8 agosto 1956 – 8 agosto 2018
Ancora e sempre per non dimenticare.
Ancora e sempre per testimoniare la sofferenza, la fatica, il martirio del lavoro.
Non dovrà mai esserci tregua per chi sfrutta il lavoro altrui in modo ignobile e disumano.
A sessantadue anni da Marcinelle assistiamo, oggi come sempre, alla realtà dello sfruttamento del lavoro.
Ancora
si considera chi lotta per una società giusta come un sovversivo
dell’ordine costituito, un perturbatore dei tranquilli ozi delle classi
agiate.
Oggi come allora.
Dalle
classi dominanti non arriva mai un segnale di comprensione della
vastità dei delitti commessi in nome dell’indiscriminata accumulazione
del profitto.
Anzi
verifichiamo una intensificazione, un accanimento nello schiacciare i
più deboli, come dimostra la vicenda dell’emigrazione.
Un
accanimento che i Governi agevolano e i possessori dell’informazione
non solo giustificano ma anzi esaltano in un crescendo di inaccettabile
mistificazione.
Emergono così istinti di persecuzione razzistica che fanno presa sui comportamenti di massa in una dimensione molto pericolosa.
Oggi qualcuno farà finta di piangere lacrime di coccodrillo.
Da Marcinelle a Foggia questa striscia di sangue non ci richiama semplicemente al lutto e al dolore.
La
memoria di Marcinelle ci richiama all’eternità insuperabile della lotta
di classe per l’emancipazione sociale, alla lotta contro
l’insopprimibile realtà dello sfruttamento che nessuna evoluzione
tecnologica riuscirà a cancellare.
Non
possiamo cancellare le idee di rivolta per sovvertirne il corso
soffocatore della dignità umana e scolpire per sempre nella nostra
memoria episodi come questo risulta necessario per andare avanti nel
corso della storia.
La
tragedia di Marcinelle però continua nel tempo a dimostrazione di
quanto fin qui sostenuto al riguardo dell’eterno sfruttamento della
povera gente.
Ecco di seguito l’ultimo fatto luttuoso che colleghiamo idealmente proprio a quanto avvenuto in Belgio sessantadue anni or sono:
“Ennesima
tragedia della strada nel foggiano. Dodici persone, tutte migranti,
sono morte nell’incidente stradale avvenuto nel pomeriggio di lunedì 6
agosto, lungo la statale 16 all’altezza dello svincolo per Ripalta,
nelle campagne di Lesina. Un furgone con targa bulgara con a bordo tutti
passeggeri extracomunitari, si è scontrato frontalmente con un camion
carico di farinacei. I migranti, prevalentemente africani, così come già
accaduto non avevano con sé documenti di riconoscimento, pertanto
risulta difficile l’identificazione. Una tragedia, dunque, che avviene a
distanza di pochi giorni dall’altro sinistro stradale mortale avvenuto
lungo la provinciale 105 tra Castelluccio dei Sauri e Ascoli Satriano
dove sono deceduti 4 braccianti agricoli impegnati nella raccolta del
pomodori.”
“PROLETARI DI TUTTI I PAESI UNITEVI !”
Ricordiamo sinteticamente i fatti di Marcinelle:
Una
delle più gravi tragedie minerarie della storia si verificò l’8 agosto
1956, nella miniera di carbone di Bois du Cazier (appena fuori la
cittadina belga di Marcinelle) dove si sviluppò un incendio che causò
una strage.
262
minatori morirono, per le ustioni, il fumo e i gas tossici. 136 erano
italiani. Causa dell’incidente fu un malinteso sui tempi di avvio degli
ascensori. Si disse che all’origine del disastro fu un’incomprensione
tra i minatori, che dal fondo del pozzo caricavano sul montacarichi i
vagoncini con il carbone, e i manovratori in superficie. Il
montacarichi, avviato al momento sbagliato, urtò contro una trave
d’acciaio, tranciando un cavo dell’alta tensione, una conduttura
dell’olio e un tubo dell’aria compressa.
Erano
le 8 e 10 quando le scintille causate dal corto circuito fecero
incendiare 800 litri di olio in polvere e le strutture in legno del
pozzo. L’incendio si estese alle gallerie superiori, mentre sotto, a
1.035 metri sottoterra, i minatori venivano soffocati dal fumo. Solo
sette operai riuscirono a risalire. In totale si salvarono in 12.
Il
22 agosto, dopo due settimane di ricerche, mentre una fumata nera e
acre continuava a uscire dal pozzo sinistrato, uno dei soccorritori che
tornava dalle viscere della miniera non poté che lanciare un grido di
orrore: «Tutti cadaveri!».
Ci
furono due processi, che portarono nel 1964 alla condanna di un
ingegnere (a 6 mesi con la condizionale). In ricordo della tragedia,
oggi la miniera Bois du Cazier è patrimonio Unesco.
La
tragedia della miniera di carbone di Marcinelle è stata soprattutto
una tragedia degli italiani immigrati in Belgio nel dopoguerra. Tra il 1946 e il 1956 più di 140mila italiani varcarono le Alpi per andare a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia. Era il prezzo di un accordo tra Italia e Belgio che prevedeva un gigantesco baratto: l’Italia doveva inviare in Belgio 2mila uomini a settimana e, in cambio dell’afflusso di braccia, Bruxelles si impegnava a fornire a Roma 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore.
Il nostro Paese a quell’epoca soffriva ancora degli strascichi della guerra: 2 milioni di disoccupati e grandi zone ridotte in miseria. Nella parte francofona del Belgio, invece, la mancanza di manodopera nelle miniere di carbone frenava la produzione. Così si arrivò al durissimo accordo italo- belga.
Tra il 1946 e il 1956, quasi 500 operai italiani trovarono così la morte nelle miniere belghe, senza contare il lento flagello delle malattie d’origine professionale, tra cui la silicosi che mieterono vittime ancora per decenni, in molti casi senza alcun riconoscimento delle malattie professionali.
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