sbilanciamoci-anna donati
Sul sistema delle grandi opere, mostra l'inchiesta in corso, è necessario un deciso cambio di passo. A partire dagli effetti distorsivi della Legge Obiettivo, sulla sterminata lista di opere che si vorrebbe realizzare di nessuna utilità collettiva, fino alle deroghe e proroghe che diventano la regola nel sistema degli affidamenti
La nuova inchiesta della Procura di Firenze sulla corruzione nelle grandi opere pubbliche, con 51 indagati, che ha portato all’arresto tra gli altri di Ercole Incalza ed alle dimissioni del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, rende purtroppo evidente il cronico ed endemico legame tra realizzare infrastrutture, distorsione delle regole e malaffare. Numerose sono le grandi opere nel mirino delle inchieste: tratte ad Alta velocità come il terzo valico Milano-Genova, il sottoattraversamento AV di Firenze, l’AV Brescia-Verona, o le grandi autostrade come la Orte-Mestre, la Pedemontana Veneta e quella Lombarda, la Cispadana. Ma anche linee metropolitane come la linea C di Roma, e la M4 ed M5 a Milano. Incredibilmente dieci di queste grandi opere avevano lo stesso direttore dei lavori, ora arrestato nell’ambito dell’inchiesta.
Sarà la magistratura a stabilire le responsabilità personali di tutti i soggetti indagati nel Sistema degli appalti pubblici, mentre sul piano politico ed istituzionale abbiamo l’obbligo di un cambio deciso di passo sul sistema delle grandi opere. Sugli effetti distorsivi della Legge Obiettivo, sulla sterminata lista di opere che si vorrebbe realizzare di nessuna utilità collettiva, sulle deroghe e proroghe che diventano la regola nel sistema degli affidamenti, sulla mancanza di una credibile Politica dei Trasporti sostenibile. Così, nel caso più macroscopico delle scelte per mobilità e trasporti, non si è mai valutata la qualità del servizio da offrire ai cittadini dando priorità al trasporto pendolare e nelle città, ma piuttosto si sono privilegiati gli investimenti ad alta intensità di cemento, asfalto e consumo di suolo.
E’ il 9° rapporto sullo Stato di Attuazione della Legge Obiettivo, elaborato dal Servizio Studi Camera, Cresme ed Autorità Anticorruzione che espone i numeri esatti. Dal 2001 al 2014 le grandi opere strategiche sono diventate 419 ed il costo presunto pari a 383 miliardi di euro. Di queste quelle inserite nell’Allegato Infrastrutture 2014 del Governo valgono 285 miliardi di euro, ma quelle che effettivamente hanno un progetto preliminare o definitivo approvato al Cipe sono pari a 153 miliardi di Euro. Secondo il rapporto le opere completate si fermano a 6.5 miliardi di euro pari al 4,3% del totale. Se si considerano i singoli lotti ultimati questa percentuale sale all’8,4% del totale. Per quanto riguarda la tipologia di opere il 95% del totale riguarda infrastrutture nei trasporti: tra queste ben il 52% sono strade ed autostrade, gli investimenti ferroviari il 35% e le metropolitane poco più del 6%.
Più che evidente che se le liste sono sterminate, le risorse pubbliche assai scarse, le risorse private un miraggio sventolato per farsi approvare i progetti, i sistemi di decisione accentrati e semplificatori, in assenza di valutazioni Costi Benefici accurate e senza Valutazione Ambientale Strategica sulle grandi opere, l’unico criterio di selezione diventano le pressioni debite e soprattutto quelle indebite per fare avanzare e finanziare un’opera invece di un’altra al Cipe.
Da notare che una buona parte di grandi opere sono realizzate in concessione senza gara, (vi è solo un obbligo di porre una quota dei lavori a gara sul mercato), come il Mose, le grandi Autostrade private e pubbliche in concessione, l’Alta velocità ferroviaria: ne deriva un sistema bloccato e dei soliti noti, sia sul piano delle imprese che dei referenti politici.
La legge Obiettivo, voluta dal Governo Berlusconi nel 2001, nel corso del tempo è stata anche peggiorata, con la possibilità di realizzare lotti funzionali e poi ancora “lotti costruttivi” tradendo quindi completamente la logica dei “tempi certi e costi certi” per le infrastrutture. E poi le semplificazioni procedurali, la Struttura Tecnica di Missione e le decisioni al Cipe, l’esclusione degli Enti locali, il General Contractor che diviene un soggetto privato impossibile da vigilare, le Valutazioni di Impatto Ambientale addomesticate.
