venerdì 30 novembre 2012

Nuovo Progetto "Trashware"


L'associazione Campagnano R@P ha avviato il nuovo progetto Trashware. Per incrementare questa attività abbiamo chiesto un finanziamento alla Chiesa Valdese con i fondi dell'otto per mille. (Siamo in attesa dell'esito)


Il trashware (contrazione dei termini inglesi trash, spazzatura e hardware) è la pratica di recuperare vecchio hardware, mettendo insieme anche pezzi di computer diversi, rendendolo di nuovo funzionante ed utile.  Parte integrante del trashware è l'installazione di software libero come , ad esempio il sistema operativo GNU/Linux,  per portare avanti lo spirito della libertà d'iniziativa.


Le finalità di questo progetto sono molteplici:
  • Ridurre al minimo il conferimento di vecchi PC in discarica
  • Concretizzare praticamente la teoria del riuso e del riciclo
  • Diffondere e promuovere il Software Libero
  • Contrastare il consumismo informatico imposto da Micro$oft
  • Mettere a disposizione dei PC liberi e validi tramite "donazioni" popolari
  • Tentare  di finanziare, tramite queste "donazioni", questa e altre attività

Il progetto si sviluppa in quattro fasi:
  1. Donazione di vecchi PC da tavolo o portatili all'Associazione
  2. Recupero dei componenti e assemblaggio di PC/portatili validi
  3. Installazione di una distribuzione GNU/Linux adeguata all'hardware
  4. Riconsegna, previa "donazione", dei PC/portatili liberi e validi a chi ne fa richiesta


** Anche la tecnologia ha i suoi limiti, per questo l'associazione accetta in donazione soltanto attrezzatura funzionante o prevalentemente funzionante e con requisiti di sistema uguali o superiori di quelli elencati di seguito: 
Processore: X86 500 MHz, RAM: 256 MB, Hardisk: 20/30 GB, Scheda video con risoluzione 640X480,   Lettore CD, Preferibilmente con scheda di rete già presente.  Nel caso in cui non foste a conoscenza delle precedenti caratteristiche accettiamo PC acquistati non prima del 2003.

Abbiamo già disponibili alcuni PC da tavolo e PC portatili 

Le false soluzioni del liberismo

Logo ControLaCrisi.org
I DOCENTI. Istruzione e sapere vengono demoliti da 30 anni. E questo non è un affare privato Il disastro della scuola italiana è iniziato molti anni fa, almeno una trentina, da quando progressivamente l'istruzione ha perso interesse presso l'opinione pubblica. Ma è nell'ultimo decennio che il durissimo attacco, politico e sindacale, si è accompagnato ad una martellante attività di delegittimazione. Dalle disastrose iniziative della ministra Moratti, alla ineffabile leggerezza con cui la Gelmini, auspice Tremonti, ha tagliato d'un colpo 8 miliardi (si parla di 150.000 posti di lavoro in meno) all'istruzione, che per le ministre non è più «pubblica». 
Mentre le iniziative «cattive» nelle finanziarie avevano il solo intento di risparmiare, fiorivano anche le «buone» iniziative riformatrici e poiché ogni parlamentare ha l'ambizione di legare il proprio nome a una legge, niente di meglio che un'epocale riforma della scuola. Dunque la sig.ra Aprea (speriamo non si offenda per il «signora»), aveva immaginato una scuola molto «smart», in cui ciascun istituto fa per sé, dal finanziamento al reclutamento dei docenti. 

L'Onu dice sì alla Palestina


L'Onu dice sì alla Palestina
La Palestina è Stato non membro osservatore permanente. 138 voti a favore, 9 contrari, 41 astensioni.
L'Europa si è divisa, l'Itali a votato a favore, la Germania si è astenuta: 14 si, 12 astenuti e un no. Ecco uno specchietto del voto europeo: SI: Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Spagna, Svezia. ASTENUTI: Bulgaria, Estonia, Germania, Gran Bretagna, Ungheria, Lettonia, Lituania, Olanda, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia. NO: solo la Repubblica Ceca.
Il sì italiano - dopo che era sembrata scontata l'astensione - è stato motivato con la necessità di sostenere «l'approccio costruttivo del presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen sulla ripresa senza condizione dei negoziati»: così l'ambasciatore Cesare Maria Ragaglini, rappresentante permanente al Palazzo di Vetro, intervenendo davanti all'Assemblea Generale.
I nove no alla risoluzione dell'Onu non hanno riservato sorprese. Hanno votato contro Stati Uniti, Israele, Panama, Palau, Canada, Isole Marshall, Narau, Repubblica Ceca e Micronesia.
Il presidente dell'ANP, Mahmoud Abbas, ha parlato di fronte ai 193 Stati membri delle Nazioni Unite per chiedere il riconoscimento della Palestina come Stato non membro osservatore permanente: "Chiediamo all'Onu di rilasciarci il certificato di nascita, come fece 65 anni fa con Israele".
Mentre il premier israeliano Netanyahu minaccia: "Lo Stato di Palestina passa obbligatoriamente per il riconoscimento da parte palestinese di Israele come Stato ebraico".
Come si è arrivati al voto, nella diretta da Nena News.

L’Italia spende troppo per la sanità? Neppure per sogno, ecco i dati

da keynesblog, 29 novembre 2012

Numeri, dati, fatti. E’ da questi che dovrebbe partire non solo la scienza economica ma anche i politici e i professori di economia prestati alla politica. Eppure raramente è così. Secondo Mario Monti il sistema sanitario italiano non è sostenibile. Eppure i dati dicono che non spendiamo affatto più degli altri, anzi. E dicono anche che paesi dove si è provveduto a privatizzare la sanità fanno peggio di noi in termini di spesa totale e anche di componente pubblica della spesa.

