L 'apparato pubblico italiano è uno dei meno ingombranti d'Europa, in costante riduzione negli ultimi dieci anni e con un peso sempre minore per le casse dello Stato. E' quanto emerge da un'indagine presentata oggi (7 dicembre) a Roma dalla Fp Cgil, Uil Fpl e Uil Pa. I salari pubblici però sono "morsi da inflazione e persino bloccati per legge". La ricerca si intitola "E' questione salariale! Il lavoro nei servizi pubblici fra blocco dei contratti e tagli" ( qui il rapporto completo ).
Il rapporto vuole sfatare i "miti" sul lavoro pubblico in Italia. In soli 10 anni il numero di dipendenti pubblici ogni 100 abitanti è passato da 6,4 a 5,8, in controtendenza con tutti gli altri paesi presi a confronto, Francia esclusa, dove però il rapporto è del 9,4 e la flessione di appena lo 0,1. "Un dato - prosegue - che nel nostro paese è destinato a peggiorare a causa di un'accelerazione delle fuoriuscite (quasi 160mila nel solo 2010) e della mancata sostituzione del personale causata dal blocco del turn over".
Per trovare un paese più virtuoso bisogna guardare alla Germania, poco distante con 5,4 lavoratori ogni 100 abitanti, o alla Grecia. Non diversa è la situazione salariale, con un rapporto tra spesa per redditi e abitanti poco superiore ai 2800 euro, in linea con i 2700 euro della media europea.
I salari sono sempre più magri. Le buste paga - infatti - sono morse da un'inflazione che n egli ultimi 12 anni ha superato di ben 7,6 punti percentuali la crescita degli stipendi. Un aggregato, quello dei redditi da lavoro dipendente, in caduta libera: nel 1991 rappresentavano il 12,5% del Pil, oggi solo il 10,6%. Con il permanere del blocco dei contratti nel 2015 giungerà al 9,7%, secondo le stime dei sindacati.
A pagare di più sono i dipendenti contrattualizzati, quelli con un sistema contrattuale simile al privato, con una crescita poco superiore al 30% in 10 anni, mentre per magistratura, carriera prefettizia e diplomatica, i cui contratti vengono stabiliti per legge, gli aumenti vanno dal 44 al 71%.
"E' necessario spiegare alle persone che il lavoro pubblico, il settore più colpito dai tagli, non è la causa dei mali del Paese ma l'antidoto – dichiarano in una nota Rossana Dettori, segretario generale della Fp Cgil, Giovanni Torluccio, segretario della Uil Fpl e Benedetto Attili, segretario della Uil Pa - che i servizi pubblici aiutano a vivere meglio e a non affrontare la crisi in solitudine. Questo rapporto può essere un modo per sfatare i miti circolati in questi anni. Mentre assistiamo alla decadenza del nostro sistema dei servizi non possiamo che lanciare un grido d'allarme e rimettere al centro il lavoro".
Il rapporto vuole sfatare i "miti" sul lavoro pubblico in Italia. In soli 10 anni il numero di dipendenti pubblici ogni 100 abitanti è passato da 6,4 a 5,8, in controtendenza con tutti gli altri paesi presi a confronto, Francia esclusa, dove però il rapporto è del 9,4 e la flessione di appena lo 0,1. "Un dato - prosegue - che nel nostro paese è destinato a peggiorare a causa di un'accelerazione delle fuoriuscite (quasi 160mila nel solo 2010) e della mancata sostituzione del personale causata dal blocco del turn over".
Per trovare un paese più virtuoso bisogna guardare alla Germania, poco distante con 5,4 lavoratori ogni 100 abitanti, o alla Grecia. Non diversa è la situazione salariale, con un rapporto tra spesa per redditi e abitanti poco superiore ai 2800 euro, in linea con i 2700 euro della media europea.
I salari sono sempre più magri. Le buste paga - infatti - sono morse da un'inflazione che n egli ultimi 12 anni ha superato di ben 7,6 punti percentuali la crescita degli stipendi. Un aggregato, quello dei redditi da lavoro dipendente, in caduta libera: nel 1991 rappresentavano il 12,5% del Pil, oggi solo il 10,6%. Con il permanere del blocco dei contratti nel 2015 giungerà al 9,7%, secondo le stime dei sindacati.
A pagare di più sono i dipendenti contrattualizzati, quelli con un sistema contrattuale simile al privato, con una crescita poco superiore al 30% in 10 anni, mentre per magistratura, carriera prefettizia e diplomatica, i cui contratti vengono stabiliti per legge, gli aumenti vanno dal 44 al 71%.
"E' necessario spiegare alle persone che il lavoro pubblico, il settore più colpito dai tagli, non è la causa dei mali del Paese ma l'antidoto – dichiarano in una nota Rossana Dettori, segretario generale della Fp Cgil, Giovanni Torluccio, segretario della Uil Fpl e Benedetto Attili, segretario della Uil Pa - che i servizi pubblici aiutano a vivere meglio e a non affrontare la crisi in solitudine. Questo rapporto può essere un modo per sfatare i miti circolati in questi anni. Mentre assistiamo alla decadenza del nostro sistema dei servizi non possiamo che lanciare un grido d'allarme e rimettere al centro il lavoro".
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