lunedì 17 dicembre 2012

Obama a Newtown: "Non stiamo facendo abbastanza per proteggere i nostri figli"


Il presidente Usa visita la città della strage, incontra le famiglie delle vittime e poi parla davanti alla popolazione: "Siete stati un esempio. Dobbiamo farla finita con queste tragedie, dobbiamo cambiare. Mi impegnerò per evitare queste carneficine"


repubblica.it  corrispondente FEDERICO RAMPINI

Obama a Newtown: "Non stiamo facendo abbastanza per proteggere i nostri figli"NEW YORK – “Nelle prossime settimane userò tutti i poteri a mia disposizione nello sforzo di prevenire tragedie come questa. Non possiamo accettare eventi così, come fossero routine. Vogliamo forse dire che siamo impotenti? Che le scelte politiche sono troppo difficili? Che questa violenza inflitta sui nostri bambini è un prezzo delle nostre libertà?”. Nella serata del dolore e del lutto nazionale per le 26 vittime della strage di Newtown, Barack Obama raccoglie la sfida.
Annuncia che prenderà misure contro il dilagare di queste sparatorie, le stragi a ripetizione. Non entra nel dettaglio di ciò che farà, non è questa la sede. Il presidente parla alle famiglie di Newtown, la cittadina del Connecticut straziata dal massacro di 20 bambini e 5 insegnanti (più la madre dell’assassino Adam Lanza). Parla al termine di una cerimonia religiosa, in una serata densa di dolore e preghiera, di raccoglimento e di solidarietà.

Obama comincia a parlare alle 20.35 locali (le 2.35 in Italia) dopo avere visitato i genitori delle vittime. Interviene nell’auditorium
di un liceo dopo le preghiere dei rappresentanti di tutte le fedi. In centinaia sono affluiti nell’auditorium di Newton, altre decine di milioni seguono in diretta televisiva con sgomento la cerimonia di lutto. Per la quarta volta in circostanze analoghe (Fort Hood 2009, Tucson gennaio 2011, Aurora in Colorado luglio 2012), Obama assume il ruolo del “consolatore capo”, lo fa con emozione profonda, turbato come padre di due figlie.

“Siamo riunti qui in memoria di venti bambini bellissimi e cinque adulti straordinari. Potrebbero essere i figli di qualsiasi città americana. Sono qui per offrirvi le preghiere dell’intera nazione. So che le parole non curano le ferite della vostra anima. Sappiate che non siete soli anche il nostro mondo è stato lacerato, abbiamo stretto forte i nostri figli. Qualsiasi cosa possiamo fare lo faremo, per alleggerire questo fardello così pesante”. Rende omaggio agli adulti, la preside, la psicologa, le maestre che hanno sacrificato la vita nel vano tentativo di salvare i piccoli; ricorda quelle che ce l’hanno fatta, le maestre che sono riuscite a mettere al riparo gli alunni.

“Ci avete ispirato, per il vostro coraggio davanti a un male indicibile”. Ma poi il presidente decide di affrontare la causa di questo ennesimo, assurdo dramma. Lo fa con misura, ma non evita l’autocritica. “Noi come nazione, siamo lasciati di fronte a questioni difficili. Possiamo dire di fare abbastanza per tenere i nostri figli al sicuro? Possiamo sostenere che tutti insieme stiamo facendo quello che dobbiamo per garantire ai bambini? No”.

Ricorda che “da presidente è la quarta volta che partecipo al lutto di comunità colpite da sparatorie, cerco di consolare i familiari delle vittime, la cui unica colpa era trovarsi al posto sbagliato. Non possiamo tollerarlo più. Queste tragedie devono cessare. E perché cessino, dobbiamo cambiare. Nessuna legge può eliminare il male dalla società, ma questa non può essere una scusa per l’inazione. Se ci fosse un atto che può salvare una sola vita di un bambino, a Newtown o a Columbine, abbiamo l’obbligo di provarci”.

E’ un impegno solenne, che Obama si prende in questa terribile serata. Il suo discorso è cominciato con un tono diverso, religioso. “Fissiamo i nostri occhi non su quel che si vede, ma sull’invisibile che è eterno”. E’ una citazione della Bibbia, l’esordio commosso e solenne davanti a una folla silenziosa, attonita, sotto shock. Obama parla da padre: “Avere un figlio è come avere un cuore che batte fuori dal tuo corpo. Vorresti poterlo proteggere, l’amore per i figli ci rende migliori, quando ci prendiamo cura di loro, quando gli insegniamo ciò che è giusto”.

Ritorna sulle sacre scritture alla chiusura del suo discorso: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché è loro il regno dei cieli, disse Gesù. Questi bambini (e li cita uno per uno, commuovendosi nel leggere i nomi delle vittime) Dio li ha richiamati a sé, che ci renda degni della loro memoria”.

Obama era stato introdotto da Dan Malloy governatore Connecticut: “Obama mi ha detto che il giorno più difficile della sua presidenza è stato venerdì, quando ha ricevuto la notizia di quel che era accaduto qui”. Il governatore è stato uno dei leader che hanno subito chiesto la messa al bando delle armi semiautomatiche da combattimento. Sarà questa una delle misure che Obama si appresta a decidere? Dopo la strage di Tucson (Arizona) del gennaio 2011 il ministero di Giustizia preparò un giro di vite sui controlli nelle armerie, per verificare se chi vuole comprare fucili e pistole abbia precedenti penali, malattie mentali, tossicodipendenze. Ma quei provvedimenti furono lasciati in un cassetto per timore di pagare un prezzo elettorale pesante.

Oggi forse la strage dei bambini di Newtown è il punto di svolta. Di certo Obama si è esposto e ha reagito di fronte ai tanti che lo chiamavano a dare prova di leadership. Nei prossimi giorni l’America che non crede nel culto delle armi giudicherà della serietà del suo impegno.

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