A questo si aggiunga un Codice Appalti del 2006 con un doppio regime tra opere ordinarie e opere strategiche, con continue modifiche normative che rendono ormai impossibile comprendere cosa e come applicare le procedure, rendendo ancora più facile la vita a chi le regole le vuole evadere per i propri interessi privati.
Ed in continuità con queste distorsioni è stata anche l’approvazione nel 2014 del Decreto Sblocca Italia, dove con l’articolo 5, il Governo vuole prorogare la scadenza delle concessioni autostradali allungandogli la vita per realizzare le grandi autostrade, nonostante che robuste proroghe siano a suo tempo già state assicurate alle Concessionarie, evitando quindi le gare. Con tanto di aiuti fiscali retroattivi all’Autostrada Orte-Mestre ed ampie garanzie pubbliche verso i privati, come ben descritto nel testo di denuncia “Rottama Italia. Perché lo Sblocca Italia è una minaccia per la democrazia ed il nostro futuro.” (Altreconomia Edizioni, 2015).
Non a caso il Presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone, si è scagliato contro queste proroghe delle concessioni ed ha definito la Legge Obiettivo “criminogena”.
Noi ambientalisti abbiamo contestato da sempre e duramente la Legge Obiettivo, ed ancora prima la logica dei grandi eventi come Mondiali ‘90 e Colombiane ‘92, o il sistema delle Ordinanze della Protezione Civile, delle ricostruzioni post terremoto e delle grandi emergenze, vere false o presunte, invocate per evitare gare ed una selezione trasparente gli investimenti utili. Ma fino ad oggi è stato impossibile vincere la battaglia delle "opere utili" con i mezzi delle razionali analisi tecniche su costi e benefici, della discussione aperta e democratica su cosa sia davvero necessario per realizzare trasporti e infrastrutture efficienti. E’ stato impossibile perché la commistione fra irresponsabilità politica, strapotere di funzionari pubblici inamovibili, appetiti di imprenditori senza scrupoli, “deregulation” che ha fortemente ridotto le garanzie sulla trasparenza amministrativa, la mancanza di politiche dei trasporti, hanno impedito un processo decisionale pubblico e scelte razionali nell’interesse collettivo.
Questo sistema ha di certo complicato anche la vita e l’attività delle imprese sane, quelle capaci di progettare e lavorare seriamente, di realizzare investimenti complessi e promuovere l’innovazione, che spesso per sopravvivere nel mercato, ancora di più in tempi di crisi dell’edilizia, si sono dovute “adattare” al Sistema distorto degli appalti pubblici.
Adesso è il momento di voltare pagina. E’ necessario abolire la Legge Obiettivo, il suo elenco di opere spesso inutili e insostenibili e di procedure che scavalcano procedure e regole a difesa delle finanze pubbliche e dell'ambiente: bisogna rivedere le norme sulla valutazione di impatto ambientale, permettendo un vero “dibattito pubblico” che consenta una valutazione ponderata e partecipata su cosa serva davvero al territorio, alle città e alla comunità.
Va poi rivisto il Codice Appalti del 2006, introducendo norme chiare e semplici per garantire gare trasparenti e piena concorrenza nel mercato dei lavori pubblici, impedire ogni genere di proroga o deroga rispetto alle vie ordinarie, rafforzare i poteri d’intervento dell’Autorità Anticorruzione.
È indispensabile eliminare quelle disposizioni contenute nel Decreto "Sblocca Italia" e nell’ultima Legge di Stabilità che nel solco della Legge Obiettivo aprono la strada a una nuova ondata di opere di nessuna utilità pubblica (trivellazioni petrolifere, inceneritori di rifiuti) ed elargiscono inaccettabili “favori” a lobby potenti con la proroga delle concessioni ai “signori delle autostrade”.
Insieme a tutto questo, è urgente riconsiderare le scelte su opere in corsa – dal tunnel per l’alta velocità Torino-Lione, al “terzo valico Milano-Genova, ai progetti di nuove autostrade (Lombardia e Veneto, Orte-Mestre, Autostrada della Maremma) - che a fronte di un costo per la collettività esorbitante, non servono a risolvere i problemi di mobilità dei cittadini/e ed hanno un elevato impatto ambientale.
