L’ex
dittatore argentino, Jorge Videla, rivela le pesanti complicità
delle gerarchie ecclesiastiche con il regime militare. Intervistato
in carcere, ha fatto presente come l’allora nunzio apostolico Pio
Laghi e l’ex presidente della Conferenza episcopale di Argentina
Raul Primatesta, assieme ad altri vescovi, abbiano concretamente dato
al governo dei golpisti consigli su
come gestire l’uccisione dei desaparecidos.
Come
già emerso, la Chiesa cattolica fin dai primi anni del regime sapeva
delle brutali repressioni di
dissidenti. E mantenne rapporti stretti con i militari al potere. Ma
Videla conferma non solo questo, ma che la Chiesa offrì i suoi
“buoni uffici” al governo per informare della sorte atroce
dei desaparecidos esclusivamente
quelle famiglie che avessero scelto poi di non divulgare
pubblicamente i crimini e di interrompere le proteste.
Negli
incontri con i prelati, anche in episcopato, religiosi e militari si
accordavano persino per gestire le uccisioni dei desaparecidos,
in modo da minimizzare fughe di notizie. Tutti nuovi elementi che
confermano ulteriormente il lavoro di giornalisti come Horacio
Verbitsky, sulle connivenze pesanti tra Chiesa cattolica e regime
militare.
Ad
esempio, gli ufficiali che prendevano parte alla mattanza dei
detenuti politici si sarebbero consultati con le autorità
ecclesiastiche per ucciderli nella maniera “più cristiana e meno
violenta” possibile. Per la cronaca, la soluzione era un’iniezione
di penthotal per
sedare le vittime, che venivano poi buttate a mare da un aereo e che
quindi affogavano.
Un
capitano di marina, Adolfo Scilingo, che prendeva parte ai ‘voli
della morte’ turbato si rivolse ad un sacerdote. Il quale, citando
alcune parabole bibliche, sosteneva che i desaparecidos uccisi
così non avevano sofferto. Fu quindi concordato con la Chiesa questo
modo per somministrare una ‘dolce morte’ ai dissidenti. Perché
la fucilazione di migliaia di persone avrebbe destato le proteste del
papa. E gli imbarazzi di tutti quei prelati legati a doppio filo col
regime.
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