Questo grafico mostra la spesa pubblica (in azzurro scuro) e privata (in azzurro chiaro) pro capite nell’anno 2009 nei paesi OCSE, in dollari USA a parità di potere d’acquisto.
Si può notare come la spesa pubblica pro capite italiana in sanità sia appena superiore alla media OCSE, notevolmente inferiore a quella di Germania, Francia e Regno Unito e, soprattutto, inferiore a quella degli USA. Quest’ultimo dato potrebbe sorprendere, ma non dovrebbe, se si considera che gli Stati Uniti hanno un sistema di assicurazione sanitaria pubblica ma che passa attraverso i privati per fornire i servizi, realizzando così il “peggio di entrambi i mondi” e non riuscendo neppure ad assicurare la copertura universalistica tipica del welfare sanitario europeo.

Rodotà: “Libertà e diritti non sono negoziabili”

I casi Ilva e Fiat, i partiti e la politica, Berlinguer e Croce, libertà e democrazia. Di tutto questo e altro ancora parla Stefano Rodotà, di cui è appena uscito il nuovo saggio “Il diritto di avere diritti” (Laterza). Richiamandosi alla "straordinaria forza e attualità della Costituzione italiana", il giurista rifiuta l’emergenza permanente, perché i diritti – ci ricorda – a partire da quello alla salute, non possono essere sacrificati impunemente alla logica di mercato. 
colloquio con Stefano Rodotà di Rossella Guadagnini

In un Paese in cui “le disuguaglianze sono divenute ormai insopportabili” e dunque vige la legge del più forte o, a seconda, del più preminente, del più affluente, del più ammanicato, che significa garantire a tutti gli stessi diritti? Lo abbiamo chiesto a Stefano Rodotà, costituzionalista, professore emerito di Diritto civile all’università La Sapienza di Roma, tra gli autori della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali e del Gruppo europeo per la tutela della privacy, deputato indipendente nelle liste del Pci e Pds, vicepresidente della Camera, oggi autore di un saggio per Laterza, da poco in libreria, significativamente intitolato con un’espressione di Piero Calamandrei “Il diritto di avere diritti” (pagg. 433, euro 20). Richiamandosi alla Costituzione italiana, Rodotà ci risponde che “la libertà non è negoziabile, così come avviene per i diritti”. Sono, i nostri, anni di “grande riduzionismo” in cui si sente il bisogno diffuso di avere dei “grandi principi di riferimento”.

Professor Rodotà ritiene che oggi, passato il ventennio berlusconiano, ci sia un’opportunità in più per aprire una nuova stagione all’insegna dei diritti e dei beni comuni? 

giovedì 29 novembre 2012

I sindaci si ribellano ai tagli di Monti: "Piuttosto tagliate la spesa per cinque F 35"

"Stop ai tagli lineari previsti dalla spending review. Revisione del patto di stabilita' e dell'Imu. E per coprire i mancati risparmi statali derivanti dalle proposte dei comuni una sforbiciata di almeno 5 caccia bombardieri F-35, un intervento di tipo patrimoniale sui grandi patrimoni e un maggior prelievo sul gioco d'azzardo". Queste le proposte arrivate quest'oggi a palazzo Chigi dall'Anci, che ha riunito il suo ufficio di presidenza.
Quello che i sindaci propongono al Governo non è solo una lista della spesa ma un rivoluzione a trecentosessanta gradi della “filosofia” attraverso la quale si sta mettendo mano ai tagli di bilancio. Insomma, nessuna concessione alla finanza derivata e applicazione del principio dell'autonomia e della responsabilita' per i Comuni. Gli interventi sulla spending review per il 2013 e sul patto di stabilita', se lasciati cosi', dicono i sindaci, incideranno sulla carne viva dei servizi. Se la spending review sara' interpretata come un taglio lineare, il risultato sara' chiudere i servizi o inasprire la pressione fiscale sui cittadini, che e' gia' al massimo. “Nessuno vuole assumersi questa responsabilità evidentemente. Si determinera' cosi' una pericolosa e grandissima caduta del livello dei servizi mentre il funerale dello stato sociale e' stato gia' celebrato". I tagli, continua l’Anci, "si sommano a quelli che i comuni hanno gia' subito".

Sapelli: lavoro, non profitto. E bastano tre ore al giorno

Giulio Sapelli
Tre ore di lavoro al giorno? «Sono più che sufficienti», purché si tratti di «lavoro liberato» dalla schiavitù del profitto. Giulio Sapelli concorda con Keynes: ridurre l’orario di lavoro è possibile, eccome. «E sarebbe una grande liberazione». Parola d’ordine: cooperazione, al posto dell’attuale – fallimentare – competitività. Sembra l’annuncio di morte del capitalismo moderno, dopo oltre due secoli di industria. Lo pronuncia, senza imbarazzi, uno dei maggiori storici italiani dell’economia: professore alla London School of Economics e poi a Barcellona, Sapelli è un big di prima grandezza nel panorama economico e finanziario italiano: già consulente dell’Olivetti e consigliere di amministrazione dell’Eni, è stato presidente della fondazione del Monte dei Paschi di Siena e membro del Cda di Unicredit. Rappresentante per l’Italia di Transparency International, organizzazione che lotta contro la corruzione economica, dal 2002 è tra i componenti del World Oil Council e dal 2003 fa parte dell’International Board dell’Ocse per il settore no-profit.
Ultimamente, Sapelli attacca in modo frontale gli economisti di scuola “neoclassica”, come Mario Monti. «Non condivido la loro ossessione per i mercati in equilibrio», spiega Sapelli a Luigi Chiarello, in un’intervista rilasciata a “Italia Oggi” e ripresa da “Megachip”. Per il professore, che attualmente insegna all’università di Milano e collabora con il “Corriere della Sera”, i “mercati in equilibrio” semplicemente «non esistono». Agli economisti “neoclassici”, Sapelli contesta anche il fatto che, secondo loro, il sistema dei prezzi dia avvisaglie sulle crisi in arrivo, tanto sul fronte industriale quanto sul versante finanziario. Invece: «L’esperienza di oggi, e del passato, ci dimostra che non è vero. Che non ci sono mercati in equilibrio». Altro capo d’accusa: l’ossessione dei montiani per il debito pubblico. «L’economia – sostiene Sapelli – è governata soprattutto dalle leggi della produzione, piuttosto che da quelle della distribuzione». Inoltre, «non è la moneta che fa la circolazione del capitale, ma, al contrario, è la circolazione del capitale che fa la moneta. Dunque, il problema non è mai il debito pubblico, ma la quantità di stock accumulato: che, in termini popolari, si chiama Pil. Prodotto interno lordo».

