Pochi dubbi davvero sono ammissibili sulla portata storica della visita del presidente statunitense Obama a L’Avana in questi giorni. I commentatori appaiono tuttavia divisi, al riguardo, grosso modo in due scuole di pensiero.
Fabio Marcelli Giurista internazionale
Questo quanto alle cause del riavvicinamento. Sui suoi effetti la diagnosi deve essere necessariamente più cauta e sfumata. Ma non ci sono a ben vedere indizi che, contrariamente agli auspici o ai timori di cui sopra, il popolo cubano sia disposto a svendere le proprie conquiste politiche e sociali in cambio di un piatto di lenticchie, anzi di hamburger non sempre o quasi mai di ottima qualità. Cinquanta e più anni di rivoluzione non sono certo passati invano. Cuba, data l’esistenza di una legislazione in materia particolarmente avanzata, si candida anzi a luogo di sperimentazione del controllo sugli investimenti privati in funzione di interessi e diritti inderogabili in materia sociale ed ambientale. Un modello da guardare con attenzione da parte di molti Paesi, non necessariamente solo “in via di sviluppo”.
In ultima analisi quindi la riapertura del dialogo con gli Stati Uniti è il risultato di una politica di resistenza inflessibile e senza compromessi condotta per oltre cinquant’anni dalla leadership cubana, che si conferma fonte di ispirazione ed esempio per quelle dei Paesi latino-americani, oggi alle prese con una crisi determinata in buona parte da insufficiente rigore sul piano dell’attuazione di un modello effettivamente rivoluzionario, della lotta per i diritti sociali e di quella alla criminalità e alla corruzione. Nulla del resto può far presagire l’abbandono da parte di Cuba del suo ruolo dirigente in seno al continente latinoamericano che ha raggiunto importanti risultati negli ultimi anni con il varo della Celac (Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici) e la riammissione della stessa Cuba all’interno dell’Organizzazione degli Stati americani, da cui era stata espulsa tanti anni fa per volontà degli Stati Uniti.
Limitandoci ai diretti protagonisti di questo straordinario riavvicinamento, esso sembra foriero di risultati positivi, sia per il popolo statunitense, al cui interno, specie fra i giovani, si rafforzano le tendenze di tipo apertamente socialista, come dimostrato dai successi elettorali di Bernie Sanders, sia per quello cubano, per le nuove possibilità di apertura e di scambio che scaturiscono dal dialogo. Quest’ultimo, lungi dal beneficiare gruppetti marginali come le Damas en blanco o i seguaci di Yoani Sanchez, si rivelerà positivo per il popolo cubano nel suo complesso.
Il bloqueo va eliminato totalmente e ci auguriamo che Obama abbia la forza e il tempo di farlo. In conclusione, per dirla con l’illustre cubanologo italiano Aldo Garzia “godiamoci un evento che sembrava impossibile, sapendo che nel gioco degli scacchi è previsto anche il pareggio, non solo lo scacco matto per l’uno o per l’altro. Di sicuro è iniziata una nuova sfida tra le due sponde del Golfo della Florida. A L’Avana la festa continuerà il 25 marzo con il concerto dei Rolling Stones. Chissà se renderanno omaggio alla statua di John Lennon seduto su una panchina che campeggia in uno dei giardini del quartiere Vedado. A Cuba il muro della diffidenza verso il rock è caduto già da parecchi anni”.
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