domenica 14 giugno 2020

Quelle vite per cui nessuno si inginocchia.

Per i migranti che affogano in mare, i palestinesi uccisi da Israele e i curdi massacrati da Erdogan non si inginocchia nessuno. Eppure stanno sotto casa nostra. Parliamo di stragi, di diritti negati, di terra rubata, di vite senza futuro. La lista è lunga.
 




Mi spiegano che adesso è il momento degli afro-americani, che negli Usa stanno in campagna elettorale e il presidente in carica, il biscazziere Donald Trump, è in difficoltà per le molte fesserie che ha detto e fatto durante e dopo il Covid-19.
Non è il momento per parlare di arabi, curdi o migranti africani: sui media è questo che va di moda adesso, quindi se apri la televisione, improvvisamente, vedi qualcuno che si inginocchia.
Mai che li ho visti dire una parola per i palestinesi, i curdi o i musulmani cinesi rinchiusi nei lager. 
La tv italiana è riuscita persino a proclamare Gerusalemme “capitale di Israele” pur non essendo riconosciuta dal diritto internazionale.
Per le altre vittime dobbiamo aspettare e anche per queste un giorno arriverà, forse, una fuggevole genuflessione.
La retorica che sta dilagando negli Usa e in Europa non guarda mai al di là del proprio naso. Però fa giustizia nelle profondità della storia decapitando la statua di Colombo, che non sapeva nemmeno dove era approdato. Era l’anno 1492: quando dalla Spagna vennero espulsi ebrei e musulmani.
Questa retorica indigeribile neppure apre il giornale sulle notizie. 
Abbiamo lo Schiavismo davanti a noi e nessuno fa nulla: 53 morti tra donne e bambini nel peschereccio di migranti affondato il 4 giugno nelle acque tunisine.

Nessuno che per loro si inginocchi né qui né negli Usa, che da decenni conducono guerre devastanti, mettono sanzioni e provocano milioni di morti e di profughi.
Un amico che stimo molto mi fa notare: “Ovviamente quella tunisina è una tragedia ma non significa che sia un male il fatto che ci si inginocchi per un’altra causa: possiamo magari obiettare che inginocchiarsi non serve a niente (il papa, appena eletto, andò per prima cosa a Lampedusa: è servito a qualcosa?), che nulla serve a niente; anche l’indignazione che ognuno di noi può accogliere non è infinita, altrimenti vivremmo ancora più oppressi di quanto già non siamo. Tu stesso dicesti che la perdita della memoria è una valvola che l’uomo ha per sopravvivere”.
Sono ovviamente d’accordo con il mio amico: non è certo un male inginocchiarsi per un’altra causa, tutto il mondo ci riguarda, a patto che non diventi una sorta di moda (e quante ne abbiamo viste) o peggio ancora di alibi e ci impedisca di vedere e di fare per quanto accade a casa nostra.
Oggi vorrebbero impedire alle Ong di salvare la gente in mare: questo mi pare urgente, ma non se ne occupa nessuno. 
Ricordo che per i curdi massacrati da Erdogan l’anno scorso ci fu una certa mobilitazione ma solo a parole: proseguiamo a vendere armi alla Turchia, così come all’Egitto nonostante il caso Regeni.
Manco siamo capaci di ottenere giustizia per un nostro studente torturato e ucciso e in tv – il teatrino degli ipocriti – facciamo pure quelli solidali con la causa afro-americana? Anzi peggio. 
Vendiamo armi al generale i cui sgherri hanno massacrato Regeni e che dopo quattro anni non ha neppure imbastito un processo. Diffiderei della solidarietà di un popolo come il nostro.
Però da noi c’è sempre un morto con cui prendersela, quel Montanelli, cui hanno dedicato a Milano dei giardinetti spelacchiati, che in Africa si comprava i favori di giovanette dodicenni: “era la normalità”, confessò in tv nel 1969, davanti ha un’allibita signora eritrea.
Per altro adesso si sono pure dimenticati che negava l’uso del gas contro gli etiopi e quando uscì l’edizione aggiornata delle memorie del generale Graziani fece eliminare la parte in cui la madre di Montanelli chiedeva la grazia di fare uscire il figlio dal carcere.
Sono cose risapute, ma quando i terroristi lo hanno gambizzato è diventato l’eroe della nostra piccola borghesia che ora si inginocchia in tv.

La cosa buffa è che in quei giardinetti c’è pure la statua di Teodoro Moneta, l’unico italiano che prese il Nobel per la pace, nel 1907: peccato che fosse a favore nel 1911 della colonizzazione armata in Libia e anche dell’ingresso nella prima guerra mondiale. Tagliamo la testa pure a lui.
La scorsa settimana la polizia israeliana ha ammazzato un ragazzo autistico palestinese (disarmato) a Gerusalemme, era impaurito, gridava terrorizzato perché non capiva neppure cosa gli accadesse intorno: ne abbiamo avuto notizia da un giornalista israeliano su Haaretz.
Tutto questo mentre il premier Netanyahu ribadiva l’intenzione di annettere a Israele la Valle del Giordano, cioè di prendersi altra terra palestinese.
Gli arabi verranno ridotti a vivere in bantustan, in territori frammentati non collegati tra loro e senza diritto di cittadinanza: questo di chiama Apartheid e non vedo nessuno di quelli che si inginocchiano adesso dire mai una parola in proposito. 
Magari da giovani portavano la kefyah al collo, perchè faceva pure moda.
Nessuno si inginocchia per Iyad Hallaq, giovane autistico, ucciso a bruciapelo alla Porta dei Leoni senza capire neppure perché. 
Per i palestinesi è la “normalità”: oltre 130 sono stati uccisi così nel 2019. Mai nessuno dei responsabili è stato punito.
Cerchiamo quindi di stare diritti in piedi e di non fare gli ipocriti a buon mercato.

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