Patto militare Italia-Israele. Un accordo scellerato e illegale


Patto militare Italia-Israele. Un accordo scellerato e illegale
Mentre Israele continua le aggressioni contro il popolo palestinese e la Siria e si prepara a bombardare l'Iran, il governo italiano incrementa la collaborazione militare con Tel Aviv.


Il Medio oriente è in fiamme. La Siria è in ginocchio, migliaia di profughi fuggono in Libano, in Turchia, in Giordania. Tel Aviv mobilita le forze terrestri, aeree, navali. Minaccia d’intervenire in Golan e di lanciare i suoi missili e i suoi caccia contro decine di “obiettivi strategici” in Iran. Intanto cannoneggia la striscia di Gaza e schiera carri armati e blindati alla frontiera con il Libano. Scenari di guerra che non sembrano intimorire più di tanto le forze politiche e il governo italiano. Quest’ultimo, anzi, trova pure il tempo d’inviare a Gerusalemme una delegazione d’eccezione, il premier con sei ministri, per il terzo summit intergovernativo in meno di due anni. Per rafforzare la partnership politica e militare e moltiplicare affari e scambi commerciali. Il comunicato ufficiale emesso lo scorso 25 ottobre è come sempre laconico. “In occasione del vertice Italia-Israele, al quale ha partecipato il Presidente del Consiglio, Mario Monti, il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha incontrato il suo omologo dello Stato di Israele, Ehud Barak. A conferma dei solidi rapporti di amicizia e di collaborazione esistenti tra i due Paesi, sono stati approfonditi i temi inerenti alla cooperazione industriale nel settore della Difesa”.

Fornero contro i giovani: "oggi sono viziatelli"

Fornero contro i giovani: "oggi sono viziatelli"Il ministro Fornero odia i giovani, lo sapevamo. E per questo è costretta ormai a fare interventi solo il luoghi protetti dalle contestazioni. Ma non perde il vizio di provocare.

Leggiamo dall'Huffington Post:

- Il Ministro del Lavoro e delle Pari Opportunità Elsa Fornero, sembra passare più tempo in tournè in giro per l’Italia alle varie presentazioni e convention ad offendere i giovani disoccupati, che al Ministero a creare lavoro. Questa volta la Fornero alla presentazione del libro di Antonio Polito “Contro i papà - Come noi italiani roviniamo i nostri figli”, presso l’Associazione stampa estera di Roma, ha dichiarato, prendendo spunto dal libro che: “Se anche non bisogna generalizzare ci sono tra i precari i figli di papà”. 
Dopo aver definito i giovani di oggi un pò choosy, e dopo le innumerevoli gaffe di cui si è resa protagonista in un anno di governo tecnico illegittimo, punta il dito di nuovo sui giovani, sulla generazione spezzata, definendoli questa volta viziatelli. Lasciandoci cosi, tutti nuovamente scioccati di fronte a tanta arroganza e impertinenza, con le sue dichiarazioni inaccettabili e offensive.
Per il Ministro Fornero i giovani: "Prendono solo pezzi e bocconi del mercato del lavoro” e continua affermando che i giovani non hanno pazienza, in quanto, cito testuali parole “ Non è che entri in azienda e diventi manager”.

Fumo, i colossi del tabacco condannati a chiedere scusa: “Bugie sui rischi”

Per ordine del giudice distrettuale degli Stati Uniti, Gladys Kessler, dovranno pagare una campagna pubblicitaria per due anni per ammettere che hanno sempre mentito sui pericoli delle sigarette per la salute. Le aziende dovranno confessare ai cittadini di averli ingannati.

Sigarette

“Siamo stati bugiardi”. Lo dovranno diffondere, per ordine di un giudice, per due anni su tutti i media le compagnie che producono sigarette. Per decenni hanno taciuto i rischi del fumo ben consapevoli dei danni che invece provocava sulla salute. Adesso i colossi del tabacco dovranno confessare ai cittadini di averli ingannati, pagando di tasca loro una campagna di comunicazione in cui fare mea culpa sui pericoli delle sigarette.

Arbitro Parziale

La procura di Taranto ha posto sotto sequestro l'Ilva locale accusando titolari e dirigenti di «ridimensionare problematiche anche gravi in materia ambientale», per consentire allo stabilimento «la prosecuzione dell'attività produttiva senza il rispetto, anzi in totale violazione e spregio», delle norme di tutela ambientale. Come risposta ai giudici intransigenti e ai padroni senza vergogna i lavoratori hanno occupato la fabbrica; come per dire, ancora una volta, «la fabbrica è mia, sono infatti io a viverci e a morire».

