venerdì 19 giugno 2020

Il TAV e i giornali di famiglia

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volere la luna 
Ammettiamolo: questa volta l’architetto Virano ci ha colto di sorpresa. La sua sofferta lamentatio contro il nuovo nemico – la burocrazia ministeriale – che bloccherebbe la “sua” grande opera più di quanto non siano riusciti a fare i No TAV è sembrata a prima vista un abbaglio, un colpo di sole difficilmente spiegabile visto che son settimane che piove.
Eppure il titolo di un’appassionata intervista sdraiata di tal Colombo – businesseditor di Huffington Post – non lasciava spazio a dubbi: «La burocrazia poté dove non poterono i No TAV» (leggere per credere: https://www.huffingtonpost.it/entry/la-burocrazia-pote-dove-non-poterono-i-no-tav_it_5ee8c04bc5b6643618189afa?3o&utm_hp_ref=it-homepage).
Singolari anche data e ora del pezzo: 16 giugno 2020 h. 21.03, sera prima del mattino in cui doveva essere resa pubblica la notizia (sconosciuta persino ai meglio segugi del Movimento!) dell’audit della Corte dei Conti Europea che stronca il TAV (https://www.eca.europa.eu/it/Pages/AuditReportsOpinions.aspx?)! Anzi che boccia, sostanzialmente, non solo il TAV Lyon-Turin, ma il Brennero Base Tunnel, il collegamento atlantico veloce tra Francia e Spagna, il raddoppio del canale della Senna e tutte o quasi le Grandi opere transfrontaliere della agognata rete TEN-t che avrebbe dovuto “connettere” entro e non otre il 2030 l’intero vecchio continente ad alta velocità/capacità… Un documento, chiesto dal Parlamento di Strasburgo – giova ricordarlo – fin dal 2017, che denuncia ritardi non certo imputabili alle opposizioni (che, dove ci sono, sono state oggetto di una tale sproporzionata repressione da non poter certo arginare i trionfalistici crono programmi delle lobby finanziario-costruttive, come ammette implicitamente persino il titolo del prestigioso quotidiano che fu di Lucia Annunziata). Una radiografia che smentisce la pretesa redditività di tali opere, e che soprattutto smaschera le pretese positive ricadute su inquinamento e clima, certificando la irraggiungibilità di un equilibrio energetico in cui le spaventose emissioni climalteranti dei pesanti lavori di costruzione vengano recuperate in tempi ragionevoli grazie al vantaggio ancora offerto da treni e battelli (perlomeno sui camion di vecchia generazione).
Ecco spiegata la riapparizione del “direttore del TAV”, per mesi immerso in gare d’appalto, espropri e richieste di proroghe dei finanziamenti che TELT non è stata capace di spendere. E pensare che nel (lunghissimo) testo dell’audit dei giudici contabili dell’Unione europea ci sono non poche espressioni perlomeno ambigue che, come accade in ogni parere “tecnico” che si rispetti, offrono alla lobby e ai suoi dipendenti seduti nell’euro-governo possibili appigli al fine di consentire le «decisioni che spettano alla politica», vale a dire retromarce, conversioni a U e (se proprio va male) “patteggiamenti”.
L’agitazione preventiva del legale rappresentante del buco sotto le (nostre) montagne induce a qualche moderato ottimismo circa la possibilità che si tratti perlomeno di un altro sassolino negli ingranaggi della talpa che – come il Covid – è arrivata tra le Alpi direttamente dalla Cina.
Ma quel che non può sfuggire è che l’articolo-intervista di Huffington nasce sotto la direzione di Feltri junior, il meno citato dei nuovi direttori del Gruppo editoriale GEDI della famiglia Elkan (ramo cadetto degli Agnelli). Quest’ultima – forse per rendere più appetibile la svendita di FCA a Peugeot SA (partecipata dallo Stato francese mentre il nostro partecipa solo alla gentile concessione del prestito a fondo perso alla proprietà) – ha bisogno di gonfiare il “portafoglio ordini” del ramo d’azienda finanza&costruzioni nel caso di avvio del piano infrastrutturale da 1.250 miliardi di euro predisposto con la scusa della ripartenza post Covid: il 16 giugno i cementifici Buzzi segnavano + 8% mentre le borse asiatiche crollavano per il rischio di ripartenza del virus! Saranno queste le motivazioni che hanno indotto i nipotini dell’Avvocato a comprare dai figli dell’Ingegnere (tessera n.1 del PD) quel pacchetto di giornali, pur in perdita, da aggiungere ai propri (https://volerelaluna.it/commenti/2020/04/25/la-liberta-di-stampa-e-i-suoi-padroni/) e a riempirli – a buon diritto, ci mancherebbe! – di nuovi direttori di fiducia pronti a trasformare in articoli-interviste le veline degli uffici-stampa aziendali?
Si è parlato molto in questi giorni, tra le dimissioni da Repubblica di Gad Lerner e la permanenza sofferta (sic!) di Michele Serra, dell’arrivo di Molinari-l’amerikano al giornale che fu di Eugenio Scalfari e di Giannini-il gentiluomo a La Stampa, mentre quasi nessuno sembra aver notato la promozione del figlio di Vittorio Feltri all’Huffington Post. E nessuno si ricorda che la prima mossa editoriale di risonanza mondiale del gruppo (Gran maestro Marchionne) fu l’acquisto di The Economist
Ora o John e Lapo hanno la passione per la letteratura ereditata dal padre scrittore (grande frequentatore di Moravia) o hanno letto un solo ma istruttivo libro, quel Bel Ami di Guy de Maupassant che spiega come già 150 anni fa i giornali servissero a far soldi non attraverso la vendita e gli abbonamenti ma attraverso le fake news di Borsa (anche se all’epoca non si chiamavano ancora così).
A parlar male si fa peccato diceva Andreotti – e forse prima di lui il cardinal Mazzarino – ma a volte ci si coglie.

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