Per scegliere le opere utili, grandi e piccole che siano, serve invece adottare un Piano dei Trasporti e della Logistica Sostenibile, applicando alle grandi opere le procedure previste dalle Direttive Europee per la Valutazione Ambientale Strategica. E’ dal 2001, quando fu messo rapidamente nel cassetto il PGTL del Ministro Bersani ed approvata dal centrodestra la Legge Obiettivo, che parliamo solo di liste e di grandi opere, senza una politica dei trasporti strategica, sostenibile e capace di futuro. Una politica di non solo infrastrutture, ma fatta di servizi di trasporto per i pendolari e le città, dove si muovono due terzi dei cittadini e che oggi non hanno un sistema di trasporto adeguato ed efficiente.
La corruzione è furto di bene comune, furto di diritti e di speranze, di opportunità e di lavoro. Per sconfiggerla occorrono innanzitutto leggi all’altezza: rapida approvazione del 416ter e della legge sugli ecoreati; confisca dei beni ai corrotti; pene adeguate per "reati civetta" come il falso in bilancio, l'autoriciclaggio, l'evasione fiscale; norme rigorose sul conflitto d’interessi. Ma le leggi da sole non bastano: serve anche l'impegno di tutti - a cominciare da quanti hanno titolo nelle decisioni pubbliche - a farle vivere attraverso le scelte e i comportamenti quotidiani.
Infine, è decisivo che la scelta del/la nuovo/a Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti - che il Presidente del Consiglio Renzi si appresta a scegliere - risponda a un radicale cambio di rotta negli indirizzi e nei metodi delle politiche pubbliche in materia di infrastrutture. Occorre un/a Ministro consapevole che le grandi opere essenziali per l’Italia sono quelle dettate dall’interesse generale di tutti, non quelle imposte dalla convenienza privata di pochissimi: sono, dunque, rimettere in sesto il nostro territorio, assicurare una mobilità pubblica efficiente nelle città e rimediare allo stato arretrato del trasporto regionale, puntare sul ferro e sul cabotaggio costiero per il trasporto delle merci smettendo di favorire con regali milionari il settore dell’autotrasporto.
Questo gli ecologisti reclamano inutilmente da anni. Se il Governo vuole davvero demolire la “cupola” che da anni governa i grandi affari delle grandi opere, l’occasione è oggi.
Sul sistema delle grandi opere, mostra l'inchiesta in corso, è necessario un deciso cambio di passo. A partire dagli effetti distorsivi della Legge Obiettivo, sulla sterminata lista di opere che si vorrebbe realizzare di nessuna utilità collettiva, fino alle deroghe e proroghe che diventano la regola nel sistema degli affidamenti
La nuova inchiesta della Procura di Firenze sulla corruzione nelle grandi opere pubbliche, con 51 indagati, che ha portato all’arresto tra gli altri di Ercole Incalza ed alle dimissioni del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, rende purtroppo evidente il cronico ed endemico legame tra realizzare infrastrutture, distorsione delle regole e malaffare. Numerose sono le grandi opere nel mirino delle inchieste: tratte ad Alta velocità come il terzo valico Milano-Genova, il sottoattraversamento AV di Firenze, l’AV Brescia-Verona, o le grandi autostrade come la Orte-Mestre, la Pedemontana Veneta e quella Lombarda, la Cispadana. Ma anche linee metropolitane come la linea C di Roma, e la M4 ed M5 a Milano. Incredibilmente dieci di queste grandi opere avevano lo stesso direttore dei lavori, ora arrestato nell’ambito dell’inchiesta.
Sarà la magistratura a stabilire le responsabilità personali di tutti i soggetti indagati nel Sistema degli appalti pubblici, mentre sul piano politico ed istituzionale abbiamo l’obbligo di un cambio deciso di passo sul sistema delle grandi opere. Sugli effetti distorsivi della Legge Obiettivo, sulla sterminata lista di opere che si vorrebbe realizzare di nessuna utilità collettiva, sulle deroghe e proroghe che diventano la regola nel sistema degli affidamenti, sulla mancanza di una credibile Politica dei Trasporti sostenibile. Così, nel caso più macroscopico delle scelte per mobilità e trasporti, non si è mai valutata la qualità del servizio da offrire ai cittadini dando priorità al trasporto pendolare e nelle città, ma piuttosto si sono privilegiati gli investimenti ad alta intensità di cemento, asfalto e consumo di suolo.
