La strage del ponte Morandi a Genova non può essere una sorpresa. Il
ministero delle Infrastrutture, la Direzione generale per la vigilanza
sulle concessionarie autostradali a Roma e il Provveditorato per le
opere pubbliche di Piemonte-Valle d'Aosta-Liguria a Genova, insieme con
Autostrade per l'Italia della famiglia Benetton, conoscevano perfettamente la gravità del degrado del viadotto collassato la mattina di martedì 14 agosto, provocando la morte di 43 persone.
L'Espresso Fabrizio Gatti
Almeno sette tecnici, cinque dello Stato e due dell'azienda di gestione,
sapevano infatti che la corrosione alle pile 9 (quella crollata) e 10
aveva provocato una riduzione fino al venti per cento dei cavi metallici interni
agli stralli, i tiranti di calcestruzzo che sostenevano il sistema
bilanciato della struttura. E che nel progetto di rinforzo presentato da
Autostrade erano stati rilevati «alcuni aspetti discutibili per quanto
riguarda la stima della resistenza del calcestruzzo». Nonostante queste
conclusioni, in sei mesi da allora né il ministero né la società concessionaria hanno mai ritenuto di dover limitare il traffico,
deviare i mezzi pesanti, ridurre da due a una le corsie per
carreggiata, abbassare la velocità.
Come si dovrebbe sempre fare, in
attesa dell'avvio dei lavori, per garantire la sicurezza e alleggerire
il carico e l'affaticamento della costruzione.
È tutto scritto nel verbale della riunione con cui il primo febbraio
2018 il Provveditorato alle opere pubbliche di Genova rilascia il parere
obbligatorio sul progetto di ristrutturazione presentato da Autostrade.
Il documento, che smentisce quanto la società di gestione continua a dichiarare sull'imprevedibilità del disastro,
è firmato tra gli altri dal provveditore, l'architetto Roberto
Ferrazza, e dall'esperto esterno, il professore associato della facoltà
di ingegneria dell'Università di Genova, Antonio Brencich, che già nel
2016 e più volte nelle interviste tv di questi giorni ha denunciato le
condizioni critiche del ponte. Ma nel luogo istituzionale dove portare
le proprie osservazioni, in nessuna parte della riunione come dimostra
il verbale, nemmeno nel capitolo che riguarda le interferenze con il
traffico autostradale, Ferrazza e Brencich prescrivono raccomandazioni
sui volumi di traffico che tengano conto delle condizioni dei tiranti,
dell'incognita del calcestruzzo. E della conseguente riduzione dei
margini di sicurezza, che il crollo ha poi rivelato.
Il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ha
nominato proprio Ferrazza presidente e Brencich membro esperto della
commissione di inchiesta del governo «per svolgere verifiche e analisi
tecniche sul crollo». Nella stessa commissione sono stati inseriti anche
gli ingegneri Bruno Santoro e Michele Franzese, dirigenti tecnici della
Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali:
cioè della stessa struttura del ministero che pur avendo ricevuto il
verbale da Ferrazza, a fronte di quanto è stato scritto nella riunione
non ha ritenuto di dover intervenire. Toninelli è ministro da poche
settimane. Ma il suo ufficio di gabinetto e le sue segreterie tecniche e
legislative non potevano non sapere che il provveditore di Genova era
tenuto per legge a esprimere un parere sul progetto di Autostrade. E che
quindi la sua nomina al vertice della commissione ispettiva lo porta a
occuparsi di se stesso. Ferrazza e Brencich avranno libero accesso ai
luoghi delle indagini, alle macerie e a tutti gli atti amministrativi
che riterranno di interesse. Arriverà forse il giorno in cui dovranno
autointerrogarsi: chi meglio di loro è testimone della riunione del
primo febbraio?
Quando sei mesi fa il comitato tecnico del provveditorato si occupa del
ponte Morandi, l'ingegner Paolo Strazzullo, responsabile unico del
procedimento per Autostrade e il collega Massimiliano Giacobbi,
progettista dell'intervento per conto della Spea Engineering, società
collegata al gestore, presentano i dettagli del progetto. Sono i due
tecnici sicuramente a conoscenza della situazione del ponte. Sono loro a
illustrare il livello di declino della struttura. «I risultati delle
prove riflettometriche hanno evidenziato un lento trend di degrado dei
cavi costituenti gli stralli (riduzione d'area totale dei cavi dal 10 al
20 per cento) e proprio per tale considerazione la committente ha
ritenuto opportuno avviare una progettazione finalizzata al rinforzo
degli stralli delle pile 9 e 10», è scritto a pagina 3 del verbale, al
capitolo “Descrizione difetti”. Poiché sono fin dalla costruzione
inglobati nel calcestruzzo, i cavi dei tiranti non sono visibili all'esterno. Per studiarli, si ricorre alla riflettometria.
