domenica 20 marzo 2016

Il libro dopo il libro

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«L’atto di leggere rimane tuttora un mistero, anche se
lo compiamo ogni giorno. Ma se davvero sapessimo
comprenderlo,[…] potremmo cominciare a penetrare nel
mistero più profondo di come ci orientiamo nel mondo
dei simboli intessuto attorno a noi dalla cultura».
Robert Darnton (1988)

«La scrittura sviluppa la coscienza».
Walter J. Ong (1986)

In una fase dell’evoluzione umana in cui le tecnologie comunicative, in particolarewireless, diventano “interattive e indossabili” (Castells 2008), con uno specifico impatto sulle coorti generazionali adolescenziali (Holmes e Russell 1999), la metafora del cyborgsi rivela estremamente pregnante per la concettualizzazione del rapporto naturale-artificiale (tema recepito anche a livello di cultura pop. Si segnala – al riguardo – una straordinaria serie di bandes dessinées creata da Alejandro Jodorowsky: la saga dei Meta-Baroni, casta di guerrieri invincibili, che si succedono trasmettendosi il rango attraverso il rituale della mutilazione/innesto di protesi meccaniche). Assunto che se le tecnologie sono ovviamente artificiali, l’artificialità è condizione naturale per gli esseri umani. 

Conseguenze primarie di tale relazione costitutiva sono quelle che si ripropongono dall’invenzione della scrittura; che comporta decisive trasformazioni proprio nella misura in cui innalza la consapevolezza dello scrivente fino a raggiungerne il livello psichico: se attraverso l’oralità si realizza la separazione del soggetto dal predicato e – insieme – viene consolidato il rapporto che unisce gli esseri umani nella società, la scrittura «intensifica il senso dell’io e alimenta un’interazione più consapevole fra gli individui» (Ong 1986). 

Il format-medium – nelle sue evoluzioni successive chirografarie e tipografiche – come accompagnamento all’interiorizzazione con effetti di profondo influenzamento, che si ripropongono in misura maggiore dall’invenzione della stampa a caratteri mobili e – attualmente – vanno in fibrillazione in ciò che Paolo Costa chiama “l’ecosistema creato dalla fruizione del libro in formato elettronico”. 


Difatti, nella loro ormai classica “Storia della lettura”, Guglielmo Cavallo e Roger Chartier teorizzano tre rivoluzioni riguardo a tale attività riflessiva, in cui le pratiche indotte dal supporto materiale determinano trasformazioni della percezione/sistematizzazione dei contenuti: la rivoluzione alla metà del secolo XV nei modi di riproduzione dei testi e di produzione del libro, l’industrializzazione della fabbricazione dei libri nella seconda metà del XVIII secolo, l’attuale trasmissione multimediale dei testi e la maniera di leggere derivata. 

Da qui parte il breve saggio di Costa (Il futuro della lettura, EGEA, Milano 2016), docente di Comunicazione digitale e multimediale all’Università di Pavia, che ci offre uno squarcio sulle tendenze emergenti nell’impatto dell’innovazione tecnologica ITC su ben note funzioni costitutive della mentalità, largamente influenzatici dei nostri sistemi di credenze. 

Il quadro che ne emerge è a luci e ombre, al cui riguardo la nostra guida si sforza di mantenere in uso un costante atteggiamento critico. Anche se – come dice Darnton – in materia di cyberspazio c’è sempre il rischio di reiterare la concezione che sant’Agostino aveva della mente di dio: onnisciente e infinita. Questo per dire che forse si esagera un po’ quando ci si chiede – a proposito di Photoshop – se non si tratti «della grammatica di un nuovo linguaggio poetico o addirittura di una metafisica del mondo» (pag. 42). 

Fatto sta che, a fronte di qualche inevitabile perdita, la sostituzione in atto del libro tradizionale comporterebbe alcuni non trascurabili vantaggi: l’appropriazione del testo da parte del lettore sotto forma di ricontestualizzazione e riscrittura, la spinta a una condivisione dell’esperienza resa possibile grazie a piattaforme online, come Fcebook e Twitter. Una sorta di democratizzazione del testo e di riproposizione in ambito virtuale inclusivo della sfera pubblica; lettura del processo in corso dove si potrebbero scorgere lasciti di suggestioni primi anni Novanta, che i giovani tekkies di allora ricavavano dalla lettura di Pierre Lévy e le sue visioni utopiche di “intelligenza collettiva” (nell’era del “Noolitico”: il silicio dei chip come pietra pensante). Obiettivi ritenuti alla portata odierna grazie alla funzione democratica della disintermediazione svolta da Internet. 

Di certo trova riscontro nel saggio l’esperienza pionieristica in materia di twitteratura (rilettura e riscrittura in 140 caratteri di testi letterari) di cui Costa è uno dei principali animatori italiani. 