E’ il 9° rapporto sullo Stato di Attuazione della Legge Obiettivo, elaborato dal Servizio Studi Camera, Cresme ed Autorità Anticorruzione che espone i numeri esatti. Dal 2001 al 2014 le grandi opere strategiche sono diventate 419 ed il costo presunto pari a 383 miliardi di euro. Di queste quelle inserite nell’Allegato Infrastrutture 2014 del Governo valgono 285 miliardi di euro, ma quelle che effettivamente hanno un progetto preliminare o definitivo approvato al Cipe sono pari a 153 miliardi di Euro. Secondo il rapporto le opere completate si fermano a 6.5 miliardi di euro pari al 4,3% del totale. Se si considerano i singoli lotti ultimati questa percentuale sale all’8,4% del totale. Per quanto riguarda la tipologia di opere il 95% del totale riguarda infrastrutture nei trasporti: tra queste ben il 52% sono strade ed autostrade, gli investimenti ferroviari il 35% e le metropolitane poco più del 6%.
Più che evidente che se le liste sono sterminate, le risorse pubbliche assai scarse, le risorse private un miraggio sventolato per farsi approvare i progetti, i sistemi di decisione accentrati e semplificatori, in assenza di valutazioni Costi Benefici accurate e senza Valutazione Ambientale Strategica sulle grandi opere, l’unico criterio di selezione diventano le pressioni debite e soprattutto quelle indebite per fare avanzare e finanziare un’opera invece di un’altra al Cipe.
Da notare che una buona parte di grandi opere sono realizzate in concessione senza gara, (vi è solo un obbligo di porre una quota dei lavori a gara sul mercato), come il Mose, le grandi Autostrade private e pubbliche in concessione, l’Alta velocità ferroviaria: ne deriva un sistema bloccato e dei soliti noti, sia sul piano delle imprese che dei referenti politici.
La legge Obiettivo, voluta dal Governo Berlusconi nel 2001, nel corso del tempo è stata anche peggiorata, con la possibilità di realizzare lotti funzionali e poi ancora “lotti costruttivi” tradendo quindi completamente la logica dei “tempi certi e costi certi” per le infrastrutture. E poi le semplificazioni procedurali, la Struttura Tecnica di Missione e le decisioni al Cipe, l’esclusione degli Enti locali, il General Contractor che diviene un soggetto privato impossibile da vigilare, le Valutazioni di Impatto Ambientale addomesticate.
A questo si aggiunga un Codice Appalti del 2006 con un doppio regime tra opere ordinarie e opere strategiche, con continue modifiche normative che rendono ormai impossibile comprendere cosa e come applicare le procedure, rendendo ancora più facile la vita a chi le regole le vuole evadere per i propri interessi privati.
Ed in continuità con queste distorsioni è stata anche l’approvazione nel 2014 del Decreto Sblocca Italia, dove con l’articolo 5, il Governo vuole prorogare la scadenza delle concessioni autostradali allungandogli la vita per realizzare le grandi autostrade, nonostante che robuste proroghe siano a suo tempo già state assicurate alle Concessionarie, evitando quindi le gare. Con tanto di aiuti fiscali retroattivi all’Autostrada Orte-Mestre ed ampie garanzie pubbliche verso i privati, come ben descritto nel testo di denuncia “Rottama Italia. Perché lo Sblocca Italia è una minaccia per la democrazia ed il nostro futuro.” (Altreconomia Edizioni, 2015).
Non a caso il Presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone, si è scagliato contro queste proroghe delle concessioni ed ha definito la Legge Obiettivo “criminogena”.
Noi ambientalisti abbiamo contestato da sempre e duramente la Legge Obiettivo, ed ancora prima la logica dei grandi eventi come Mondiali ‘90 e Colombiane ‘92, o il sistema delle Ordinanze della Protezione Civile, delle ricostruzioni post terremoto e delle grandi emergenze, vere false o presunte, invocate per evitare gare ed una selezione trasparente gli investimenti utili. Ma fino ad oggi è stato impossibile vincere la battaglia delle "opere utili" con i mezzi delle razionali analisi tecniche su costi e benefici, della discussione aperta e democratica su cosa sia davvero necessario per realizzare trasporti e infrastrutture efficienti. E’ stato impossibile perché la commistione fra irresponsabilità politica, strapotere di funzionari pubblici inamovibili, appetiti di imprenditori senza scrupoli, “deregulation” che ha fortemente ridotto le garanzie sulla trasparenza amministrativa, la mancanza di politiche dei trasporti, hanno impedito un processo decisionale pubblico e scelte razionali nell’interesse collettivo.
