Tre giorni fa i lobbisti del Tav Torino-Lione hanno arruolato a difesa dell’opera minacciata dal governo M5S e difesa dal governo leghista nientemeno che la Confagricoltura, scesa in campo con un tweet surreale: “In Piemonte lavorano 52.000 imprese agricole che aspettano lo sblocco delle grandi opere perché gli attuali limiti logistici equivalgono a dazi”. I viticoltori delle Langhe vogliono distribuire le loro bottiglie via treno come gli agricoltori dell’Iowa? È solo la più colorita delle balle spaziali che roteano in difesa di un’opera inutile. Il Commissario governativo per la Torino-Lione Paolo Foietta – già coautore di un libro di propaganda Sì-Tav col pasdaran dell’alta velocità Stefano Esposito, ex senatore Pd – serve lo Stato come lobbista del tunnel ferroviario. Fa propaganda come se fosse portatore di interessi anziché dire come stanno le cose al ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. C’è solo una strada per capire: opporre alla propaganda i dati ufficiali pubblicati dai siti dello stesso Commissario e della Telt, società pubblica italo-francese incaricata di realizzare l’opera.
1) I lavori sono già avanti?
Foietta ha parlato in tv di 24 chilometri di gallerie “preliminari” già scavati. Il sito della Telt parla di 16 chilometri, il 10 per cento dei 160 previsti (“57,5 per ogni canna del tunnel, oltre ai by-pass di collegamento”). Restano da fare il tunnel di base (115 chilometri in tutto) e 200 chilometri di tratte di accesso.
2) Fermare l’opera costa due miliardi?
Foietta dice che sono stati già spesi 1,4 miliardi e che, se la spesa si rivelasse inutile, l’Ue e la Francia chiederebbero indietro il miliardo che ci hanno messo. Poi si perderebbero gli 813 milioni di ulteriore finanziamento europeo già assegnato e con le spese di chiusura dei cantieri si arriverebbe a 2 miliardi. Non si capisce con quale logica considera un finanziamento non utilizzato come una spesa. Né si può escludere che il presidente Emmanuel Macron converga sull’azzeramento di un’opera che considera assurda, anche se deve assecondare l’entusiasmo dei politici locali, assatanati come i piemontesi. In ogni caso, andare avanti costerebbe all’Italia almeno 3 miliardi (il 35 per cento del costo previsto del tunnel, 8,6 miliardi, fonte Telt) più i 2 (fonte Foietta) del collegamento fino al tunnel dalla parte italiana. Cinque miliardi per un’opera inutile.
3) È necessario il nuovo tunnel?
Con buona pace del partito del cemento, le merci non cercano la ferrovia ma la evitano. Il tunnel del Moncenisio che si vuole sostituire ha portato 8 milioni di tonnellate di merci nel 1984 e 2,9 milioni nel 2016. In Francia la quota della strada nel trasporto merci transalpino è passata dall’80 per cento del 1999 al 90 del 2014. Anche in Svizzera, dove pure la modalità ferro ha superato i due terzi del totale, sta arretrando. L’asfalto è più economico e più flessibile. Pochi mesi fa lo stesso Foietta ha ammesso in un documento ufficiale ( http://presidenza.governo.it/ osservatorio_torino_lione/ Verifica_esercizio/relazione_ it.pdf ) che le previsioni di traffico su cui sono stati firmati i trattati internazionali erano sballate. Però “in buonafede”, così almeno c’è scritto.
4) È utile il nuovo tunnel ferroviario?
No. Scrive Foietta: “L’obiettivo condiviso a livello europeo di conseguire una ripartizione modale che veda la ferrovia trasportare almeno il 50% del trasporto terrestre, richiede che l’infrastruttura ferroviaria assicuri una capacità di trasporto di almeno 20-25 milioni di tonnellate nel 2030”. L’Europa ci chiede una cosa senza senso comune. Attualmente passano tra Italia e Francia circa 42 milioni di tonnellate di merci ogni anno, solo 3 milioni via treno. Il grosso passa sull’autostrada a Ventimiglia (20 milioni di tonnellate) e sull’autostrada del Frejus (10 milioni). Per avere 20 milioni di tonnellate di merci nel nuovo tunnel ferroviario bisognerebbe vietare ai mezzi pesanti l’autostrada del Frejus e spostare 200 chilometri più a nord metà del traffico di Ventimiglia.
5) Si possono spostare le merci dalla strada al treno?
C’è solo un modo di attirare le merci sulla nuova ferrovia: penalizzare con divieti e alti pedaggi le autostrade transfrontaliere. Con buona pace dei liberisti alla vaccinara per i quali lo sperpero di denaro pubblico è un trionfo del mercato, l’allegato 3 all’accordo italo-francese del 2012 stabilisce l’impegno dei due governi per “una politica tesa a favorire il trasferimento modale del trasporto dalla strada alla ferrovia nelle Alpi”, anche attraverso “l’aumento dei pedaggi stradali e la messa in atto di misure normative”. Ma lo sanno gli imprenditori piemontesi che vanno a spellarsi le mani ai convegni Sì-Tav che in nome del nuovo dirigismo ad alta velocità gli verrebbero vietati gli amati camion per costringerli al più costoso trasporto ferroviario? Altro che dazi.
6) Ci sarà domanda di traffico passeggeri?
A regime, sostiene il Commissario, “l’obiettivo di trasportare 20-25 milioni di tonnellate di merci con la ferrovia (…) richiede il transito di un numero di treni compreso tra i 125 e i 156 treni giorno”. Ogni giorno dovrebbero partire in ciascuna direzione una settantina di treni da sessanta vagoni, uno ogni venti minuti. Nelle brevi pause dovrebbero infilarsi 22 treni passeggeri. La Torino-Lione nasce come sogno piemontese di agganciarsi all’alta velocità francese, e solo per parare l’evidente assurdità si è inventata la storiella delle merci. La domanda di trasporto passeggeri tra Torino e Lione è talmente pressante che oggi nessun treno collega le due città. E non c’è nemmeno un volo diretto. Perché, checché ne dicano i politicanti locali capitanati dal governatore Sergio Chiamparino, torinesi e lionesi non hanno niente da spartire.
Nessun commento:
Posta un commento