Tromba d'aria sull'Ilva: la nuvola di fumoilmanifesto.it g.ragozzino
A questo punto, per ristabilire l'ordine delle cose è entrata in gioco la natura, con la sua ben nota imprevedibilità per menti umane, utilizzando un suo effetto fragoroso non abituale in Italia e nel bacino del Mediterraneo: la tromba d'aria. E così, mentre era al comando di una gru, crollata giù dal pontile in mare, un operaio, ora dato per disperso, è l'unica vittima nota della tromba d'aria.
Un primo punto da considerare è che il caduto svolgeva, lavorando a quaranta metri dal suolo, un'attività di carico e scarico, di quelle a carattere produttivo che il magistrato aveva esplicitamente escluso. Egli faceva quello che gli era stato detto di fare. La gru, dicono gli operai, era vecchia di trent'anni. Funzionava ancora bene, era corretto non averla sostituita? Qual era la sua manutenzione?
L'accusa di investimenti assai esigui nella fabbrica dell'acciaio che viene generalmente rivolta alla direzione e alla proprietà, potrebbe trovare un'ulteriore prova nella gru caduta in mare. La tromba d'aria è poi andata a sfogarsi verso Statte, un paese prossimo all'impianto siderurgico e poi verso nord, verso Bari. Ma fermiamoci a Statte, dove tra molte distruzioni, simili e diverse da quelle causate all'acciaieria, la tromba ha infierito su una scuola. Molto spavento, nove bambini feriti, in modo apparentemente non grave.

Afghanistan - Gino Strada: "Tanta gente da curare mentre la pace è ancora lontana"

Il fondatore di Emergency è tornato in Afghanistan. "Ogni mese aumentano i ricoverati e la situazione è drammatica". Per proseguire l'attività c'è bisogno di risorse. Attentati ed esplosioni quasi quotidiani. Da 13 anni sono 3.269.901 le persone assistite. "I politici italiani e di tutto il mondo vengono qui, si fermano nelle basi militari, poi vanno via dicendo che va tutto bene. Non vedono cosa accade nel Paese"

repubblica.it di PIERA MATTEUCCI  "I politici italiani in visita non sanno cosa accade davvero". Dal dicembre 1999 fino alla fine di marzo di quest'anno, sono 3.269.901 le persone assistite da Emergency, negli ospedali e nei 35 posti di primo soccorso e centri sanitari allestiti in tutto lo Stato. Un'attività vasta e complessa, resa ancora più complicata dalle difficoltà economiche e da un clima tutt'altro che pacifico. "La preoccupazione cresce di giorno in giorno - dice Strada - non solo la nostra, ma anche quella del presidente Hamid Karzai, del ministro dell'Interno e di tanti rappresentanti politici che ho incontrato in questi giorni. Negli ultimi dieci anni di guerra, che molti preferiscono chiamare pace, la situazione in Afghanistan è notevolmente peggiorata. Molti politici internazionali, anche italiani vengono qui, ma si fermano solo nelle basi militari. Poi vanno via, dicendo che va tutto bene. Non visitano veramente il Paese, per rendersi conto di com'è la reale situazione e di come si vive qui".

mercoledì 28 novembre 2012

Genitori convocati dai servizi sociali per i figli Notav. Locatelli (Prc): Vergognoso episodio di intimidazione

“Sono cose dell’altro mondo o più precisamente, come dice una delle dirette interessate, cose che richiamano alla memoria le dittature dell’America Latina negli anni ’80”, così commenta Ezio Locatelli, segretario provinciale Prc di Torino, il gravissimo episodio che vede coinvolte, loro malgrado, alcune famiglie chiamate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni del Piemonte e della Valle D’Aosta a rispondere della partecipazione di tre loro ragazzi ad un normalissimo presidio-volantinaggio No Tav svoltosi a Susa il 28 settembre. La convocazione è avvenuta questa mattina per tramite i servizi sociali di un comune della Val di Susa. Secondo Locatelli “l’iniziativa ha un chiaro sapore intimidatorio frutto di una visione e una cultura incompatibile con il diritto di parola e di pensiero sancito dalla nostra Costituzione. Tanto più che nel caso specifico ci troviamo di fronte a manifestazioni di impegno civile di cui andare fieri. La verità è che nella Val di Susa militarizzata ogni pretesto è buono per reprimere il diritto della popolazione a professare la propria contrarietà a un’opera – la linea di alta velocità Torino Lione - distruttiva di un territorio e di una comunità. Sia chiaro: questo episodio gravissimo, vergognoso d’intimidazione non può che accrescere la ferma opposizione a scelte politiche distruttive di territorio e di democrazia”.

Modello Tav, il debito che piace ai tecnici

Dietro l'alta velocità si nasconde un meccanismo di privatizzazione dei profitti e di socializzazione delle perdite. A pagare gli ingenti costi infatti sono i cittadini, a testimoniarlo la Corte di Cassazione la quale ha decretato che i "debiti" del Tav verranno pagati dalle generazioni future fino al 2060.

di Francesca De Benedetti 

Privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite, il sistema Tav docet. Nel silenzio generale dei media mainstream. E se per i “tecnici” ridurre il debito corrisponde a ridurre la spesa pubblica attraverso il dimagrimento o persino lo smantellamento dello Stato sociale, per sfatare la convinzione tacita e diffusa che rigore significhi sottrazione al pubblico e alla sua dimensione occorre parlare proprio del Tav. 