Questo insieme di tendenze è il sintomo di un salto in avanti di una fase storica effervescente o – piuttosto – il segno dell’ormai inarrestabile esaurimento di un ciclo, in corso nel sistema-Mondo? Come taluno paventa, prendendo spunto dalla sfrenata mercificazione della cultura, che trova uno dei suoi ambiti proprio nel cambio di supporto del testo conseguente all’abbandono della carta. Tanto che Darnton, nella sua veste di bibliotecario di Harvard, ne ha recentemente denunciato i pericoli: «mente la Rete veniva costruita, link dopo link, gli interessi commerciali non sono rimasti in panchina a guardare. Vogliono controllare il gioco, dominarlo, diventare i padroni del campo. La lotta per la sopravvivenza sta portando alla formazione di un oligopolio: e chiunque sarà il vincitore, il vero sconfitto potrebbe essere il bene comune» (2011, pag. 34). 

Il dibattito al riguardo resta aperto. 

Del resto – in materia di simmetrie – la stessa mania dei tweet sembrerebbe la riedizione in versione hi-tech degli antichi sintomi di una stanchezza della civiltà, con quel suo culto della citazione e della brevità cha richiama l’estetica ellenistica alessandrina di un Callimaco (“un gran libro è un gran male”, dicelui). 

Ma soprattutto è sul fronte della potenzialità critica, indispensabile per orientarsi nella ridondanza dei buzz attivati, che il passaggio in atto nell’ambito medium-format suscita maggiori dubbi. Come lo stesso Costa riconosce, osservando che il più diffuso social forum – Facebook – «non ci chiede di leggere, capire, connettere e aggiungere, ma solamente apprezzare (“like”) e condividere» (pag. 19). 

Tema che – anche in questo caso – riporta in ballo la questione del rapporto medium-concettualizzazione; e quanto oggi va emergendo non induce all’ottimismo. Ossia il graduale passaggio nelle nuove coorti generazionali da un’intelligenza “sequenziale” – favorita dalla lettura tradizionale, che privilegia le sistematizzazioni astratte e la riflessività – a una “simultanea”, indotta dall’apprendimento a mezzo schermata (di computer o dispositivo cellulare); secondo il linguista Raffaele Simone, «caratterizzata dalla capacità di trattare nello stesso tempo più informazioni, senza però che sia possibile stabilire tra di esse un ordine, una successione, e quindi una gerarchia» (2000). 

Anche se ci salverà comunque il principio critico – enunciato da Albert Otto Hirshman – che suona a smentita del ceci tuera cela (questo ucciderà quello); il titolo del famoso romanzo di Victor Hugo Notre-Dame de Paris, in cui si sosteneva che l’invenzione dei caratteri mobili avrebbe soppiantato cela, cioè le cattedrali e le architetture monumentali in genere, nel ruolo di principale veicolo della cultura occidentale. Da qui il commento beffardo: «le profezie si rivelano assolutamente esatte… salvo quando non lo sono» (Hirschman 1991, pag. 122). 

Lo stesso vale per Marshall McLuhan quando a sua volta profetizzava la condanna all’obsolescenza della stampa e dell’industria editoriale innanzi all’affermarsi della televisione. Semmai ora è proprio il medium televisivo a rivelare uno stato di salute tendente al comatoso, almeno nella sua versione generalista. 

Appunto, se la storia del libro ci insegna qualcosa, è che i nuovi media non rimpiazzano quelli precedenti; perlomeno non sul breve periodo. E a tale proposito – come ci conferma Paolo Costa – il libro cartaceo serba molte ancora molte frecce al proprio arco: «la sua fisicità aiuta a instaurare un rapporto intimo con il suo contenuto: un libro si tocca, si annusa, si sente, si possiede» (pag. 56). 

Testi utilizzati 

M. Castells (a cura di), Mobile communication e trasformazione sociale, Guerini, Milano 2008 
G. Cavallo e R. Chartier, Storia della lettura, Laterza, Roma/Bari 2009 
R. Darnton, Il grande massacro dei gatti, AdelphiMilano 1988 
R. Darnton, Il futuro del libro, AdelphiMilano 2011 
A. O. Hirschman, Retoriche dell’intransigenza, il Mulino, Bologn 1991 
D. Holmes, G. Russell,“Adolescent ITC use“, British Journal of Sociology of Education, 1999/20 
P. Lévy, L’intelligenza collettiva, Feltrnelli, Milano 1996 
W. J. Ong, Oralità e scrittura, il Mulino, Bologna 1986 
R. Simone, La terza fase, Laterza, Roma/Bari 2000

(18 marzo 2016)

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