venerdì 10 agosto 2018

Potere al Popolo

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A gennaio avrò 73 anni. Ho lasciato per strada tanti compagni, alle spalle ho il mio mondo sconfitto e non mi resta tempo. Se hai vissuto come volevi, però, se sai che, tornando indietro, faresti più o meno quello che hai fatto, la vecchiaia non ti pesa. E’ la naturale compagna della vita che tramonta e si sa: per tutti giunge la notte che non porta l’alba.
Quello che rende molto pesante quest’ultimo percorso è la sensazione di straniamento che, più passa il tempo, più si fa viva, dolorosa e soffocante. Non avrei mai creduto di dover chiudere in un mondo come quello che mi circonda. E’ un mondo nel quale non mi riconosco. Le idee per cui ho lottato, la società che pensavo stessimo costruendo, non ci sono più. Mi sento come un viaggiatore che scende da un treno alla stazione sbagliata e non riconosce i luoghi, le persone e la parlata. Una sorta di sopravvissuto cui mancano persino le parole per descrivere ciò che prova. Questa non è la solitudine che solitamente si accompagna alla vecchiaia. E’ molto di più e molto peggio.

Da novembre, però, è accaduto qualcosa che mi ha aiutato a vivere, mi ha restituito la curiosità di un tempo, il desiderio di capire, la forza di lottare. Forse sono un illuso, forse con gli anni non sono più grado di leggere la realtà, ma da novembre ho vissuto così, con una passione che avevo smarrito, con l’entusiasmo di una giovinezza che non c’è più. A farmi questo regalo è stata l’idea da cui è poi nato Potere al Popolo.
Quando Salvatore Prinzi mi ha chiesto se volevo dare una mano, mi sono spaventato: sono vecchio, ho risposto, che vuoi che faccia? C’è voluto poco, però, per convincermi e non è stato solo perché a Salvatore voglio bene. E’ che quella idea che pareva folle, quella sfida che poteva sembrare irrazionale, mi è sembrata la sola risposta possibile alla tragedia che si scorgeva dietro le quinte della storia. La risposta a un presente che si rifiutava di diventare futuro e si faceva passato. Il neofascismo al governo era già lì, bastava poco per vederlo.
Non dirò cosa è stata la campagna elettorale nel gelo e con i mezzi che avevamo. Delle difficoltà non mi sono accorto. Dirò dei compagni giovani e non più giovani che ho incontrato in quei mesi. Erano in tanti e avevano tutti negli occhi una speranza. Che non si potesse vincere lo sapevamo. Contava però, era preziosa, quella scintilla riaccesa, quel fuoco che tornava a brillare nel buio, come se chissà quale antica Vestale l’avesse difeso nel tempo. Non dimenticherò le assemblee romane, il comizio conclusivo a Piazza Dante e quella convinzione che mi era cresciuta dentro e non ho più perso: c’è bisogno di Potere al Popolo, c’è bisogno che quella idea si realizzi. Risveglia sogni e speranze, conduce alla lotta chi non lottava più.
Ho vissuto i mesi seguenti il voto, quelli delle trattative tra le forze che avevano partecipato alla fase iniziale della nascita di Potere al Popolo con pazienza, fiducia e rassegnazione: ci vuole del tempo mi sono detto, è naturale. Mi sono trovato ai margini, ho capito che ai “cani sciolti” toccava pazientare e l’ho fatto con buona volontà e con fiducia. Ho voluto credere a tutti e a tutti ho fatto spazio.
Ora che il fascio-leghismo ci toglie l’ossigeno, non si può più aspettare, però, e lo dico senza mezzi termini e senza false ipocrisie: il tempo è scaduto. Tutti hanno avuto modo di difendere le proprie idee e posizioni e ora è necessario che Potere al Popolo dia a se stesso la struttura che si è delineata nelle assemblee e nel dibattito. E’ tempo di consentire a tutti quelli che credono nella sua funzione politica di vederlo nascere come organismo autonomo.
Non lo dico perché così sarò meno vecchio. E’ che Potere al Popolo per me è la risposta da sinistra al problema storico che ci pongono i Cinque Stelle e allo stesso tempo la prova che esiste un inganno che va smascherato: la sinistra esiste, vive e può avere consistenza. Così come purtroppo esiste e governa la destra. Una destra estrema.

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