitaria si è trasformata rapidamente
in economica e sociale. Il Coronavirus ha ampliato le contraddizioni
che già esistevano e ha svelato il fallimento completo di un modello che
non è in grado di garantire occupazione, salute e diritti alla
popolazione.
Dagli
anni ‘90, lo smantellamento dell’apparato pubblico e la perdita di
centralità rispetto al contesto nazionale ed europeo hanno lasciato la
città sempre più in mano a speculatori privati, nazionali e
internazionali. Il PIL diminuiva, le aziende trasferivano la loro sede a
Milano, aumentava la quota dei servizi a basso valore aggiunto e del
lavoro povero.
In
questo contesto, l’aggressiva privatizzazione dei beni pubblici, con le
conseguenti esternalizzazioni di migliaia di lavoratori, hanno favorito
il sistema di appalti truccati, con tutte le conseguenze negative poi
emerse in parte nei processi di Mafia Capitale. Una
parabola che ha dirette responsabilità politiche, partendo dal “Modello
Roma” del centrosinistra che ha favorito la rendita immobiliare e il
turismo di massa, investendo solo negli ambiti che generavano profitto
in mano privata. Le giunte successive hanno continuato in questo solco,
intrecciandosi al sistema clientelare da sempre presente, accentuando la
deresponsabilizzazione e lo smantellamento del pubblico.
Oggi è evidente a tutti che anche la giunta Raggi non è stata in grado di rappresentare un cambiamento rispetto al passato.
Negli
ultimi dieci anni, nelle maglie dell’austerità e del ricatto del debito
mai ricontrattato, sono state tagliate oltre l’80% delle risorse per le
politiche abitative, per le scuole, per la manutenzione di strade, del
verde pubblico, del trasporto locale e delle attività culturali. Una
tendenza che ha significato sul piano sociale un aumento delle
disuguaglianze, della disoccupazione, dell’emigrazione di massa di
giovani, un’esplosione di lavoratori sottopagati, a nero e sempre meno
qualificati, l’espulsione dei settori popolari dal centro città e il
crollo delle condizioni di vita nelle periferie.
Ma
dopo la crisi sanitaria la situazione si è ancora più aggravata. Ora ci
troviamo nell’emergenza dell’emergenza. Il blocco delle attività ha
comportato la perdita di un impiego soprattutto per i settori legati
all’indotto del turismo, al mondo esternalizzato della pubblica
amministrazione e alla cultura, abbattendosi sul lavoro già precario e
alle partite IVA in aumento in questi anni.
La
crisi provocata dal Coronavirus ha reso evidente che le amministrazioni
non sono più in grado di dare risposte, anche le più basilari, come ci
racconta la mancata e ritardata erogazione dei “buoni spesa”.
L’inconsistenza dei provvedimenti per gli ammortizzatori sociali ha
trovato risposta nelle piazze chiamate in queste settimane per la
rivendicazione di tutele e diritti.
La
recessione economica sembra non arrestarsi nei prossimi mesi. Dalle
stime si prevede una diminuzione del PIL nazionale del 11,3% si stima
per il 2020 un calo del turismo del 34,3% per le città d’arte. Questo si
tradurrà in una drammatica perdita di occupazione nella Capitale.
Le
proposte sul tavolo che provengono dai grandi partiti e dalle imprese
ripresentano una ricetta che continua a elargire fondi a privati e non
rimette in discussione un modello che si è dimostrato fallimentare nei
fatti. Un modello per cui l’intervento pianificato dello Stato è
solamente quello repressivo e coercitivo, una visione di società contro
cui ci siamo battuti senza sosta in questi anni.
È
evidente come oggi sia necessario un cambio completo di passo, una
modifica radicale delle priorità. Se l’approccio prevalente è quello
della “competizione sul mercato”, i risultati non possono che portare ad
un aumento delle disuguaglianze, come stiamo assistendo ancora oggi in
questa emergenza.
A
partire da risorse e necessità, oggi dobbiamo individuare uno sviluppo
sostenibile per la città, che crei lavoro e benessere per i propri
abitanti, l’unica alternativa per uscire da questa crisi.
L’alternativa
deve partire dalla centralità dell’intervento pubblico, l’unico in
grado di garantire redistribuzione della ricchezza e una pianificazione a
lungo termine per la collettività. Nell’agenda politica devono
immediatamente tornare proposte come un piano straordinario di
assunzioni, investimenti fuori dalla morsa dei vincoli di bilancio,
territorialità, ripubblicizzazione e reinternalizzazione dei servizi,
anche in modo da generare immediati risparmi per le casse pubbliche.
Questo
significa una volta per tutte rompere con finanziamenti a privati in
sanità e in edilizia pubblica, con la dismissione dei beni demaniali e
comunali, con i favori agli speculatori, con i servizi in concessione.
Roma
è la Capitale più verde d’Europa, dispone di un patrimonio di beni
culturali e archeologici senza paragone, di tre università e numerosi
centri di ricerca e soprattutto dei suoi abitanti. Immaginare
insieme proposte e alternative oggi non è più rimandabile. Occorre
rispondere ad una crisi economica e sociale, che se gestita con le
solite ricette, porterà ad una stretta ulteriore nei diritti e ad un
impoverimento generalizzato.
Qui
si apre una partita politica a tutto tondo. Crediamo che sia giunto il
momento di riprendere la voce e i diritti che ci sono stati rubati, per
rimettere al centro l’interesse di noi lavoratrici e lavoratori, di
tutti gli abitanti dei quartieri periferici che rappresentano la
maggioranza della città, inascoltati da tutte le amministrazioni.
Per
fare ciò dobbiamo rompere con uno schema di compatibilità con forze
politiche che a destra e a “sinistra” hanno portato a questa rovina e
che continuano a riproporci la solita ricetta fallimentare.
Possiamo
costruire una nuova proposta? Noi crediamo che questa alternativa debba
crescere e prendere corpo dalle tante esperienze di lotta e solidarietà
nei territori e nei luoghi di lavoro, dalle rivendicazioni che tante
realtà hanno portato avanti in questi anni senza mai arrendersi.
Serve pensare un’opposizione reale che faccia diventare concreta un’alternativa per la città, un’alternativa popolare.
Per
questo, invitiamo tutte le realtà sociali e politiche, che condividono
la necessità di un cambio radicale di passo, alla discussione su Roma e
le sue prospettive ad un’assemblea cittadina il 1 luglio, alle ore 18:30, presso l’occupazione abitativa di viale delle Province 196.
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