lunedì 17 dicembre 2012

Il buono, il brutto e il cattivo: già visto, ma il buono dov’è?


Maurizio Crozza
Il buono, il brutto e il cattivo: massima semplificazione, spaghetti-western. Solo che, nello spettacolo politico, manca sempre uno dei tre: il buono. Abbondano invece i brutti e cattivi, perfetti per rubare la scena – tra lanci di monetine e girotondi – proprio mentre nel backstage, lontano dai riflettori, si consuma qualcosa di decisivo e irrimediabile, orchestrato con sapienza da altri attori, sicuramente meno brutti ma molto più cattivi. Corsi e ricorsi: prima Craxi, poiBerlusconi. Stessa sacrosanta indignazione popolare. E, nel retroscena, il piano: vent’anni fa gli accordi storici per l’avvento dell’euro-capestro a condizioni di sfavore, e dopo due decenni l’attuazione definitiva dello smantellamento dello Stato democratico moderno, il sanguinoso “massacro sociale” – senza precedenti, dal dopoguerra – con la subdola scusa dello spread, pilotato dagli stessi grandi registi del film.
Anche a fine 2012 scarseggia la fantasia degli sceneggiatori: un casting da sbadigli, col redivivo Berlusconi contro il caratterista Bersani, godibile nell’originale o, a scelta, nella versione-caricatura di Crozza. Ci sarebbe da divertirsi, se non avessero subito provveduto Mario Monti ed Elsa Fornero a far passare a tutti la voglia di ridere. L’economista Giulio Sapelli racconta che siamo precipitati nella catastrofe della carenza grazie all’euro, imposto dalla Francia a una Germania disposta a tutto, anche a rinunciare al suo formidabile marco, pur di raggiungere l’unificazione col placet decisivo di Parigi. All’epoca di Prodi e Ciampi, l’Italia contrattò le peggiori condizioni possibili per entrare nell’Eurozona. Un caso? O piuttosto, un baratto: il potere agli uomini dell’orbita ex-Pci, a patto che si rassegnassero a moderare le pretese di un paese pieno di record. Non solo mafia, tangenti ed evasione fiscale, ma anche un export temutissimo da francesi e tedeschi, tanto da proiettare l’Italia addirittura nel G7.

Sequel 2011: sfinito dall’anziano di Arcore e dalle sue leggi ad personam, il Parlamento-fantasma (imbottito di “nominati” grazie alla legge-porcata) si affida allo sceriffo Monti, che dal giorno dopo – in perfetto accordo coi suoi veri capi, i signori dello spread – procede senza indugi alla realizzazione definitiva del piano: affondare la nave, per poi svenderla comodamente a prezzi di realizzo. Non mancano i colpi di scena: l’anziano di Arcore che lo sgambetta a un passo dal traguardo e lui che ne approfitta per indossare addirittura i panni della vittima, del martire, dell’eroe che, in ogni caso, quel maledetto lavoro dovrà pur condurlo a termine. Qui, la produzione esita: il set è assordato da sinistri boati e dallo sfacelo dei crolli. Tra grida di dolore, cortei e ululati di ambulanze, il casting procede con affanno: si cerca sempre il personaggio-chiave per l’happy end, il buono, che però ancora non si vede.

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