Questo sistema ha di certo complicato anche la vita e l’attività delle imprese sane, quelle capaci di progettare e lavorare seriamente, di realizzare investimenti complessi e promuovere l’innovazione, che spesso per sopravvivere nel mercato, ancora di più in tempi di crisi dell’edilizia, si sono dovute “adattare” al Sistema distorto degli appalti pubblici.
Adesso è il momento di voltare pagina. E’ necessario abolire la Legge Obiettivo, il suo elenco di opere spesso inutili e insostenibili e di procedure che scavalcano procedure e regole a difesa delle finanze pubbliche e dell'ambiente: bisogna rivedere le norme sulla valutazione di impatto ambientale, permettendo un vero “dibattito pubblico” che consenta una valutazione ponderata e partecipata su cosa serva davvero al territorio, alle città e alla comunità.
Va poi rivisto il Codice Appalti del 2006, introducendo norme chiare e semplici per garantire gare trasparenti e piena concorrenza nel mercato dei lavori pubblici, impedire ogni genere di proroga o deroga rispetto alle vie ordinarie, rafforzare i poteri d’intervento dell’Autorità Anticorruzione.
È indispensabile eliminare quelle disposizioni contenute nel Decreto "Sblocca Italia" e nell’ultima Legge di Stabilità che nel solco della Legge Obiettivo aprono la strada a una nuova ondata di opere di nessuna utilità pubblica (trivellazioni petrolifere, inceneritori di rifiuti) ed elargiscono inaccettabili “favori” a lobby potenti con la proroga delle concessioni ai “signori delle autostrade”.
Insieme a tutto questo, è urgente riconsiderare le scelte su opere in corsa – dal tunnel per l’alta velocità Torino-Lione, al “terzo valico Milano-Genova, ai progetti di nuove autostrade (Lombardia e Veneto, Orte-Mestre, Autostrada della Maremma) - che a fronte di un costo per la collettività esorbitante, non servono a risolvere i problemi di mobilità dei cittadini/e ed hanno un elevato impatto ambientale.
Per scegliere le opere utili, grandi e piccole che siano, serve invece adottare un Piano dei Trasporti e della Logistica Sostenibile, applicando alle grandi opere le procedure previste dalle Direttive Europee per la Valutazione Ambientale Strategica. E’ dal 2001, quando fu messo rapidamente nel cassetto il PGTL del Ministro Bersani ed approvata dal centrodestra la Legge Obiettivo, che parliamo solo di liste e di grandi opere, senza una politica dei trasporti strategica, sostenibile e capace di futuro. Una politica di non solo infrastrutture, ma fatta di servizi di trasporto per i pendolari e le città, dove si muovono due terzi dei cittadini e che oggi non hanno un sistema di trasporto adeguato ed efficiente.
La corruzione è furto di bene comune, furto di diritti e di speranze, di opportunità e di lavoro. Per sconfiggerla occorrono innanzitutto leggi all’altezza: rapida approvazione del 416ter e della legge sugli ecoreati; confisca dei beni ai corrotti; pene adeguate per "reati civetta" come il falso in bilancio, l'autoriciclaggio, l'evasione fiscale; norme rigorose sul conflitto d’interessi. Ma le leggi da sole non bastano: serve anche l'impegno di tutti - a cominciare da quanti hanno titolo nelle decisioni pubbliche - a farle vivere attraverso le scelte e i comportamenti quotidiani.
Infine, è decisivo che la scelta del/la nuovo/a Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti - che il Presidente del Consiglio Renzi si appresta a scegliere - risponda a un radicale cambio di rotta negli indirizzi e nei metodi delle politiche pubbliche in materia di infrastrutture. Occorre un/a Ministro consapevole che le grandi opere essenziali per l’Italia sono quelle dettate dall’interesse generale di tutti, non quelle imposte dalla convenienza privata di pochissimi: sono, dunque, rimettere in sesto il nostro territorio, assicurare una mobilità pubblica efficiente nelle città e rimediare allo stato arretrato del trasporto regionale, puntare sul ferro e sul cabotaggio costiero per il trasporto delle merci smettendo di favorire con regali milionari il settore dell’autotrasporto.
Questo gli ecologisti reclamano inutilmente da anni. Se il Governo vuole davvero demolire la “cupola” che da anni governa i grandi affari delle grandi opere, l’occasione è oggi.
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