lunedì 30 marzo 2015

La distruzione degli ulivi è (oltretutto) un crimine contro la scienza.

La Puglia scende in piazza contro la vergognosa decisione della Regione di sradicare migliaia di piante ritenute infette dal batterio della xylella. Un piano di intervento che non ha alcuna base scientifica. Nuove prove dimostrano che non è la xylella il “killer degli ulivi”.




Questo articolo aggiorna con nuove evidenze scientifiche elementi che la giornalista aveva già messo in luce in una inchiesta di un anno fa, inchiesta utilizzata poi dall'Eurispes per il rapporto sulle agromafie e acquisito dalla commissione UE grazie all'intervento di Antonia Battaglia di Peacelink.

di Marilù Mastrogiovanni

Non si sa se sia la xylella a seccare gli ulivi di Puglia. La conferma arriva da Marina Barba, direttora del Cra (Consiglio per la ricerca in agricoltura), ente di diritto pubblico del Ministero delle politiche agricole che raccorda tutti gli istituti di ricerca sull’agricoltura. “Che la xylella produca dei disseccamenti è noto, ma non sugli ulivi”, ha dichiarato la direttora del Cra.

L’unico esperimento scientifico pubblicato, è stato portato a termine nel 2010 in California ed ha avuto esito negativo: la xyella non è risultata patogena sugli ulivi.
Anche in mancanza di tale prova del nove, il piano di sradicamento degli ulivi del commissario straordinario per l’emergenza xylella va avanti. Così sono arrivati da tutta la Puglia in un abbraccio ideale attorno agli ulivi che rischiano di essere sradicati perché ritenuti infetti dal batterio da quarantena.

Il cuore di Lecce ieri era inondato di rametti d’ulivo, sventolati da cinquemila persone che avevano addosso, sulle magliette, i cappelli, sui passeggini dei bambini, gli adesivi con l’hashtag con cui si sono auto convocati sul web: #difendiamogliulivi. Sessanta associazioni hanno risposto all’iniziativa partita dall’associazione Spazi Popolari, CSV Salento, Forum Ambiente e Salute, Lilt Lecce, Peacelink e associazione Casa delle Agricolture Tullia e Gino. “Sradicare gli ulivi non è la soluzione per contrastare la xyllella”: dal palco agricoltori, imprenditori, cittadini hanno chiesto chiarezza sulla gestione dell’emergenza perché attorno alla foresta di ulivi della Puglia l’intera economia regionale ha costruito un immaginario che ha grande appeal turistico e culturale.

Sono due gli equivoci più grandi da chiarire perché si cominci a diradare il polverone che s’è sollevato all’emergenza xylella fastidiosa:

1. la xylella non è il “killer degli ulivi”, come decine di volte hanno titolato i giornali, perché che uccida gli ulivi non è provato. Vedremo più avanti perché.

2. Non è l’Europa che impone alla Puglia di tagliare gli alberi d’ulivo per contrastare il diffondersi del batterio, ma è stata la Regione Puglia, con propria delibera di giunta, nel 2013, a stabilire che questa fosse la soluzione, comunicandola poi alla Ue, che ha emanato le norme successive, che rendono tale decisione vincolante per l’Italia: si chiama decisione di esecuzione e significa che se l’Italia non rispetterà quello che l’Europa ha ratificato –in base a quanto hanno comunicato la Regione Puglia e il Ministero - sarà l’Italia a pagare la sanzione.

Ma che cosa hanno comunicato all’Europa la Regione Puglia e il Ministero dell’agricoltura dal 2013 ad oggi?

Sono almeno due i rapporti sulla xylella, analizzati venerdì a Bruxelles dal Comitato permanente per la salute della Ue, che esprimono perplessità sugli interventi della Regione Puglia contro l’epidemia degli ulivi. E il loro contenuto ha indotto alla prudenza la Commissione Ue, che ha “frenato” sull’abbattimento delle piante infette o ritenute a rischio.

Il primo rapporto è di gennaio ed è redatto dall’Efsa (European food safety authority). Stigmatizza gravi lacune:
non è stato dimostrato finora che la xylella faccia seccare gli ulivi ed è necessaria perciò la prova di patogenicità (postulato di Koch); il ricorso massiccio ai fitofarmaci, programmato dalla Regione, potrebbe provocare danni ambientali e alla salute;
non è mai stato provato che abbattere gli alberi sia una soluzione efficace. Il rapporto inoltre scrive che quanto fatto è “inadeguato”.

Leggendo le relazioni degli ispettori della Ue, si apprende infatti che quanto pianificato dal Commissario straordinario, dal Ministero e dalla Regione è contestabile fin dalle fondamenta. Gli ispettori infatti, riferendosi al Centro Basile Caramia di Locorotondo, che insieme ad altri tre svolge le indagini sulla xylella, scrivono che “la codifica dei campioni e la gestione dei risultati del test non sono semplici né immediate: il codice viene ricopiato a mano diverse volte nel laboratorio, le letture fotometriche sono valutate senza l'ausilio di un sistema codificato di colori per evidenziare i risultati, non esiste un sistema di verifica dell'operato dei tecnici. Tenuto conto dell'alto numero di campioni, le procedure applicate sono suscettibili di generare errori”.

