“Brinderemo all’alluvione” diceva al telefono l’imprenditore sicuro dell’appalto del Comune.
Una frase che torna come la formula di un rito macabro, quasi dieci anni dopo le risate che Francesco De Vito Piscicelli confessò di essersi fatto nel letto durante il terremoto dell’Aquila, all’alba del 6 aprile del 2009. A voler brindare all’alluvione di Livorno – che il 10 settembre 2017 provocò la morte di 8 persone – era Emanuele Fiaschi, capo della Tecnospurghi, azienda leader a Livorno per interventi di emergenza per spurghi e prosciugamenti. Stava parlando con un collega di Viareggio, sicuro degli appalti che lo legavano al Comune di Livorno.
La frase intercettata – confermata dal capo della squadra mobile di Livorno Salvatore Blasco che ha guidato le indagini – non si trova nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato ai domiciliari Fiaschi, perché non è per quella frase che è stato arrestato. Piuttosto per uno di quegli appalti col Comune di Livorno la cui gara secondo la Procura è stata truccata a suo beneficio. Da chi? Dall’ex coordinatore della Protezione civile Riccardo Stefanini, anche lui finito ai domiciliari e anche lui con il braccialetto elettronico, che era sospeso da maggio perché arrestato per un’altra inchiesta, questa volta per peculato.
Il centro dell’inchiesta
E’ lui il centro dell’inchiesta coordinata dal procuratore Ettore Squillace Grieco, uno dei tanti filoni avviati dalla magistratura livornese dopo il disastro di settembre. Uno riguarda la progettazione urbanistica, un altro la manutenzione dei corsi d’acqua che quella notte esondarono, il terzo l’intervento dei soccorsi coordinati dal Comune nelle ore dell’emergenza. Ma il primo punto di svolta arriva su due appalti gestiti in prima persona da Stefanini: i reati contestati, a vario titolo, sono truffa ai danni dello Stato e turbativa d’asta.
“Le mail per concordare i criteri del bando”
L’altro – da 23mila euro – serviva ad assegnare il dispositivo di Alert system, il sistema di allerta necessario per comunicare in modo tempestivo gli allarmi della Protezione civile alla popolazione. In questo caso, secondo gli atti delle indagini, Stefanini si accordò via mail con Nicoletta Frugoli, rappresentante commerciale di un’azienda di Roma che ha una sede anche a Viareggio, la ComunicaItalia, sui criteri di scelta da inserire nel bando prima ancora che fosse pubblicato. Il bando poi fu scritto e aveva criteri così stringenti che alla gara non si presentò nessuno. Tranne la ComunicaItalia. Per questi motivi Fiaschi e Stefanini sono ai domiciliari, mentre per la Frugoli il gip ha firmato un’ordinanza di divieto di esercitare qualsiasi ufficio direttivo e di rappresentanza per un anno. Da parte sua la dirigente di ComunicaItalia nega tutto: “Sono finita in un tritacarne – dice all’Ansa – Lavoro seriamente. Sia io che l’azienda non facciamo queste cose: non ho niente da nascondere. E’ un fulmine a ciel sereno”. L’azienda aggiunge che “per parte nostra sappiamo per certo che tali presupposti non esistono nella realtà fattuale, e che la procura lo confermerà dopo avere completato le indagini”. Comunicaitalia rivendica “una tradizione di correttezza e trasparenza assoluta nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tale per cui non ha alcun timore di alcun accertamento da parte di chiunque” e invita i media a verificare direttamente.
Sale a peso d’oro, fatture per lavori fatti dai volontari
Secondo le carte dell’inchiesta il dialogo tra Stefanini e ComunicaItalia si limitò a quell’episodio sull’alert system, peraltro entrato per motivi diversi nelle polemiche dopo il disastro. Più saldo, sostengono i magistrati, era il rapporto tra Stefanini e Fiaschi. Una “amicizia” lubrificata da quelle che gli investigatori definiscono “regalie varie”, compresi pacchi dono e cene offerte dall’imprenditore. Andata avanti nei mesi. Fino all’allerta meteo per neve e ghiaccio che durò dalla fine di febbraio all’inizio di marzo. E’ in quei giorni, spiegano gli inquirenti, che Stefanini gonfia le cifre a beneficio della ditta di Fiaschi. Per esempio aumenta orari e mezzi utilizzati dalla Tecnospurghi dilatando per migliaia di euro le spese a carico del Comune. Paga alla Tecnospurghi 1000 euro per quattro zaini di rappresentanza con piccoli accessori, di quelli da donare alle scuole in occasione della festa che ogni anno organizza la Protezione civile: 250 euro a borsetta. Non basta. Stefanini fa impennare il prezzo del sale da disgelo: 15 euro Iva esclusa su ogni sacco da 20 chili, mentre 5 anni prima il Comune di Pisa aveva pagato poco più di 3 euro a sacco, in quel caso perfino più pesante, da 25 chili. E ancora. Stefanini attribuisce a Tecnospurghi un lavoro di spargimento di sale che Tecnospurghi non ha mai fatto: l’aveva fatto un cittadino, un volontario, per solidarietà.
Stefanini, che usava i mezzi del Comune per andare in piscina
I domiciliari e il braccialetto elettronico non sono un’esperienza nuova per Riccardo Stefanini: già a maggio il tribunale di Livorno lo aveva sottoposto alla stessa misura cautelare per un’inchiesta per peculato, perché in almeno 47 occasioni aveva usato mezzi e risorse del Comune per i fatti propri. La carta carburante per spostarsi con i mezzi dell’amministrazione, per esempio, che lui usava per riempire taniche di benzina da tenere a casa sua. E non era la prima volta. Stefanini era tornato al lavoro, al solito posto, dopo essere stato condannato in primo grado a 7 mesi per lo stesso motivo: per almeno 4 volte aveva timbrato il cartellino e poi era andato in piscina, con un mezzo della Protezione Civile, una Panda o anche un Land Cruiser. Eppure fino al maggio scorso era ancora lui il preposto per le gare d’appalto del Comune di Livorno in materia di emergenze. Era stato uno dei “sopravvissuti” dopo che il sindaco Filippo Nogarin aveva smantellato la vecchia struttura della Protezione Civile, operazione anche questa non priva di controversie. Ma proprio da Nogarin arrivò la segnalazione in Procura sui comportamenti “anomali” di Stefanini. Un racconto non circostanziato, ma “mi hanno raccontato diverse cose che non mi convincono” disse alla polizia quando si presentò in questura. Era il 9 settembre 2017. Il giorno dopo l’alluvione avrebbe messo in ginocchio Livorno.
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