Sergio
Bellavita è il portavoce nazionale della minoranza Cgil "Il sindacato è
un'altra cosa". Sabato era presente alla manifestazione della Fiom,
sindacato di cui fa parte. Controlacrisi.org lo ha intervistato.
Questa Cgil più che un sindacato confederale sembra impegnata in un drammatico e raffazzonato inseguimento della Fiom, non credi?
Intanto, partiamo da una considerazione che invece dovrebbe stare al centro dei ragionamenti sulla Cgil, ovvero la pesante sconfitta subita dal sindacato con l’approvazione del Jobs act. C'è una crisi pesante della Cgil, in tutte le sue forme, credo anche Fiom compresa. Una crisi che riguarda soprattutto gli strumenti da mettere in campo per ricostruire nuovi rapporti di forza e riavviare un percorso di riconquista dei diritti. E’ cambiato il mondo, lo dice spesso anche Landini, non c’è più lo Statuto dei diritti dei lavoratori. E però, a una affermazione così grave, che condivido, poi non corrisponde una concreta attuazione rispetto al fatto che occorre mettere in campo un conflitto vero. La Cgil è in crisi drammatica, su questo non c’è dubbio. Ed insegue Landini, perché la Fiom ha un patrimonio riconosciuto mediaticamente. E questo anche per la capacità di Landini di dare il giusto risalto alla difesa dei diritti dei lavoratori. Il punto è che la Fiom non fa più conflitto e non ha pratiche diverse da quelle delle altre categorie della Cgil. E questo è un problema. Il congresso è stato unitario insieme hanno gestito l’autunno e ora gestiscono quella che io chiamo la grande ritirata. Landini dice però ripartiamo dalle iniziative interrotte il 12 dicembre.
E’ vero, ma poi aggiunge che non siamo alternativi al quadro unitario con Cisl e Uil e meno che mai alla Cgil. Lo spazio per la coalizione sociale credo che abbia un senso anche intrecciando mutualismo e lotte. Però la Fiom cosa mette in questa coalizione sociale? O c’è una rottura con l'accordo del dieci gennaio e con la Cgil, e quindi si ricostruisce nella pratica una contrattazione fondata sulla riconquista dei diritti e in conflitto totale con l’attuale governo e il pd, oppure rimane una rappresentazione mediatica. E non credo che questa da sola possa supplire al conflitto. Oggi nella composizione di questo corteo pur importante la partecipazione operaia è la più bassa degli ultimi anni. E questo è un segnale importante.
Ormai sembra di capire che Landini punti direttamente alla leadership in Cgil
Non lo so. Gli auguro di diventare segretario della Cgil. Vorrei che diventasse segretario di una Cgil diversa, però. Voglio far presente che la rottura con Renzi è stata di vertice mentre con il partito democratico si sta riannodando un rapporto. E questi tre mesi di passività totale della Cgil la dicono lunga.
Si sta avviando un processo di fusione del sindacalismo confederale. Anche i provvedimenti di Renzi spingeranno nella direzione di unire le forze. Processi di unità che siano qualcosa di organizzativo oltre l’unità di azione. Le conferenze di organizzazione, già fatte da Cisl e Uil, puntano ad accorpare territori e categorie con il solo assillo della sostenibilità finanziaria degli apparati. Il quadro è che ci sono sempre meno lavoratori attivi iscritti al sindacato e sempre meno pensionati. Il colpo finale arriverà dall’Italicum sindacale che sta preparando Renzi.
Dal vostro seminario è uscito un tema importante, quello del rapporto tra sindadacato e lavoratori in un quadro di forte frammentazione.
Oggi la Cgil dice ripartiamo dalla contrattazione ma non definisce una linea contrattuale e poi l’accordo del 10 gennaio dice che si può derogare in peggio rispetto al contratto nazionale, nell’ottica quindi di una contrattazione corportiva e aziendalista. In questo quadro o c’è una battaglia generale in difesa del salario e dell’occupazione oppure ogni azienda e ogni lavoratore sarà costretto a trovare un loro aggiustamento. La Cgil è alle dichiarazioni di principio. La Fiom ha lo stesso problema, dovrebbe inìvece costruire una linea contrattuale che impedisca nei luoghi di lavoro una contrattazione di restituzione. Senza articolo 18 il regime di ricattabilità è totale. E quindi o costruisci delle forme di mutuo-aiuto anche sui licenziamenti e sulle discriminazioni o perderemo fabbrica per fabbrica.
Come è il termometro del sindacalismo conflittuale?
Abbiamo fatto due giorni di seminario a Bellaria mettendo sul tavolo la crisi della Cgil che in qualche modo è la nostra crisi. Una crisi di risposta ai bisogni sociali. Noi a differenza della Cgil, e della Fiom, abbiamo cominciato ad indagarla ed approfondirla nel tentativo di sedimentare nei territori una coscienza per una soluzione diversa. Intanto rilanciamo il crtello del sindacalismo conflittuale, una larga convergenza dei soggetti che sono contro il modello del 10 gennaio. E presto ci saranno inizitive in questa direzione.