L’operato dei tecnici dunque non viene verificato, la lettura dei risultati dei test è affidata alla loro interpretazione, a partire dalle sfumature di colore dei risultati.
Come a dire che il metodo di analisi è “casereccio” e i tecnici fanno quel che fanno senza che si verifichi il loro operato.
Inoltre, scrive la Ue, deve essere approfondito anche il ruolo degli insetti che trasmetterebbero il batterio (una piccola cicala), perché non solo non è ben chiaro il loro ruolo ma potrebbero esservi altri insetti a trasmettere il batterio o, forse, il batterio potrebbe trasmettersi in altro modo.
E ancora: non si conosce con certezza l’elenco delle piante su cui c’è la xylella.

Il secondo rapporto sul tavolo del Comitato permanente per la salute della Ue è quello di Eurispes sulle agromafie, coordinato da Giancarlo Caselli, che pone il dubbio, condiviso dalla Procura di Lecce che ha aperto un’indagine, che la xylella sia stata introdotta dolosamente nel 2010 in occasione di un convegno organizzato dall’Istituto agronomico di Bari, per scatenare una “guerra chimica”.

Nel 2010 infatti Rodrigo Almeida, dell’Università di Berkley, partecipò come esperto di xylella al convegno di Bari, con un intervento dal titolo “Xylella, pericolo alle porte d’Europa”. Un titolo che lascia trasparire chiare doti di preveggenza da parte di Almeida, perché in nessuna parte del Vecchio continente, fino a quel momento, ufficialmente, era stato mai rilevato il batterio. Mentre Almeida a Bari nel 2010 parlava di “pericolo xylella alle porte d’Europa”, un altro scienziato, Rodrigo Krugner, dell’Università della California (Ucla), pubblicava i risultati del test di patogenicità della xylella sugli ulivi (l’unico test noto in letteratura) con un risultato negativo: la xylella non è risultata patogena.

Ritroviamo Almeida (non Krugner) seduto affianco all’assessore della regione Puglia Fabrizio Nardoni nel novembre 2013, nel corso di una conferenza stampa, a dichiarare che gli ulivi sono da considerarsi tutti infetti e che si interverrà con gli aerei per irrorare l’intero Salento di fitofarmaci per ucciderli tutti (api incluse). Si parla ancora di emergenza, mentre l’emergenza sarà dichiarata due anni dopo, con tutte le misure in deroga alla legge che l’emergenza comporta.
Ma in quel novembre del 2013 ancora nessun risultato dei test sugli ulivi pugliesi era stato reso noto, a supporto di tali affermazioni.
Sapremo solo sei mesi dopo che, fino al dicembre 2013 gli alberi d’ulivo positivi alla xylella erano 21.
E sul quel risultato, 21 alberi, Nardoni lanciò l’allarme.

Dopo un anno dall’allarme, nel novembre 2014, gli ispettori Ue in visita in provincia di Lecce hanno verbalizzato ancora una volta dati non allarmanti: su 13.250 alberi, solo 242 sono risultati positivi. È l’1,8% del campione, mentre nella precedente ispezione della Ue la Regione aveva comunicato che il 100% degli ulivi era infetto (mentre, sapremo dopo che gli alberi infetti erano 21) e in entrambe le visite gli ispettori avevano anche espresso perplessità sulle modalità di esecuzione delle analisi.

Finora la Regione non ha chiarito i criteri con cui ha effettuato il campionamento e ha rimodulato per tre volte la definizione delle aree su cui intervenire inasprendo le misure: la zona di eradicazione è passata da una fascia ampia due chilometri a una di 15 ed estesa dall’Adriatico allo Ionio, “spezzando” in due il Salento.

Vytenis Andriukaitis Commissario Ue alla salute in una nota ha ammorbidito la sua posizione, passando dalla “necessaria eradicazione di tutti gli ulivi” alla “massima vigilanza per preservare l'economia agricola" del Salento, “incoraggiando un atteggiamento più precauzionale per fermare l'ulteriore diffusione di questo batterio".

“Sarà una lotta mirata e non aggressiva per l'ambiente - ha detto il commissario straordinario regionale, Giuseppe Silletti -: niente diserbanti, ma arature dei terreni e eradicazione solo delle piante infette''.
Ma quanto siano aggressive le misure lo si apprende proprio dal Piano Silletti, che su 13 milioni e 600mila euro disponibili ne destina 4,9 per il controllo dei vettori situati sulle erbe spontanee infestanti (ricorrendo anche all’uso di insetticidi) e 4 milioni e 350mila per il trattamento fitosanitario per il controllo dei vettori adulti in oliveti e frutteti (ricorrendo anche a interventi fitosanitari con formulati insetticidi).

Gli interventi saranno a carico dei proprietari e in caso d’inadempienze in forma sostitutiva saranno attuati dall’Arif (Agenzia regionale risorse irrigue e forestali). “A rischio è l’intero settore olivicolo, ha detto Pantaleo Piccinno, presidente Coldiretti Lecce. Dobbiamo avere fiducia nella ricerca ma non consentire che le multinazionali dei fitofarmaci speculino sulla pelle dei nostri agricoltori”.

Per approfondire

Xylella Report, libro-inchiesta e documentario in difesa degli ulivi del Salento

L’Inchiesta fonte del rapporto Eurispes di Giancarlo Caselli sulle agromafie

(30 marzo 2015)

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