lunedì 23 marzo 2015

Jobs Act, la beffa dei 750 co.co.pro di Italia lavoro, i precari della controllata del Tesoro


Jobs Act, la beffa dei 750 co.co.pro di Italia lavoro, i precari della controllata del Tesoro

La società è un ente ibrido: è privato, ma è partecipato al 100% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze. Una stortura che riserva ai dipendenti il peggio sia del trattamento pubblico che di quello privato.


ROMA - Si occupano delle politiche attive per l'occupazione in Italia, ma per loro si mette male: sono i lavoratori della società Italia Lavoro, nata nel 1997 per sviluppare occupazione su tutto il territorio nazionale, e in particolare nelle aree depresse. Italia Lavoro è un ente ibrido: è privato, e chi ci lavora ha un contratto di natura privata, ma è partecipato al 100% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e opera come ente strumentale del ministero del Lavoro.
Una struttura particolare che in questi venti anni ha prodotto un bacino di precarietà: lavoratori iperspecializzati, ormai tutti in media sui quarant'anni che vanno avanti – chi da due anni, chi da sedici – con contratti atipici. Per la precisione su 1.300 lavoratori solo 400 hanno un contratto a tempo indeterminato, 180 hanno contratti a tempo determinato e ben 749 sono co.co.pro. Tutti in scadenza il 31 marzo.
Tutele crescenti sì, ma non “in casa”. La prima tegola per i lavoratori dell'ente è che il Jobs Act cancella i co.co.pro. Il Nidil della Cgil, che si occupa di tutelare i diritti degli atipici, è preoccupato: “La bozza di decreto del Jobs Act, che non è ancora definitiva, prevede l'eliminazione del co.co.pro. ma lascia in piedi il co.co.co - dice Maria Cristina Cimaglia, anche lei lavoratrice atipica di Italia Lavoro – per adesso quel che si prospetta è di rinnovare i contratti come co.co.co., che hanno minori garanzie dei contratti a progetto, prevedendo nell'accordo sindacale le stesse garanzie di cui i lavoratori hanno usufruito finora, come la previsione che in caso di maternità e malattia non si possa rescindere il contratto”. Ovviamente, si tratta di una rassicurazione molto parziale, tanto che i sindacati hanno proposto di mettere in campo il nuovo contratto a tutele crescenti previste dal Jobs Act. Ma dal ministero del Lavoro hanno risposto picche: “Dal 2010 siamo sottoposti al blocco delle assunzioni – spiega Davide Scialotti della Cgil Fisac – per questi lavoratori si applica il peggio del privato e il peggio del pubblico”. Insomma, è l'accusa dei sindacati: il governo punta sul Jobs Act, ma quando si gioca “in casa” meglio il co.co.co.


 
La paura dell'estinzione: Ma la preoccupazione che corre per la stanze di Italia Lavoro è anche peggiore, tanto che la mobilitazione riguarda tutti, sia i lavoratori atipici che i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato. E' ancora il Jobs Act a suonare le campane a morto: si prevede la nascita di una Agenzia nazionale del Lavoro, ma da nessuna parte si dice che si tratterà di Italia Lavoro sotto altre vesti. “In questi anni abbiamo messo in piedi un patrimonio inestimabile di competenze sulle politiche attive del lavoro – sottolinea Luigi Gilberto, della Fiba Cisl – siamo l'unico ente istituzionale che lo fa”. Il primo segnale negativo, secondo i lavoratori, è che il rifinanziamento dei progetti è stato concesso solo per due anni, mentre finora i piani di progettazione erano sempre su sei anni. “Italia Lavoro ha tutte le competenze, ci auguriamo che nessuno stia pensando di smantellarla”, chiosa Scialotti. Intanto per i lavoratori atipici si preannuncia una nuova stagione di “vacancy”. Cosa significa? Quando scade un contratto, ma il progetto viene ri-finanziato, bisogna passare per una nuova selezione: presentare domanda, fare un esame scritto e poi un colloquio. Il tutto viene valutato da una Commissione interna, ed è chiaro che chi già ci lavora ha una corsia preferenziale. Ma non sulla carta, tanto che i sindacati chiedono che venga riconosciuto un punteggio a chi vanta una anzianità di servizio. Per i lavoratori, è un vero stress: c'è chi si è sottoposto a colloqui tre o quattro volte nell'arco della sua vita lavorativa a Italia Lavoro.

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