Non contro Israele, ma contro l'Iran: la decisione della Lega Araba di creare una forza militare congiunta per fare guerra all'Iran è solo il primo passo di una escalation bellica mai vista. Non c'è precedente: mai, neanche per le 4 guerre contro Israele, i paesi arabi avevano deciso di formare una loro Nato. Non avevano neanche unificato i comandi, li avevano solo coordinati (e malamente). Inoltre, seconda svolta clamorosa, la Nato araba non solo non vede la presenza degli Usa, ma è chiaramente opposta, in rotta di collisione con la politica mediorientale degli Usa.
Carlo Panella
Inviato in Medio Oriente, saggista su Islam e islamismo
Con questo cruciale passo, dunque, al di là del dato militare pur clamoroso, i paesi arabi sunniti, sotto la leadership dell'Egitto di al Sisi e dell'Arabia Saudita di re Salman, codificano una realtà drammatica: la guerra di religione dentro l'Islam, la Fitna, lo scannamento reciproco di sciiti e sunniti, diventa politica ufficiale, formale, degli Stati.
Tutto questo accade perché i paesi arabi sunniti sono oggi convinti che "il nemico principale" è l'Iran, non l'Isis. Tesi interessante quanto clamorosa. anche perché è condivisa da quel monumento di saggezza geopolitica che è Henry Kissinger. Questa analisi, altro fatto eclatante, non è solo nei fatti, ma è detta, è proclamata apertamente sia da Al Sisi che da re Salman.
Alla vigilia della sigla dell'accordo sul nucleare, abbiamo quindi la controprova che tutta la gestione obamiana della crisi con l'Iran "è peggio di un crimine, è un errore". Come previsto da Kissinger e da molti altri analisti, moltiplicherá infatti la proliferazione bellica e nucleare, invece di pacificare il Medio Oriente. Ben presto, è certo, sia l'Egitto che l'Arabia Saudita si doteranno di bomba atomica, anche grazie al contributo del Pakistan (la cui atomica fu finanziata da Ryad). D'altronde, e non è un paradosso, anche quel fallimento della trattativa che pare incombere a ridosso della sua conclusione ohi 30 marzo, proverebbe la scarsa attendibilità della scelta di Obama di fidarsi degli interlocutori iraniani.
Questa deriva bellicista ha infatti un'origine drammatica: tutti i paesi arabi sunniti (e la Turchia) divergono radicalmente dalla analisi sulla natura sostanzialmente affidabile del regime iraniano che incredibilmente e contro la verifica dei fatti, elaborano i consiglieri di Barack Obama. Consiglieri che non scorgono il poco o nullo riformismo della gestione Rohani delle crisi di Siria, Iraq, Libano, Gaza e Yemen.
È una divergenza emersa da tempo, con cui il totalmente inadeguato J. F. Kerry si confronta da 6 anni in ogni suo contatto con gli alleati (o meglio, ex alleati) arabi e che nelle ultime settimane è precipitata. I motivi scatenanti di questa decisione che vede persino il lontano Marocco armarsi contro l'Iran sono due: l'assedio di Tikrit e il golpe sciita nello Yemen.
La battaglia per Tikrit, lo si deve ricordare, doveva essere l'inizio della controffensiva contro l'Isis. A un mese di distanza però, quella offensiva "trionfante" di 30.000 miliziani sciiti e Pasdaran si è arenata, è stata sospesa per una ragione così sintetizzata dal premier del Kurdistan iracheno Mansour Barzani: "le milizie sciite irachene sono peggio dell'Isis". In parole povere: la resistenza delle poche centinaia di miliziani dell'Isis contro forze trenta volte superiori ha una sola ragione: il sostegno delle tribù sunnite terrorizzate dai nuovi massacri di cui si continuano a macchiare le milizie sciite e i pasdaran.
Valutazione totalmente condivisa da re Salman dell'Arabia Saudita e che ha avuto l'autorevole è indiscutibile suggello del l'insospettabile generale David Petraeus, l'unico al mondo che abbia saputo sconfiggere l'Isis. Ma non basta, a Tikrit Obama è andato oltre il grottesco. La settimana scorsa il premier iracheno Abadi ha chiesto agli Usa (che non erano neanche stati informati dell'inizio dell'offensiva), di effettuare raid su Tikrit. Evidentemente neanche l'aviazione irachena funzione a livelli minimi di decenza. Iniziati i raid americani... larga parte delle milizie sciite ha abbandonato per protesta il fronte contro l'Isis. Scene da teatro di Jonesco.
Passati due giorni, alla riprova che l'Iran non è la soluzione, ma la causa del collasso iracheno in feroce antagonismo alla popolazione sunnita, è seguito il colpo di Stato nello Yemen degli Houti, sostenuti e guidati dall'Iran.
La rapidità accelerata, incombente, nella "esportazione della rivoluzione iraniana" rivendicata formalmente dal comandante generale dei Pasdaran Jaafari, ha obbligato così i leader sunniti a concretizzare la strategia perseguita da Condoleeza Rice: ergere una "trincea sunnita" dal potere militare così consistente, dalla massa critica politica così possente da funzionare da deterrenza nei confronti dell'espansionismo iraniano e, nel caso, da saperlo sconfiggere sul terreno. Nelle prossime ore, a Ginevra e nello Yemen si vedrà se questa mossa indurrà o meno gli ayatollah e i Pasdaran a accedere a una trattativa o a continuare col loro oltranzismo espansivo.
Conoscendoli, si può scommettere che seguiranno le due strade in contemporanea (è incredibile che Obama non sappia cogliere questa loro manifesta duplicità). A Ginevra sigleranno un accordo che disattenderanno clandestinamente (e Obama gli lascerà spazio irresponsabilmente per questa Hudna beffarda), ma nello Yemen, in Iraq, in Siria, in Libano, a Gaza e forse anche nel Bahrein e nel Kuwait continueranno a esportare la rivoluzione. E sarà guerra. E saranno guerre.
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