Una scelta che potrà stupire, in un contesto in cui la rappresentazione sociale veicolata dai media relega spesso al silenzio questo tema, e in ogni caso predilige le chiavi semantiche e interpretative della “violenza”, della “tensione”, lasciando spazio comunque più alle azioni che alle ragioni. Nel caso del Tav e dei movimenti ad esso contrari – ma anche nel caso di altre manifestazioni di contestazione che avvengono in Italia quanto in Grecia e altrove – la stampa ci consegna la realtà (semmai decide di raccontarla) attraverso il linguaggio della violenza, con modalità di manipolazione dell’informazione non molto dissimili da quelle già riscontrate negli anni Settanta. L’altra faccia della realtà arriva perciò attraverso la controinformazione, oggi come ieri, e oggi soprattutto grazie alla Rete.

L'Italia è pronta a nuove guerre "umanitarie"


L'Italia è pronta a nuove guerre "umanitarie"
Grave decisione del Consiglio Supremo di Difesa presieduto da Napolitano e con la partecipazione del premier Monti. L'Italia è pronta a nuove guerre e missioni militari. "Ce lo chiede l'Europa".
"L' Italia è pronta a dare il suo contributo anche in nuove missioni militari decise dalla comunità internazionale. Lo ha stabilito il Consiglio supremo della Difesa che stamani si è riunito al Quirinale presieduto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Presenti il premier Mario Monti e i ministri interessati.
"Ribadita la validità e l’opportunità del processo di riqualificazione e razionalizzazione del nostro impegno nelle missioni internazionali, già da tempo avviato in linea con i più stringenti vincoli di bilancio, si è convenuto – spiega una nota della Presidenza della Repubblica – sull’esigenza che le Forze Armate italiane restino comunque pronte a fornire nuovi contributi ad interventi militari della Comunità Internazionale, qualora se ne evidenziasse la necessità". 

Cancellieri: “il numero identificativo per gli agenti? Non è fattibile”


Cancellieri: “il numero identificativo per gli agenti? Non è fattibile”
Rendere identificabili gli agenti in servizio di ordine pubblico con un codice alfanumerico? Non è fattibile. Ad affermarlo la Ministra Cancellieri durante un incontro con i sindacati di Polizia.

Nei giorni scorsi, sotto l’onda della vasta indignazione suscitata dalle botte gratuite e dalla caccia al ragazzino per le vie del centro di Roma dopo le pesanti cariche contro gli studenti del 14 novembre, la ministra Cancellieri aveva detto che "se ne poteva discutere".

Si riferiva alla richiesta, avanzata da studenti, associazioni per i diritti umani, intellettuali ed esponenti politici, di rendere identificabili gli agenti in servizio di ordine pubblico tramite una placca con un codice alfanumerico da portare sulla divisa. Una ‘apertura’ che alla Cancellieri era costata le durissime critiche da parte dei sindacati di Polizia di destra centro e ‘sinistra’, che si erano detti delusi dalle dichiarazioni del ministro e lasciati soli.

Monti: sanità senza soldi. Staccheremo la spina ai malati?


MontiVia gli ospedali: costano troppo. E i malati? Pazienza, si arrangino. Chi se lo può permettere, si rivolgerà a cliniche private. Neppure i peggiori tangentocrati del passato erano mai arrivati a tanto: minacciare di chiudere il servizio sanitario nazionale, per presunta mancanza di fondi, è l’ennesimo record del salvatore della patria spedito a Palazzo Chigi direttamente dalla Goldman Sachs, dai Bilderberg e della Trilaterale, col placet di Napolitano, di Bersani e degli altri candidati alle primarie del centrosinistra. Presto, dichiara testualmente Monti il 27 novembre 2012, non sarà più possibile garantire la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario nazionale. Spaventato dalle immediate reazioni suscitate («Se vuole privatizzare la sanità, lo dica», avverte Susanna Camusso della Cgil), il professore tenta di smentirsi in capo a una manciata di minuti: non è a rischio la sostenibilità finanziaria, si contraddice il premier, ma – aggiunge – è necessario trovare altre modalità per sostenere i costi della sanità pubblica.
Mario Monti, «lo stalinista americano venuto per distruggerci», per dirla con Giulietto Chiesa. Dopo l’attacco frontale al lavoro e alle pensioni, insieme alle tante “patrimoniali sui poveri” varate a suon di tasse, ecco l’affondo finale contro il cuore del welfare italiano: il sistema sanitario nazionale, considerato il primo in Europa – per qualità e capillarità territoriale – al pari di quello francese. Nonostante gli infinti scandali e le croniche magagne, gli ospedali continuano a far gola a chi li vorrebbe privatizzare, tagliando servizi per moltiplicare profitti. Il gioco va avanti da decenni, con politici infedeli che dirottano fondi per degradare il servizio, esternalizzarne interi settori e spingere i cittadini esasperati verso strutture private, che per la diagnostica garantiscono tempi celeri. Ma solo Mario Monti è arrivato, anche in questo campo, a intimidire e minacciare direttamente la comunità nazionale italiana: il diritto alla salute, sancito dalla Costituzione, non sarà più garantito. Grazie, naturalmente, al solito alibi contabile: “non ci sono più soldi” è la versione sanitaria del “lo vuole l’Europa”, che poi è esattamente la stessa cosa.

14° Rapporto sulla spesa pubblica…la Controfinanziaria 2013


Presentato  a Roma,  presso la Fondazione Basso in via della Dogana Vecchia 5, il XIV Rapporto su: “Come usare la spesa pubblica per i diritti, l’ambiente, la pace”.
Il Rapporto di quest’anno, 186 pagine di proposte, analisi, soluzioni e idee concrete per uscire dalla crisi salvaguardando i diritti – oltre ad analizzare criticamente le politiche del governo italiano e di Unione e Commissione europea – formula ben 94 proposte specifiche e dettagliate (in una “manovra” da 29 miliardi di euro) sia per le entrate e per le uscite, che per le riduzioni della spesa pubblica come gli stanziamenti per la Difesa o le “grandi opere”.
La filosofia del Rapporto di quest’anno è opposta a quella delle politiche neoliberiste e di “austerity”: per fronteggiare la crisi bisogna investire nel rilancio dell’economia, nella redistribuzione della ricchezza e in un nuovo modello di sviluppo sostenibile e di qualità. Per far crescere la torta bisogna prima fare delle fette più eque per tutti. È ora che i mercati finanziari, i rentiers e le banche si facciano da parte.

