Slitta a data da destinarsi la presentazione degli elenchi del personale da trasferire alle altre amministrazioni: operazione che il cronoprogramma voluto dal governo aveva fissato al 31 marzo.
La riforma delle Province entra ufficialmente nel caos. Slitta infatti a data da destinarsi la presentazione degli elenchi del personale da trasferire alle altre amministrazioni: operazione che il cronoprogramma voluto dal governo aveva fissato al 31 marzo. Nessuno degli enti, come ha anticipato il «Messaggero» , è in grado di rispettare l'obbligo previsto dalla legge. Un ritardo che non è soltanto responsabilità delle Province. Le Regioni hanno a loro volta ignorato le scadenze imposte per la riorganizzazione delle funzioni provinciali attraverso l'approvazione di leggi mirate. E senza riorganizzazione delle funzioni, non è possibile definire l'organico e di conseguenza gli eventuali esuberi e i trasferimenti.Tra i ventimila posti su circa 54 mila che il governo vuole tagliare, gli elenchi dovrebbero definire il destino di tutti i dipendenti che non hanno i requisiti per andare in pensione entro il 31 dicembre 2016 e che non lavorano nei centri per l'impiego, uffici che dovrebbero invece confluire nella futura Agenzia nazionale per l'occupazione.
Soltanto la Toscana ha finora rispettato i tempi. Ma nulla è stato anticipato dalle altre Regioni, a pochi giorni dalla scadenza del 31 marzo. Molto più probabile che i provvedimenti previsti dalla riforma del sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Graziano Delrio, siano rinviati a settembre. Soprattutto nelle regioni come Veneto, Liguria, Marche, Umbria, Campania e Puglia dove a maggio si vota per il rinnovo dei consigli.
A differenza della riorganizzazione del personale, i tagli alla spesa provinciale imposti dal governo sono al contrario effettivi. Con pesanti conseguenze sui servizi ai cittadini che le Province hanno finora garantito. Uno dopo l'altro gli enti si ritrovano sull'orlo del dissesto. Mentre i conseguenti ritardi nei pagamenti dei fornitori stanno mettendo in difficoltà numerose imprese private. Le situazioni più gravi a Biella. E a Vibo Valentia, dove le conseguenze del dissesto hanno travolto anche i dipendenti provinciali: non ricevono gli stipendi da cinque mesi, ma nessun rappresentante del governo né della Regione sembra interessato alla loro protesta.
Pesanti effetti anche in Sicilia dove la riforma delle Province e il loro commissariamento ha provocato l'immediato taglio dei servizi ai disabili: «L'assistenza scolastica per i casi molto gravi è passata da un rapporto di un operatore ogni studente a un operatore ogni 4 ragazzi disabili», racconta Angela Rendo, referente in Sicilia del Coordinamento nazionale famiglie disabili gravi: «Questo non solo ha causato licenziamenti di massa per chi lavorava in questo settore, ma anche servizi peggiori. Gli operatori, ad esempio, non possono contemporaneamente dare da mangiare a tutti i ragazzi gravi. E in classe i nostri figli non sono più assistiti adeguatamente. Per non parlare dei servizi di trasporto scolastico, mentre i palazzoni provinciali con i loro costi di gestione sono ancora tutti lì».
Il risultato, come aveva denunciato l'inchiesta de l'Espresso «Gattopardi di Provincia» , è paradossale: di fronte alla mancata riorganizzazione delle funzioni e dell'organico, e al taglio netto delle risorse statali (più del 50 per cento in tre anni), le Province riformate da Graziano Delrio sono costrette a sopprimere servizi ai cittadini, mentre il costo per gli stipendi a dirigenti e dipendenti resta invariato. Insomma, è il caos.
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