mercoledì 29 agosto 2018

La “disinformazia” sullo spread nelle bollette

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Il giornale della Confindustria, Il Sole 24 Ore, fa oggi opera di terrorismo psicologico intorno allo spread. Addirittura evocando lo scenario di un effetto spread sulle bollette di luce e gas, come a dire che: “lo spettro dello spread, che tu lo voglia o no, ti arriva anche sotto la pentola della pasta o nelle lampadine. Allo spettro dello spread non si può sfuggire”.
Come noto questa clava fu utilizzata nel 2011 per deporre Berlusconi e imporre Monti al governo. In queste settimane, nonostante si mantenga basso, i media mainstream legati o subalterni ai gruppi finanziari e alle oligarchie europee, continuano ad alimentare la paura dello spread sui titoli di stato italiani come un abisso orririfico da evitare a tutti i costi, soprattutto quelli che vengono poi scaricati sulle spalle della popolazioni e – specularmente – messi a profitto degli investitori.

Il terrorismo mediatico leggibile e alimentato anche dal Sole 24 Ore, omette accuratamente di dire la verità. Le bollette della luce e del gas aumenteranno in modo consistente con una decisione presa e già annunciata da mesi. Era infatti lo stesso giornale a scrivere testualmente il 28 giugno scorso che: “Da oggi e per i prossimi tre mesi la bolletta della luce rincara del +6,5% e la tariffa del metano rincara del +8,2%. L’ha deciso giovedì pomeriggio l’autorità dell’energia Arera nell’aggiornamento trimestrale delle bollette”.
Dunque quale sarebbe l’effetto di un aumento dello spread sulle nostre bollette? “Anche se gli aumenti dovrebbero essere contenuti, c’è la possibilità che si sommino con quelli determinati dall’impennata dei prezzi delle materie prime” scrive oggi Il Sole 24 Ore, “ sui mercati europei all’ingrosso il metano e l’elettricità non sono mai stati così cari nel periodo estivo”. E certo che sono cari, il 1 luglio sono scattati aumenti del 6,5% per l’elettricità e del ben 8,2% per il gas!!
Ma il giornale della Confindustria da un lato deve arrampicarsi sugli specchi, dall’altro fornisce altra materia esplosiva al verminaio apertosi dopo il crollo del ponte a Genova sulle concessioni ai privati di servizi pubblici. Come per le autostrade, anche sui servizi che gestiscono le reti strategiche di fornitura e distribuzione dell’energia, esiste un sistema di concessioni che garantisce i profitti ai privati anche quando le cose vanno male. Ce lo spiega direttamente Il Sole 24 Ore: “L’Arera — così si chiama oggi l’Autorità dell’energia, delle reti dell’ambiente — entro novembre dovrà aggiornare per il periodo 2019-2021 il livello di remunerazione degli investimenti effettuati dalle società del settore. Per gli addetti ai lavori, si tratta del Wacc, sigla che sta per Weighted average cost of capital: denaro che viene garantito a chi gestisce servizi regolati per ripagare infrastrutture come gasdotti, stoccaggi di metano, reti elettriche o il servizio di rigassificazione del gas liquefatto”: Ma la ciliegina sulla torta è questa:
“Questi investimenti, secondo la legge, sono pagati dagli utenti finali, in pratica da cittadini e imprese che consumano energia”.
Dunque abbiamo verificato come anche sui servizi a rete, le concessioni ai privati siano state un affare d’oro per loro assicurato dagli introiti delle bollette di luce e gas. Ma che c’entra lo spread? Anche qui il giornale della Confindustria ci spiega che “il valore degli investimenti sostenuti dalle aziende energetiche cambia in base al costo necessario a finanziarli”. A fine settembre questa famigerata Autorità dell’Energia (Arera,ndr), dovrà adeguare il Wacc al rischio paese ai costi degli investimenti. Questo parametro, nel triennio 2016-2018 era pari all’1% ma se dovesse aumentare il rischio paese potrebbe aumentare, ci dicono i nostri. Anzi ci dicono che “dal 1 gennaio è quasi certo che salirà”, dunque non dipende dallo spread ma da una previsione già decisa.
Siamo ormai davanti a dei “bloody lears”, dei mentitori sanguinari, come dicevano i minatori inglesi durante le lotte contro la Thatcher. E’ tempo di cambiare completamente l’aria in circolazione. La nazionalizzazione dei servizi strategici è il minimo sindacali per metterli a tacere e riprendersi tutti i soldi e le risorse che hanno sottratto alla popolazione in questi ultimi venticinque anni.

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