Questa Cgil più che un sindacato confederale sembra impegnata in un drammatico e raffazzonato inseguimento della Fiom, non credi?
Intanto, partiamo da una considerazione che invece dovrebbe stare al centro dei ragionamenti sulla Cgil, ovvero la pesante sconfitta subita dal sindacato con l’approvazione del Jobs act. C'è una crisi pesante della Cgil, in tutte le sue forme, credo anche Fiom compresa. Una crisi che riguarda soprattutto gli strumenti da mettere in campo per ricostruire nuovi rapporti di forza e riavviare un percorso di riconquista dei diritti. E’ cambiato il mondo, lo dice spesso anche Landini, non c’è più lo Statuto dei diritti dei lavoratori. E però, a una affermazione così grave, che condivido, poi non corrisponde una concreta attuazione rispetto al fatto che occorre mettere in campo un conflitto vero. La Cgil è in crisi drammatica, su questo non c’è dubbio. Ed insegue Landini, perché la Fiom ha un patrimonio riconosciuto mediaticamente. E questo anche per la capacità di Landini di dare il giusto risalto alla difesa dei diritti dei lavoratori. Il punto è che la Fiom non fa più conflitto e non ha pratiche diverse da quelle delle altre categorie della Cgil. E questo è un problema. Il congresso è stato unitario insieme hanno gestito l’autunno e ora gestiscono quella che io chiamo la grande ritirata. Landini dice però ripartiamo dalle iniziative interrotte il 12 dicembre.
E’ vero, ma poi aggiunge che non siamo alternativi al quadro unitario con Cisl e Uil e meno che mai alla Cgil. Lo spazio per la coalizione sociale credo che abbia un senso anche intrecciando mutualismo e lotte. Però la Fiom cosa mette in questa coalizione sociale? O c’è una rottura con l'accordo del dieci gennaio e con la Cgil, e quindi si ricostruisce nella pratica una contrattazione fondata sulla riconquista dei diritti e in conflitto totale con l’attuale governo e il pd, oppure rimane una rappresentazione mediatica. E non credo che questa da sola possa supplire al conflitto. Oggi nella composizione di questo corteo pur importante la partecipazione operaia è la più bassa degli ultimi anni. E questo è un segnale importante.
Ormai sembra di capire che Landini punti direttamente alla leadership in Cgil
Non lo so. Gli auguro di diventare segretario della Cgil. Vorrei che diventasse segretario di una Cgil diversa, però. Voglio far presente che la rottura con Renzi è stata di vertice mentre con il partito democratico si sta riannodando un rapporto. E questi tre mesi di passività totale della Cgil la dicono lunga.
Si sta avviando un processo di fusione del sindacalismo confederale. Anche i provvedimenti di Renzi spingeranno nella direzione di unire le forze. Processi di unità che siano qualcosa di organizzativo oltre l’unità di azione. Le conferenze di organizzazione, già fatte da Cisl e Uil, puntano ad accorpare territori e categorie con il solo assillo della sostenibilità finanziaria degli apparati. Il quadro è che ci sono sempre meno lavoratori attivi iscritti al sindacato e sempre meno pensionati. Il colpo finale arriverà dall’Italicum sindacale che sta preparando Renzi.
Dal vostro seminario è uscito un tema importante, quello del rapporto tra sindadacato e lavoratori in un quadro di forte frammentazione.
Oggi la Cgil dice ripartiamo dalla contrattazione ma non definisce una linea contrattuale e poi l’accordo del 10 gennaio dice che si può derogare in peggio rispetto al contratto nazionale, nell’ottica quindi di una contrattazione corportiva e aziendalista. In questo quadro o c’è una battaglia generale in difesa del salario e dell’occupazione oppure ogni azienda e ogni lavoratore sarà costretto a trovare un loro aggiustamento. La Cgil è alle dichiarazioni di principio. La Fiom ha lo stesso problema, dovrebbe inìvece costruire una linea contrattuale che impedisca nei luoghi di lavoro una contrattazione di restituzione. Senza articolo 18 il regime di ricattabilità è totale. E quindi o costruisci delle forme di mutuo-aiuto anche sui licenziamenti e sulle discriminazioni o perderemo fabbrica per fabbrica.
Come è il termometro del sindacalismo conflittuale?
Abbiamo fatto due giorni di seminario a Bellaria mettendo sul tavolo la crisi della Cgil che in qualche modo è la nostra crisi. Una crisi di risposta ai bisogni sociali. Noi a differenza della Cgil, e della Fiom, abbiamo cominciato ad indagarla ed approfondirla nel tentativo di sedimentare nei territori una coscienza per una soluzione diversa. Intanto rilanciamo il crtello del sindacalismo conflittuale, una larga convergenza dei soggetti che sono contro il modello del 10 gennaio. E presto ci saranno inizitive in questa direzione.
Nessun commento:
Posta un commento