Avete mai sentito parlare di
metagiornalismo? Neanch’io.
Almeno fino alle ore 16:00 di giovedì 10
novembre. Quando alla stazione di Rovigo sono salito su “Destinazione
Italia”. L’intercity Pd portava Matteo Renzi verso Ferrara.
Il segretario provinciale Luigi Vitellio aveva invitato la stampa
ferrarese a salire per condividere 30 chilometri di binari con il leader
dem. Non tanto per poterlo raccontare ai nipotini, quanto perché a
bordo vi era una delegazione di cosiddetti Azzerati Carife, uno dei diversi comitati spontanei di risparmiatori, nati in seguito al crac della banca cittadina.
Un crac che ha penalizzato, tra azionisti e obbligazionisti subordinati, oltre 32mila persone.
Vale a dire oltre 32mila famiglie. Quasi un’intera città. Ecco allora
che l’invito acquistava un significato nobile. Permettere alla stampa
cittadina di raccontare l’incontro tra i risparmiatori e Renzi, additato
a Ferrara come il responsabile numero uno del decreto salvabanche (che
nel caso di Carife ha anticipato gli effetti del bail-in nonostante fosse già pronto un piano di salvataggio del Fondo interbancario).
Bene. Si raggiunge la vicina Rovigo,
ci si registra e si sale sul treno. Uno schieramento di addetti alla
comunicazione ci indirizza verso le carrozze 4 e 5. Quelle riservate
alla stampa. Facciamo notare che la nostra missione sarebbe quella di
seguire il confronto tra risparmiatori e segretario.
Niente.
Nemmeno Stentore, l’araldo omerico con la voce pari a quella di
50 uomini, avrebbe ribadito in modo più sonoro che la nostra
destinazione era tre vagoni più in là.
Ci accomodiamo. E scopriamo che Renzi non è
con gli Azzerati. Sta facendo una diretta Facebook. Racconta le imprese
della giornata a tappe forzate nel Nord Est dell’Italia. E nel vagone
stampa ecco i giornalisti delle testate nazionali e delle agenzie
coinvolti in un grottesco rito, sintesi suprema di
illogicità e inanità: seguire davanti al loro computer o smartphone le
parole che il segretario Pd pronunciava a bordo dello stesso treno, ma a
sei paratie di distanza. Geniale. Oltre il concetto fino ad oggi
conosciuto di giornalismo. Metagiornalismo appunto.
Una ventina di minuti dopo è la volta dei risparmiatori ferraresi
(o, come li ha definiti Renzi, “cittadini abbastanza arrabbiati”). Una
delegazione di due persone si accomoda al tavolo con il leader dem, il
ministro Dario Franceschini, il segretario regionale Paolo Calvano,
quello provinciale Vitellio, le parlamentari ferraresi Maria Teresa
Bertuzzi e Paola Boldrini, il sottosegretario all’economia Pier Paolo
Baretta. Dieci minuti di udienza lontano dalle orecchie indiscrete, e
dalle domande, dei cronisti.
Giusto il tempo di congedare gli Azzerati e il treno arriva a Ferrara.
Le bordate di fischi del binario 1 vengono coperte a stento dai boiardi
di partito fatti arrivare in massa anche dai comuni della provincia. Il
loro “Matteo, Matteo” è comunque utile, essendo a favore di telecamere.
Poi Renzi sale in fretta sull’auto che lo scorterà al Museo
dell’ebraismo per una visita fugace. Ma senza passare per il piazzale
principale della stazione, dove le forze dell’ordine sono impegnate a
tenere lontano il grosso della truppa di contestatori. Dietro di lui, a
mo’ di corriera dell’Arci Vacanze, lo staff fa salire il comitato di
accoglienza su due pullman per assicurare applausi anche là.
E mentre il segretario sgattaiolava
per l’uscita del dopolavoro ferroviario – altra scena da teatro
dell’assurdo degno di un Ubu Re di Alfred Jarry -, mi balenavano nella
mente le sue parole via Facebook: “L’augurio è quello di non chiudersi
mai nel Palazzo, ma stare in mezzo alla gente in questo Paese
meraviglioso”.
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