Vodafone in sciopero

sciopero! sciopero! sciopero!I sindacati delle Telco proclamano uno sciopero contro i licenziamenti individuali avvenuti a Bologna e Napoli.


Vodafone, attuando quanto è previsto dalla riforma Fornero dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ha licenziato individualmente per motivi economici alcuni lavoratori delle sedi di Bologna e Napoli. I sindacati hanno ricorso contro il provvedimento presso il Ministero del Lavoro ma il tentativo di conciliazione non ha portato all'annullamento dei licenziamenti.
Fistyel-Cisl, Slc-Cgil e Uilcom-Uil hanno proclamato 2 ore di sciopero dei lavoratori Vodafone il 4 dicembre.
Per abolire la riforma dell'art.18 dello Statuto è stata indetta una raccolta di firme, tuttora in corso presso i Comuni italiani, per chiedere un referendum abrogativo.

Regionali, respinto il ricorso Polverini si va al voto entro il mese di gennaio

Il Consiglio di Stato ha confermato integralmente la sentenza del Tar del Lazio che imponeva alla governatrice di indire le elezioni entro cinque giorni, pena la nomina di un commissario da parte del ministero dell'Interno.

repubblica.it di MAURO FAVALE Il Lazio deve andare "subito" al voto, nel periodo "tecnicamente più vicino possibile". Il Consiglio di Stato conferma "integralmente" l’impianto della sentenza del Tar e boccia il ricorso di Renata Polverini. Lei, la presidente, aveva annunciato le sue dimissioni dalla Regione Lazio ormai più di due mesi fa - dall'addio sotto i riflettori per lo scandalo dei consiglieri del Pdl e dei tanti fondi pubblici spariti e spartiti sono trascorsi 62 giorni - ma da allora la Polverini non ha mai lasciato davvero l'incarico, nè ha indetto le nuove elezioni nonostante pressanti richieste dai partiti d'opposizione, dai movimenti dei cittadini e dalle associazioni imprenditoriali. Ora sono intervenuti definitivamente i giudici.
Fatti salvi i 45 giorni di campagna elettorale, i residenti del Lazio, dunque, dovrebbero essere chiamati alle urne nella seconda metà di gennaio, al massimo la prima domenica di febbraio, sganciandosi, così, dal destino di Lombardia e Molise, le altre due Regioni chiamate a rinnovare giunta e consiglio.
Esulta l’avvocato Gianluigi Pellegrino che aveva presentato il ricorso per il Movimento di difesa del cittadino: "È una grande vittoria dello Stato di diritto".
Il risultato in qualche modo disattende il percorso segnalato dal governo su indicazione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. La governatrice dovrà entro i prossimi 5 giorni indicare la data del voto che, a questo punto, con tutta probabilità, non potrà essere più il 10 e 11 marzo.

La Camera riconosce i figli naturali. "Atto di civiltà, mai più figli e figliastri"

La modifica al codice civile approvata dalla Camera riconosce pieni diritti ai figli nati fuori dal vincolo matrimoniale. Ora il legame di parentela si estende integralmente alle famiglie dei genitori anche se hanno contratto un nuovo matrimonio.

ROMA - L'aula della camera ha dato il via libera al testo unico che eguaglia i diritti dei figli naturali a quelli dei figli legittimi, ovvero nati all'interno del matrimonio. Il disegno di legge - passato con 366 favorevoli, 31 contrari, 58 astenuti - è stato approvato in terza lettura dall'aula di Montecitorio.
Passato senza modifiche, dopo i cambiamenti apportati dal Senato, il provvedimento approvato diventa legge. Sul testo alcuni gruppi avevano lasciato libertà di coscienza.
Le novità - La legge sui figli naturali è composta da 6 articoli e modifica il codice civile con l'obiettivo di eliminare le distinzioni tra status di figlio legittimo e status di figlio naturale. Da adesso il vincolo di parentela sussisterà tra le persone che discendono da un medesimo stipite, indipendentemente dal carattere legittimo o naturale della filiazione, in modo da consentire la creazione di rapporti di parentela tra il figlio naturale e la famiglia del genitore. Il riconoscimento quindi non esercita effetti soltanto per il genitore che l'ha effettuato, ma estende la propria efficacia anche sui parenti del genitore stesso. In questo modo, in caso di morte dei genitori, i bambini potranno essere affidati ai nonni e non dati in adozione.

Blitz al Senato, salta la delega fiscale



Torna in commissione. Squinzi: clima pre-elettorale, ma è una riforma chiave Ceriani: vogliono mani libere per il voto. Poi il sottosegretario si corregge

Se dovesse saltare la delega fiscale, le misure già previste e che non vedranno mai la luce non sono di poco conto. Si va dalla riforma del catasto che, pur assicurata l'invarianza di gettito, dovrà aggiornare i valori degli immobili a quelli reali, al contrasto di interessi con la possibilità di detrarre dalla denuncia dei redditi gli scontrini, la revisione delle agevolazioni fiscali, il tutoraggio per le imprese, l'esclusione dalla nuova Iri per i professionisti, nuovo statuto dei contribuenti, le semplificazione per imprese e cittadini. E anche l'accorpamento delle agenzie fiscali.

