I familiari annunciano battaglia: "Ci incateneremo a Roma".
huffingtonpost.it - ansa
La procura generale di Torino ha ricevuto la comunicazione sulla concessione della semilibertà, in Germania, per Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i due manager tedeschi condannati per il rogo alla Thyssenkrupp di Torino, che nel 2007 uccise sette operai.
Secondo quanto appreso a Torino, la semilibertà è già stata concessa a uno dei due manager. Il provvedimento prevede che i condannati trascorrano in carcere la notte e che di giorno lavorino all’esterno. Sono contemplate anche agevolazioni in materia di socialità all’interno dell’istituto di pena.
La semilibertà può essere concessa in presenza di tre requisiti: assenza del pericolo di commissione di reati della stessa indole (in questo caso si tratta di omicidio colposo), assenza del pericolo di fuga, assenza di recidiva
“Ci incateneremo a Roma. Andremo a Essen. Qualcosa faremo. Devono dirci come è possibile questa cosa”. É il primo commento di Rosina Platì, mamma di una delle sette vittime del rogo alla Thyssenkrupp di Torino del 2007, alla notizia della semilibertà per i due manager tedeschi.
“Stasera - prosegue la donna - volevamo festeggiare, ma in qualche modo sentivamo che sarebbe arrivata una notizia di questo genere. Adesso basta: ci devono spiegare cosa è successo”. “Hanno giocato troppo con noi - conclude - e non ci fidiamo più di nessuno”.
Antonio Boccuzzi, operaio della Thyssenkrupp sopravvissuto all’incendio si è detto basito per la decisione presa: “Devono ancora inventare un aggettivo per esprimere le sensazioni che sto provando ora. La notizia è inattesa quanto vergognosa”i, alla concessione della semilibertà in Germania per i due manager tedeschi condannati in Italia per omicidio colposo”.
Boccuzzi osserva che “cinque anni (il massimo della pena prevista in Germania per l’omicidio colposo - ndr) erano pochi, ma almeno erano qualcosa” mentre “questa concessione, invece, è pazzesca, incredibile, discutibile”. “Mi hanno insegnato - aggiunge - che le sentenze e le decisioni del tribunale non si discutono. Credo però che sia arrivato il momento di iniziare a discuterle, altrimenti non vale più niente”. “In questo processo - conclude - non c’è più nulla di normale”.
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