Anna Lombroso
Ormai accettare e uniformarsi a vincoli, controlli, distanziamenti rientra nell’ambito dei lussi che non tutti possono permettersi, a cominciare dai luoghi del “consumo” sociale: ristoranti, caffè, bar, discoteche, palestre, hotel, teatri, cinema, gallerie d’arte, centri commerciali, fiere dell’artigianato, musei, musicisti e altri artisti, impianti sportivi, sedi di congressi e convention. Ma anche trasporti pubblici, treni, compagnie aeree, multinazionali delle crociere, una quota cioè molto rilevante della nostra economia.
E se barchini, pedalò, taxi acquei, osterie, localini sono già stati espulsi almeno a guardare il panorama di serrande mestamente tirate giù lungo le nostre strade, grandi alberghi, grandi armatori-corsari, grandi greppie a 5 forchette, grandi catene commerciali, si stanno attrezzando anche con l’aiuto di amministratori locali e di quegli istituti bancari che hanno come mission dare quattrini solo a quelli che li hanno già.
Si tratta di quelle élite che sanno approfittare delle emergenze e qualche volta favorirle, per lanciare nuovi brand, sanitari ad esempio, e che sanno mettere a frutto le “ricostruzioni”, entusiasti delle nuove frontiere tecnologiche largamente riconducibili al loro controllo nelle quali arruolano iper connessi disponibili a essere sorvegliati e sorvegliare aree di marginali ed esclusi, destinati a scendere sempre più in basso nella scala sociale anche in qualità di ignoranti refrattari alla responsabilità personale e collettiva, incapaci per età o per istruzione a cogliere le sfide della modernità.
Poco importa che l’emergenza abbia rivelato la debolezza strutturale del modello organizzativo della piattaforme con siti web che non fanno fronte al numero degli accessi, catene di distribuzione impotenti a sopportare il surplus di ordinazioni, per non parlare del fallimento della didattica a distanza e dello smart working.
Meglio così, anche quello serve a selezionare tra chi merita di essere salvato grazie al reclutamento accondiscendente nell’esercito del caporalato online, donne soprattutto, come postula il ticket Delrio/Colao, addetti ai lavori alla spina che pensano di essersi guadagnati l’indipendenza decidendo orari e percorsi della consegna della pizza, rider che aspettano la promozione a manager – la procura di Milano ha aperto un’indagine sui pony che cercano di subappaltare il servizio a altri più sfigati di loro, dando in outsourcing marchio, uso dell’account in cambio di una quota del “salario”, mancia compresa -, e chi invece come prodotto scadente, non è degno di sopravvivere e è meglio venga cacciato fuori del mercato.
Sono i fasti della tendenza in auge prima, durante e dopo il covid, che dovrebbe persuadere i proletari a imprenditorializzare la loro definitiva conversione in merce. Ma anche in quel caso a farcela sono i colossi, le piattaforme strutturate, la multinazionali digitalizzate e non, in grado di affrontare i costi dell’adattamento alle regole imposte dagli impresari dell’emergenza.
Basta pensare a quello che succede nelle città: è di oggi una indagine che dimostra che il prezzo degli immobili a Roma sta subendo un crollo prevedibile, e che racconta come molti che avevano puntato su quell’economia della rendita che nell’ultimo decennio ha cambiato il volto e l’identità dei centri abitati, piccoli e grandi, rappresentata dagli affitti a breve, dall’ospitalità turistica esentasse, stanno naufragando.
Mentre c’è da star sicuri che Airbnb, nato solo nel 2008, ma che è riuscito a occupare e stravolgere gli assetti urbani, facendo esplodere il prezzo degli affitti e il valore degli immobili e espellendo dai centri storici i residenti. Con l’effetto di frammentare relazioni sociali, mettendo in crisi il tessuto commerciale di quartiere, alzando a dismisura il costo della vita, trasformando interi quartieri in scenari e quinte teatrali per mangiatoie, apericena, movide, birrerie, pub.
Che poi anche di quelli faranno la loro iniqua giustizia le disuguaglianze, cancellando le startup dell’intrattenimento e della gastronomia improvvisata, i localini dei ragazzi di buona famiglia che si sono messi al banco e ai fornelli, così come verranno puniti i piccoli proprietari che hanno ritagliato una fettina dell’appartamento per farne un B&B, quelli che si sono scoperti manager dell’accoglienza convertendo la masseria dei nonni in Salento e la casetta al paesello.
Verrebbe da dire che se lo meritano, se non fosse che a fronte di speculatori in grande spolvero, di possidenti che hanno saputo trarre profitto da leggi urbanistiche insensate che hanno permesso svuotamento di palazzi, cambi di destinazione d’uso, risanamenti che occultano la frammentazione e la alienazioni di patrimoni immobiliari di pregio, come di stabili di edilizia popolare, c’è una moltitudine di “vittime” della mitologia fondativa di quella che è stata definita l’azienda fondatrice della Silicon Valley – e è detto tutto – che li ha persuasi che mettendo un materasso in più o uno di quegli armadi con dentro il sofà cari a Stanlio e Ollio, si potesse diventare imprenditori di se stessi, grazie alle opportunità di una “economia collaborativa” e egalitaria che concede a chi affitta un modesto guadagno “sicuro” e offre al turista la realizzazione di un sogno a poco prezzo, a Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Lisbona, Istanbul, oggetti di un marketing delle città diventate merce di consumo, della loro storia convertita in brand.
Niente sarà come prima, e infatti per quanto riguarda l’uso turistico delle città c’è da scommettere che sarà “peggio”, perché la penalizzazione causata dalla pandemia e guardata teneramente dagli osservatori e pensatori come al desiderabile ritorno a una Arcadia dimenticata e come l’auspicio di una decrescita, per i poveracci condannati alle zolle, se percepiscono un reddito di cittadinanza, mica per loro, esalterà gli istinti peggiori in tutti: l’avidità padronale, la cupidigia dei residenti affamati, l’indifferenza tracotante dei viaggiatori incuranti dei diritti degli abitanti: spendo e pretendo.
E figuriamoci se in questa orgia bulimica di retorica non avrà spazio l’edificante retorica dei fondatori di Air che definirono così la loro vocazione: “al centro della nostra missione c’è l’idea che le persone siano fondamentalmente buone e che ogni comunità sia un luogo dove è possibile sentirsi a casa”.
A pensare ai tanti in domicilio coatto pigiati in due stanze, a chi non ha fatto fronte all’affitto e tra qualche mese sarà sfrattato a norma si legge, ai senza tetto per strada o sotto un ponte, non quello sullo Stretto che ha altri beneficiari, agli occupanti abusivi oggetto privilegiato di norme di sicurezza molto deplorate ma con uguale determinazione mantenute e rafforzate per motivi sanitari, viene da dire che proprio non c’è fine all’oltraggio condito per giunta dalla presa per i fondelli.
Già questo dovrebbe bastare per cacciar fuori dal Palazzo gli Stati Generali convocati dal Re Travicello e autoproclamarsi finalmente popolo. (segue)
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