corriere.it ROMA - Slitta la delega fiscale (che torna in commissione) e avanzano a fatica il decreto sulla crescita, la legge di Stabilità e gli altri cinque decreti ormai in scadenza. Il rischio ingorgo al Senato paventato giorni fa martedì è diventato sempre più concreto e si muove in simmetria con la fibrillazione politica dentro la maggioranza. Nel centrosinistra per le primarie, nel centrodestra per la crisi da leadership. Su tutto incombe il movimento trasversale dei sindaci e dei governatori dolorosamente tosati dalla spending review che domani terranno una conferenza straordinaria per valutare le reazioni da mettere in campo dopo gli incontri che in queste ore stanno avendo con i senatori della maggioranza. Mentre si scopre che il peso della manovra 2013-2015 impostata con la legge di Stabilità, dopo l'esame alla Camera, è salita di 8,9 miliardi di euro passando a 40,2 miliardi, piccole modifiche vedono la luce dentro il provvedimento sulla crescita. In commissione Industria è stato dato il via libera al «mobile ticketing», cioè la possibilità di acquistare i biglietti dell'autobus dal proprio telefonino. Sì anche ad un emendamento che prevede l'obbligo dell'uso «esclusivo» di pneumatici da neve in determinate condizioni atmosferiche.

Violenza contro le donne e controrivoluzione antifemminista

In Italia, ogni tre giorni una donna muore a causa della violenza di un maschio, che nella stragrande maggioranza dei casi è il compagno, il marito, il fidanzato.


micromega | Autore: Maria Mantello
Nel 2007 l’importante rapporto nazionale promosso dall’allora Ministro per i diritti e le pari opportunità, on. Barbara Pollastrini, ci forniva dati dettagliati sul femminicidio italiano, che ancora oggi continua a consumarsi nel “sacro focolare domestico”. Rogo per le nuove “streghe”, colpevoli di non voler obbedire agli schemi sessisti in cui si vorrebbero ancora ingabbiate le donne: femmine di consumo e di servizio. Donne obbedienti, sottomesse al feroce maschilismo di ritorno che arriva a ottenebrare le menti di maschi assassini la cui unica legge è il sopruso, la violenza; espressione del più becero patriarcale controllo sulle donne di cui violano e deturpano il corpo, per lasciare il segno tangibile del loro possesso.
Un maschilismo che dichiara guerra alle donne da “rimettere in riga” nella controrivoluzione antifemminista che avanza. Un maschilismo alla ricerca di un risarcimento per la sua irreversibile perdita di supremazia. E per questo più feroce contro la nuova antropologia di donna non più inferiore e suddita, ma proprietaria della sua vita. Una emancipazione femminile che ha permeato la società, ma che senza il femminismo non ci sarebbe mai stata.

martedì 27 novembre 2012

Lago di Vico, la “Chemical city” è una bomba ecologica

La Chemical City, definita così dall’intelligence inglese negli anni ’40, è una zona militare a poche decine di metri dal lago di Vico, in provincia di Viterbo. Si tratta di uno dei più importanti bunker fascisti di produzione di armi chimiche: iprite mescolata ad arsenico, fosgene, admsite.

ilfattoquotidiano.it di Daniele Camilli e Daniele Piovino

 Un Magazzino Materiali di Difesa NBC (Nucleare, Batteriologico, Chimico) rimasto per decenni nell’ombra. Fino al 1996, quando – durante la prima operazione di bonifica condotta nel più assoluto segreto – un ciclista venne investito da una nube tossica fuoriuscita dal centro chimico, svelando a tutta la popolazione, fino ad allora ignara, la dimensione del problema. Negli anni successivi le autorità militari hanno più volte affermato che le operazioni di bonifica si sono concluse nel 2000, ma indagini condotte lo scorso 15 ottobre hanno evidenziato in alcuni punti concentrazioni di arsenico e altri metalli pesanti anche trenta volte superiori alla soglia di contaminazione. Oggi, 27 novembre, squadre militari specializzate procederanno allo scavo della zona militare. Chiuse strade provinciali e comunali, sgomberati tutti i fabbricati e divieto assoluto di navigazione nel raggio di 1 km dal punto in cui si andrà ad operare. 

L'Ilva chiude, cinquemila operai a rischio licenziamento

L'annuncio dell'azienda dopo gli arresti dei Riva e di altri dirigenti. Nelle carte spunta anche il nome di Vendola. I sindacati chiedono ai lavoratori di recarsi comunque negli stabilimenti. L'accusa a proprietà e management: associazione a delinquere per perpetrare l'inquinamento. Il ministro Clini lascia intendere la possibilità di un intervento del governo.

ilmanifesto.it Gianmario Leone
 Era solo questione di tempo. Perché il nuovo terremoto giudiziario che ieri ha colpito l'Ilva e la città di Taranto, era stato ampiamente anticipato dalla magistratura tarantina nello scorso mese di agosto. Con il gruppo Riva che nella tarda serata di ieri ha annunciato la chiusura del sito di Taranto e di tutti gli stabilimenti da esso riforniti: Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica. L'azienda ha anche disposto la sospensione di tutte le attività lavorative negli impianti che non sono sottoposti a sequestro giudiziario, a partire dal turno serale di ieri, con i sindacati che invece hanno invitato gli operai a recarsi sul posto di lavoro, anche per quanto concerne il turno di questa mattina. 
La decisione colpirebbe oltre 5000 operai, mentre oggi pomeriggio è previsto un nuovo incontro tra direzione e sindacati per fare il punto su una situazione che rischia di precipitare definitivamente da un momento all'altro. La dura presa di posizione dell'azienda è scaturita dopo l'operazione scattata ieri denominata «Envinronment sold out», che ha visto impegnati i militari del comando provinciale della Guardia di finanza di Taranto che hanno eseguito a Taranto, Milano, Roma, Pisa, Bari e Varese, sette ordinanze di arresto firmate dai gip Vilma Gilli e Patrizia Todisco. 

