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Sono più di 120 le organizzazioni per i diritti umani, i sindacati, le associazioni per il turismo etico, i gruppi sportivi e quelli religiosi di più di venti paesi che hanno firmato un appello internazionale per invitare il Giro d’Italia a spostare la partenza del 2018 da Israele. La motivazione, scrivono, sono “le sue gravi e crescenti violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani dei palestinesi”.
Tra i firmatari ci sono il linguista Noam Chomsky, i giuristi John Dugard e Richard Falk, entrambi Relatori Speciali Onu per la Palestina, l’attore teatrale e drammaturgo Moni Ovadia, gli europarlamentari Eleonora Forenza, Curzio Maltese e Sergio Cofferati e Luisa Morgantini, ex vice presidente del Parlamento Europeo. E tra le associazioni i sindacati Fiom-Cgil e Usb e le reti Pax Christi, la Comunità cristiana di base di San Paolo e Ebrei Contro l’Occupazione.
L’annuncio della partenza da Gerusalemme – che per la prima volta avverrà da un paese fuori dai confini europei – del noto evento sportivo italiano aveva da subito sollevato obiezioni e proteste: nel 2018 cadono i 70 anni dalla dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele e la Nakba (la catastrofe) del popolo palestinese, che vide all’epoca l’80% della sua popolazione costretta a fuggire o deportata dal proprio paese.
Il 29 novembre la corsa sarà ufficialmente presentata a Milano, una data – fanno notare i firmatari dell’appello – che “coincide con la Giornata Internazionale Onu di Solidarietà con il Popolo Palestinese”. Per questo nei giorni precedenti, il 25 e il 26 novembre, in tutta Italia si terranno manifestazioni e cicloraduni per protestare contro “l’uso di uno sport strettamente associato alla libertà per mascherare la brutale occupazione militare e il regime di apartheid di Israele”.
Secondo quanto si legge nell’appello, inoltre, il Giro d’Italia ha affidato all’impresa israeliana Comtec Group la gestione della “Grande partenza”. La Comtec svolge attività nelle colonie israeliane nei Territori Occupati, illegali secondo il diritto internazionali. Allo stesso modo, all’evento prenderà parte la squadra nazionale di ciclismo, la cui Federazione sponsorizza e organizza competizioni in aree sotto occupazione militare da parte di Israele. Infine, scrivono i firmatari, nelle immagini, nelle mappe e nei video ufficiali della corsa, “il Giro d’Italia sta ingannevolmente presentando Gerusalemme est, che è sottoposta da 50 anni all’occupazione militare israeliana, come se facesse parte dello Stato di Israele e fosse la sua capitale unificata”.
Coinvolto è anche il pontefice, invitato dal primo ministro israeliano Netanyahu a dare il via ufficiale alla gara, il prossimo maggio. A papa Francesco si sono dunque rivolte anche le organizzazioni della società civile palestinese con una lettera in chui gli chiedono di rifiutare l’invito.
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venerdì 24 novembre 2017
Giro d'Italia, appello per cancellare la prima tappa in Israele nell'edizione 2018
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