Facendo passare corrente, si calcola la resistenza e quindi l'eventuale
riduzione della sezione del tirante: dalle misure così eseguite, l'area
totale delle sezioni risulta consumata dalla corrosione fino al 20 per
cento.
«Le indagini», aggiunge il verbale «sono state estese agli altri
elementi strutturali che hanno evidenziato quadri fessurativi (lesioni)
più o meno estesi, presenza di umidità, fenomeni di distacchi,
dilavamenti, ossidazione... sulla base delle indagini svolte la società progettista ha cautelativamente stimato un grado di ammaloramento medio oscillante dal dieci al venti per cento».
Il progetto ripropone quindi quanto è già stato fatto circa vent'anni
fa sulla pila 11 del viadotto: la disposizione di nuovi cavi esterni,
che vanno dal traversone dell'autostrada fino alla sommità delle
“antenne” del ponte, a cui sono legati i tiranti.
Relatori, per conto del ministero delle Infrastrutture, sono due
ingegneri del provveditorato, Giuseppe Sisca e Salvatore Buonaccorso e
gli esperti esterni, Mario Servetto e Antonio Brencich. Sisca è un
ingegnere della motorizzazione. Insegna in numerosi corsi di scuola
guida. Conosce direttamente la società Autostrade per l'Italia perché
nel 2017, su autorizzazione del ministero, ha ricevuto dall'azienda un
incarico retribuito in una commissione, attività non collegata ai suoi
doveri d'ufficio. Sulla tabella ministeriale, l'importo della
prestazione professionale è comunque indicato come presunto e la cifra
come “0”. L'autorizzazione agli incarichi esterni di coordinamento
lavori o collaudo per imprese private è una prassi ministeriale. Una
consuetudine di tutti i governi.
L'unico abbastanza critico tra i relatori è Brencich: «Il professore fornisce spunti per migliorare la lettura dei documenti progettuali», annota il verbale. In realtà la sua è una bocciatura totale dei metodi d'indagine scelti da Autostrade per studiare il ponte.
Non sono state eseguite radiografie con raggi gamma ai cavi nascosti.
Nessun carotaggio. E la stima sulla resistenza del calcestruzzo è
definita discutibile: «Il metodo Sonreb-Win è scientificamente ormai
ritenuto fallace. Il margine di errore è più-meno 80 per cento (un
calcestruzzo di resistenza 40 viene rilevato con resistenza da 8 a 72),
mentre la sonda Windsor definisce una penetrazione nel calcestruzzo
indipendente dalla resistenza dello stesso: si osserva che la tecnica
Windsor è stata abbandonata dal contesto scientifico».
Eppure, nonostante queste osservazioni, le considerazioni finali lasciano increduli.
I cinque tecnici che si esprimono a nome dello Stato, Ferrazza,
Bernich, Sisca, Buonaccorso e Servetto firmano un verbale in cui
dichiarano: «Complessivamente il progetto esecutivo esaminato appare ben
redatto e completo in ogni dettaglio. Lo stesso risulta studiato in
modo metodologicamente ineccepibile».
Il provveditore, oggi capo della
commissione ministeriale d'inchiesta, manda il documento a Roma alla
Direzione generale per la vigilanza.
La riunione del comitato tecnico
amministrativo è sciolta.
Escono tutti ordinatamente. Forse anche
convinti di aver fatto un buon lavoro.
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lunedì 20 agosto 2018
Classe dirigente. Crollo Ponte Genova, tiranti "ridotti del venti per cento": Ministero e Autostrade sapevano Il verbale di una riunione tra Infrastrutture, Direzione generale di vigilanza, Provveditorato opere pubbliche e società di gestione dimostra che fin da febbraio 2018 la gravità della corrosione era nota. Il documento è firmato da Roberto Ferrazza e Antonio Brencich, ora nominati presidente e membro esperto della commissione d'indagine del governo.
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