lunedì 26 novembre 2012

L’Italia si scopre in marcia verso il feudalesimo

121126marxil Fatto Quotidiano di Giorgio Meletti
 Non è uno scherzo, come non lo è l’accordo che le parti sociali hanno firmato mercoledì scorso a palazzo Chigi. Il punto 7 rimette indietro di 150 anni le lancette della storia: “Le parti ritengono necessario che la contrattazione collettiva si eserciti, con piena autonomia, su materie oggi regolate in maniera prevalente o esclusiva dalla legge”. I sindacati ottengono di vedersela con i padroni, liberamente, senza che la forza della legge intralci il libero dispiegarsi dei rapporti di forza su materie come l’orario di lavoro e il cosiddetto demansionamento, che oggi il codice civile semplicemente vieta.

Lo scoop di Karl Marx
Questa storia l’ha già raccontata centocinquant’anni fa un giornalista di moderato successo, Karl Marx. Nel 1848 in Gran Bretagna stava per entrare in vigore la legge che limitava a dieci ore la giornata di lavoro. L’Europa era in mezzo a una lunga crisi economica, e gli operai erano in difficoltà, tentati dall’idea di lavorare oltre le dieci ore per qualche penny in più. Gli industriali cercavano di convincerli a protestare insieme contro una legge che irrigidiva il mercato. “Riguardo alla mezza dozzina di petizioni nelle quali gli operai furono costretti a lamentarsi della ‘loro oppressione sotto quell’Atto’, gli stessi petitori dichiararono che le loro sottoscrizioni erano state estorte”, racconta Marx nella sua opera più nota, “Il Capitale”. Le analogie con il presente non mancano. La crisi, lo stato di bisogno dei lavoratori e la tentazione di subire il ricatto in nome del realismo. Gli ispettori del lavoro, che nella Londra del XIX secolo erano più attenti che nell’Italia del XXI, si interrogavano: “Si può ritenere illogico che abbia luogo un qualsiasi sovraccarico di lavoro in un momento nel quale il commercio va così male; ma proprio questa cattiva situazione sprona gente senza scrupoli a trasgressioni”. Per Marx quelle norme consolidavano un sistema capitalistico nel quale la classe operaia era sfruttata ma anche inclusa nella società (con identità e rapporti definiti con le altre classi) e garantita da leggi che governavano i rapporti di forza.

Braccianti strozzati. Tra pressione fiscale e malavita rurale, agricoltura all’asta

121126bracciantiglobalproject.info di Gaetano De Monte
Una crisi che investe l’intero comparto, in tutto il territorio pugliese: la Capitanata per la raccolta del pomodoro, il barese per i frutteti, il tarantino per l’uva da tavola. Basta dare un’occhiata all’albo degli avvisi giudiziari, per rendersene conto. Sono all’incanto, infatti, più di mille terreni destinati a coltivazioni o allevamenti, quasi seicento nella sola provincia di Taranto. Ed è la zona occidentale, l’area della Conca d’oro, sull’asse che da Massafra arriva fino all’agro metapontino, quella più in difficoltà.
Dove si produce il cento per cento degli agrumi pugliesi e il sessanta per cento dell’uva da tavola, molti contadini ora stanno abbandonando la terra e svendendo i terreni.
Cessioni imposte, in massima parte, dall’impossibilità di onorare gli impegni con Inps e banche, o di assolvere alla corresponsione dei debiti verso Equitalia. Agricoltori strozzati, dunque, dalla pressione fiscale. Ma non solo.
A raccontarci la dura realtà dell’agricoltura ionica è Vito Vetrano, ventotto anni, bracciante agricolo, che il 30 ottobre 2012 ha fondato, insieme ad altri braccianti agricoli, a Palagianello, in provincia di Taranto, l’associazione “Braccianti Uniti”, che “non sentendosi più tutelati da istituzioni e sindacati tradizionali”, cercano in maniera autonoma di far valere i propri diritti.

Cambiare #si può: lo spazio per l’alternativa è fuori dall’alleanza PD-SEL

 Cambiare #sipuò, noi ci siamo: lo spazio per l’alternativa è fuori dall’alleanza PD-SEL, questo punto non è in discussione.
Abbiamo lanciato 20 giorni fa la nostra campagna e questo sabato 1 dicembre ci incontreremo a ROMA al Teatro Vittoria.
Lavoriamo a una presenza elettorale alternativa, sia all’alleanza Pd-SeL, sia al Movimento 5 stelle. Questo punto non è assolutamente in discussione.
La sfida è quella di proporre un’alternativa nei contenuti e nei metodi, che tiri una riga netta con il recente passato di tutte le varie sinistre, offra volti nuovi, dichiari fin da subito uno stile radicale e alternativo.
Pertanto, rilanciando l’appuntamento di sabato prossimo a Roma, specifichiamo che al centro del confronto ci sarà il tema di come costruire la nostra presenza alternativa, ma non di certo il suo possibile posizionamento nell’alleanza PD-SEL. Sappiamo e leggiamo di interlocutori (come De Magistris) che hanno ancora dubbi, ma siamo convinti che il confronto e la valutazione di quello che sta succedendo in Italia porterà tante realtà e personalità a costruire insieme a noi ciò di cui molti italiani sentono l’esigenza.
All’interno dell’alleanza guidata dal PD, che non rompe con l’agenda Monti, come hanno dimostrato anche le primarie di ieri, non c’è spazio per contenuti alternativi dal pensiero unico Europeo e si affermano le posizioni più in continuità con Monti.