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Che le indagini facciano il proprio corso mi pare naturale. Qui siamo
su un altro piano, quello dell’opportunità: come si può pensare che i
vertici di un’azienda che non è stata in grado di evitare una strage,
facendo ciò che era obbligata per contratto a fare, cioè la
manutenzione, possano rimanere al proprio posto? È semplicemente
disumano. Autostrade è una società privata e dunque il governo non può
obbligarla? Privata è la società, non il servizio pubblico che avrebbe
dovuto garantire. Quindi, oltre che legittima, è assolutamente doverosa
la richiesta di dimissioni. Anzi, in un paese civile, non sarebbero
nemmeno da chiedere. Accettare la proposta di Autostrade di costruire un
ponte in acciaio in 8 mesi o scegliere una soluzione diversa con altri
soggetti? Non ci sarà alcuno scambio tra eventuali opere di risarcimento
danni a cose e beni, semplicemente doverose e scontate, e la procedura
di ritiro della concessione già avviata. A parte che ricostruire il
ponte è comunque un obbligo in capo al concessionario. Oggi lo Stato sarebbe in grado di costruire da sé il ponte? Difficile per lo Stato fare peggio di ciò che abbiamo visto il 14 agosto.
Toglieremo il segreto dalle parti non note dei contratti fra lo Stato e Autostrade e anche sulle altre concessioni con altre società? Assolutamente sì. Non può esistere segreto commerciale o di Stato di fronte a contenuti di preminente interesse pubblico.
Stiamo per mettere fine alla opacità che ha garantito il patto inconfessabile tra vecchia politica e certi potentati economici. Togliendo la concessione ad Autostrade, si dice che gli oneri per lo Stato
sarebbero comunque alti, fino a 20 miliardi secondo alcune stime. La
nazionalizzazione, al netto di un costo iniziale, sarebbe invece sarebbe
più conveniente. Pensate a quanti ricavi e margini tornerebbero in capo
allo Stato attraverso i pedaggi, da utilizzare non per elargire dividendi agli azionisti, ma per rafforzare qualità dei servizi e sicurezza
delle nostre strade. Autostrade ha accumulato 10 miliardi di utili in
15 anni. Nel frattempo, il concessionario resta obbligato a proseguire
nell’ordinaria amministrazione dell’esercizio delle autostrade fino al
trasferimento della gestione stessa. E d’ora in poi lo dovrà fare con i
livelli di manutenzione e di sicurezza previsti dal contratto e dalla legge.
Controlli più adeguati, anche da parte del ministero delle infrastrutture? Non mi nascondo dietro un dito: la vecchia politica ha portato lo Stato
ad abdicare prima dal suo ruolo di gestore e poi da quello di efficace
controllore. Tuttavia le responsabilità sostanziali sulla tenuta
strutturale delle opere sono del concessionario. Autocritica da parte di
noi 5 Stelle per alcune prese di posizione sulla Gronda, a cominciare
dall’aver definito “una favoletta” il rischio
che il ponte Morandi crollasse, e più in generale sull’ostilità alla
grandi infrastrutture? Il tema Gronda è un falso problema, meschinamente
strumentalizzato in questi giorni. Stiamo parlando di un’opera che
ottimisticamente sarebbe pronta nel 2029: cosa c’entra con un ponte
crollato nel 2018? Non siamo assolutamente contrari alle grandi opere
utili. Anzi, ne servono tante al paese. Ma qui c’è un problema diverso,
di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’esistente. Che è proprio
quello che non hanno fatto quelli delle grandi opere che oggi ci
contestano e che invece dovrebbero chiedere scusa e poi tacere.
(Danilo Toninelli, dichirazioni rilasciate al “Corriere della Sera” per l’intervista pubblicata il 20 agosto 2018, ripresa dal “Blog delle Stelle”).
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giovedì 23 agosto 2018
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