giovedì 26 marzo 2015

[Le lavoratrici salveranno Roma] Vince il NO al referendum sul contratto decentrato!

vinceilnoLa notizia è clamorosa: i dipendenti comunali di Roma hanno respinto con un referendum l'accordo al ribasso firmato dal Comune e dai confederali sul nuovo contratto decentrato. Mesi di lotte che si sarebbero dovute risolvere in un misero compromesso che non intaccava l'irricevibile impianto proposto da amministrazione comunale e Governo: far pagare ancora una volta la crisi economica a lavoratrici e lavoratori. Motore di questo rifiuto, le maestre degli asili nido comunali con cui proprio ieri sera, con le compagne della Coordinamenta Femminista e Lesbica, abbiamo fatto un'intervista su Radio Onda Rossa.

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Perché le donne lottano tutto l'anno, come scrivevamo in occasione dell'otto marzo. E non lottano solo per sé e per i loro posti di lavoro. Non lottano nemmeno solo per l'ingiustizia di un contratto imposto senza la firma di nessun sindacato (quello unilaterale), né per limitare i danni con un compromesso al ribasso (la pre-intesa sindacale), né per ritornare semplicemente alla situazione precedente e dire che tutto andava bene così com'era.

La vittoria del "no" al referendum significa che non è mai andato bene in nessun modo, che le maestre degli asili nido di Roma Capitale lottano perché sono anni che si vedono gradualmente togliere ogni conquista fatta perché una struttura come quella dell'asilo nido garantisca non un'educazione sufficiente, ma un'educazione buona e migliore, un'educazione come loro stesse, in quanto lavoratrici ma anche madri e figlie, l'hanno pensata negli anni fin dai minimi dettagli.
E lottano anche contro la scuola di Gelmini e di Renzi, la scuola che diventa parcheggio e l'educazione che diventa un mondo in cui formare piccoli soldatini tutti uguali, sin dalla più tenera età fino all'università, pronti ad obbedire al padrone di turno.

Non lottano per tenere aperti gli asili costi quel costi, lottano per tenere aperti gli asili come lo avevano pensato e voluto negli anni.

E quel no vuol dire che no, le madri non dovranno lasciare i loro posti di lavoro per stare a casa coi figli, perché siamo stanche e stufe di dover "conciliare", essere multitasking, ammortizzare un'economia ed un sistema che non funzionano più. Quel "no" vuol dire questo: noi non siamo lo stato sociale che non volete finanziare.
Se decidiamo di fare figli, vogliamo avere degli asili nido decenti in cui i bambini possano stare, se stiamo male vogliamo degli ospedali funzionanti in cui poterci curare e la malattia pagata. Vogliamo esser libere di rimanere incinte senza rischiare di perdere il posto di lavoro, e per questo vogliamo dei contratti tutelati e stabili. Vogliamo lavorare tutte per lavorare meno così che ciascun bambino possa avere sempre l'attenzione che merita e che noi possiamo avere più tempo da dedicare a noi stesse o ai nostri cari. Siamo la manodopera di riserva, pare, ma questo Paese senza di noi e il nostro lavoro domestico quotidiano non retribuito non andrebbe da nessuna parte.
Il "no" delle maestre d'asilo e la loro lotta che dura da più di un anno fa luce su tutto questo mondo solitario, sommerso e silenzioso di donne che tirano avanti intere famiglie senza il minimo riconoscimento sociale, per le quali c'è solo qualche discorso politico d'occasione di cui siamo sinceramente stufe.

Il loro no è il dissenso di chi dice che noi donne non ci accontentiamo più delle briciole, delle mezze misure, degli avanzi.
Il loro no è l'affermazione della lotta, di chi dice che noi donne non accettiamo di lavorare a qualsiasi condizione, perché è ingiusto per noi come lavoratrici ma soprattutto come essere umani, è ingiusto per i bambini che loro curano e per i loro genitori - soprattutto per le madri.
Ma in particolare è ingiusto nei confronti di quelle maestre che lottano, e che sono anche madri. E quindi quel no è anche un sì: sì, è giusto lottare ed esser madre, è giusto non cedere ai ricatti e lasciare le cose così come sono. Le maestre non stanno lottando solo per loro, ma anche per i loro figli, e per i figli dei loro figli.

La vittoria del "no" al referendum accade proprio in un momento storico in cui si dice che nessuno lotta più. Ma non è così (e questo referendum ce lo dimostra), anche nei momenti più bui, infatti, i lavoratori e le lavoratrici lottano per continuare a difendere la loro dignità di esseri umani e di persone che lavorano per vivere. Eppure, una vittoria del genere era oltre ogni aspettativa visto che in situazioni simili - come avvenuto il mese scorso a Firenze -, di solito, a vincere, è la parte più reazionaria.

E allora quel no è la dimostrazione che davvero nessuno di noi ha più niente da perdere. Le maestre d'asilo, che grazie al lavoro che fanno hanno la possibilità di vedere molto più lontano di noi, hanno potuto constatare che il Governo e la Giunta non hanno pietà nemmeno di bambini di quattro mesi. E allora, se davvero siamo arrivati a questo punto, se davvero da perdere non c'è che un salario da fame o addirittura un lavoro gratis, allora davvero possiamo tornare a dire che non abbiamo proprio più niente da perdere.

Ma bisogna fare solo un altro passo (da gigante, forse) per dare una svolta.
Dobbiamo unire tutte le lotte contro la Giunta di Roma che privatizza e contro il Governo del Jobs Act e della precarietà, delle pensioni a 67 anni e del lavoro gratis.

I dipendenti comunali capitolini e le maestre d'asilo ci indicano la via: uniti e inflessibili fino alla vittoria!

25 marzo 2015
Clash City Worker

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