Sia chiaro, io non ce l’ho con i ricchi. Del resto sono certo che, anche tra i lettori di questo blog, ve ne siano non pochi che saliranno in cattedra a difenderli. E’ noto che i ricchi americani sono sicuramente encomiabili e migliori non solo dei ricchi nostrani ma anche dei poveri americani. Quindi, per evitare di essere tacciato di anti-americanismo, racconto qui, per sommi capi, quello che, contro i ricchi americani, scrive il più ricco degli americani. Lui è nientepopodimeno che Warren E. Buffett, Ceo della Berkshire Hathaway, una delle più potenti corporations della finanza americana. Il nostro si è arrabbiato dopo avere fatto un po’ di conti in tasca agli amici suoi, che lui, affettuosamente, chiama “quelli della mia gang”. Dice, all’esordio, che quest’anno, nella lista “The Forbes 400″ (cioè i 400 più ricchi d’America) si è raggiunto un record assoluto: un “tetto” di 1700 miliardi di dollari. I nomi non vengono fatti. Forse c’è anche il suo, chissà. Comunque il confronto con il 1992 dice molto: «Più di cinque volte i 300 miliardi di dollari che furono allora il tetto massimo».
Poi Warren, sempre più arrabbiato (ma mi domando perché, visto che sono amici suoi) fa un altro confronto. Nel 1992, scrive (“International Herald Tribune” del 26 novembre scorso) che i 400 redditi più alti degli Usa pagarono al fisco il 26,4% dei loro redditi, mentre nel 2009 hanno pagato solo il 19,9%. «E’ bello – commenta – avere amici in posti altolocati». Più o meno come da noi, qui in Italia, dove i ricchi le tasse le pagano così poco da avere accumulato circa 9 trilioni di euro in beni vari, senza tenere conto di quello, molto di più, che hanno fatto passare attraverso i paradisi fiscali (tutte cose che i governi di centrodestra e centrosinistra si sono ben guardati dal toccare, incluso il governo di centro-destra-centro-sinistra-dei-tecnici).
Gli amici della gang americana – rivela sempre il nostro riccone americano – hanno avuto un reddito medio di 202 milioni, il che equivale a uno “stipendio” di 97.000 dollari all’ora in una settimana lavorativa di 40 ore, “ipotizzando che siano pagati anche durante le ore dei pasti”, e magari anche mentre vanno a fare pipì, o a svagarsi con la segretaria. E conclude plaudendo alla proposta di Obama di costringerli a pagare almeno il 30% fino a 10 milioni di reddito, e il 35% per quelli che stanno sopra. Warren Buffett dice: fallo subito, picchia duro. Divertente, nevvero? Uno che legge queste cose si chiede: come mai Paperon de’ Paperoni diventa così socialmente avveduto? Forse è solo preoccupato della stupidità degli “amici della gang”. I quali, mentre il fiscal cliff incombe come una vendetta divina, continuano a voler spolpare l’osso fino all’ultimo filamento di carne (umana, s’intende).
Ora io devo dire che trovo simpatico Warren Buffett. Vorrei tanto che ce ne fosse, in Italia, almeno uno capace di fare questi conti. Non per solidarietà con i precari, con i giovani disoccupati, con la povera gente che cresce di numero ogni settimana. No. Semplicemente capace di capire che sta saltando il tappo. Quei 400 coglioni sono sicuri che se la caveranno comunque, con i loro aerei, i loro guardaspalle, con i loro miliardi. Pensano che, come i ricconi del film “2012”, riusciranno a salire sull’Arca di Noé fabbricata in Cina. Ma potrebbero sbagliarsi. E forse i ricconi cinesi l’Arca se la faranno per conto loro e la chiameranno Wang. Warren, da vecchio bucaniere ormai quasi in ritiro, sente il vento che gira.
(Giulietto Chiesa, “Usa, se i ricchi voglio pagare più tasse”, da “Il Fatto Quotidiano” del 24 dicembre 2012).
Nessun commento:
Posta un commento