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La tragedia del ponte Morandi di Genova sta portando alla luce uno
dei più grandi scandali del nostro paese, quello legato ai contratti
sulle concessioni autostradali a beneficio esclusivo di pochi gruppi
industriali privati. Ma come funziona nel resto dell’Europa? Quello italiano è un caso unico: le nostre autostrade sono le più care d’Europa. In Germania, Olanda e Belgio le autostrade sono pubbliche e parzialmente gratuite. Dal primo luglio scorso la Germania
ha deciso di inserire un pedaggio solo per i camion, che consentirà di
investire entro il 2022 circa 7 miliardi di euro nelle infrastrutture
stradali. Per inciso, il governo tedesco ha da poco risolto un
contenzioso con alcune aziende a cui aveva dato l’appalto per
l’inserimento dei pedaggi per i mezzi pesanti. Il ritardo di 16 mesi
nella realizzazione dell’opera, rispetto a quanto previsto dal
contratto, è costato alle società una multa di 3,2 miliardi di euro,
denaro che è finito nelle casse dello Stato. Esattamente l’opposto di
ciò che è accaduto in questi anni in Italia, dove Atlantia si è permessa
per anni di non realizzare gli interventi previsti e assolutamente
necessari, facendo cassa a scapito dei cittadini senza che lo Stato
muovesse un dito. E ora, davanti alla devastazione e ai morti, ha ancora
il coraggio di parlare di perdite per gli azionisti, contratti e
penali, sostenuta in questa campagna scandalosa dal Partito Democratico e
da Forza Italia.
Ci sono poi altri paesi come Austria, Svizzera e Slovenia che hanno
autostrade a pagamento, ma con prezzi decisamente più convenienti
rispetto a quelli italiani. In Austria l’abbonamento alle autostrade
costa 87,30 euro l’anno, in Svizzera 40 franchi (circa
38,12 euro), in Slovenia 110 euro. Con questi soldi in Italia si
percorrono appena 1.200 chilometri. Regno Unito, Spagna e Francia
hanno affidato la gestione delle reti a società private tramite
contratti di concessione. A differenza dell’Italia, però, nessun segreto
di Stato e soprattutto più gestori, dunque più concorrenza. Nel nostro
paese il 70% delle concessioni per la rete autostradale se lo
spartiscono da anni due gruppi: il gruppo Atlantia (Benetton) che con
Autostrade per l’Italia gestisce oltre 3.000 chilometri, e il gruppo
Gavio, che gestisce oltre 1.200 chilometri. Nei pochi paesi dove la
concessione è in mano ai privati, inoltre, sono stati stipulati
contratti fortemente vincolanti. Nello specifico, in Spagna il pagamento
del pedaggio è previsto soltanto sul 20% della rete e viene definito
dal ministero dei lavori pubblici. Nel Regno Unito il guadagno degli
operatori viene vincolato alla qualità del servizio, al livello di
sicurezza e alla capacità di gestire al meglio la circolazione.
In Francia
sono ben diciannove le società concessionarie, le quali – a fronte
della riscossione dei pedaggi – devono assicurare “la costruzione,
l’estensione, la manutenzione e il funzionamento della rete”. Ogni
cinque anni o in caso di necessità vengono stipulati accordi di piano
tra lo Stato e queste società per finanziare ulteriori investimenti
inizialmente non previsti. Perché la gestione di un bene pubblico, come
la rete autostradale, non deve e non può essere una rendita finanziaria.
Chiunque lavori al servizio dello Stato – e dunque dei cittadini
italiani – deve garantire una gestione etica di quel bene, ponendo in
cima valori quali efficienza, trasparenza, legalità e sicurezza. Se i
Benetton hanno potuto lucrare su un bene pubblico indisturbati, però, è
perché un’intera classe politica ha offerto loro per anni una sponda politica. I precedenti governi – da Prodi a D’Alema, passando per Berlusconi
e Renzi – hanno prima regalato ai Benetton e poi prorogato per periodi
sempre più lunghi gran parte della rete autostradale nazionale, senza
pretendere investimenti in manutenzione e una compartecipazione degli
utili.
Tra il 2008 e il 2016, secondo dati del ministero dei trasporti,
mancano all’appello 1,5 miliardi di investimenti preventivati sulla rete
autostradale, a fronte di un incremento dei pedaggi del 25% (lievitati
addirittura del 65,9% dal 1999 al 2013). Insomma, meno investi più
guadagni, a scapito della sicurezza. Ma non solo. Oltre a favorire
guadagni miliardari, il contratto prevede che, in caso di decadimento
della concessione per gravi inadempienze da parte del concessionario,
quest’ultimo venga indennizzato di tutti i profitti che avrebbe
conseguito per gli anni residui di concessione. In sostanza, un
risarcimento per i danni provocati dallo stesso imprenditore negligente.
La classica privatizzazione della vecchia politica
collusa con le lobbies: del resto, se si può fare un favore a un amico,
quest’ultimo poi ricambierà. E in questi casi abbiamo imparato che per
certi personaggi le regole non contano, conta solo fare profitti con i
soldi dei cittadini italiani (e anche sulla loro pelle). È questa la
logica che ha spolpato questo paese negli ultimi trent’anni.
(“Italia, le autostrade più care d’Europa. Eccome come funziona degli altri paesi Ue”, dal “Blog delle Stelle” del 24 agosto 2018).
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mercoledì 29 agosto 2018
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