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Egregio presidente della Repubblica, dottor Sergio Mattarella, è da
molto tempo che desidero esternarle il mio sentimento di disagio che
provo vivendo nella nostra amata Italia. In questi tempi segnati da
continui accadimenti, mi sento motivato e convinto di raccontarle il
disagio che vive, quotidianamente, un imprenditorie italiano. Centinaia
sono le motivazioni che mi costringono, miste a rabbia, rammarico,
tristezza e dispiacere ad annunciarle che in nessun modo intendo
continuare a patrocinare lo sfacelo attorno a me. Voglio restituire la
mia carta d’identità. Voglio diventare apolide, in un mondo capace
solamente di infangare il tricolore. Sì, signor presidente, mi dimetto.
Lo faccio anch’io per una volta, non mi sento e non voglio più essere
italiano. Cancellatemi dagli elenchi, cancellatemi dall’anagrafe,
cancellatemi dalla memoria dello Stato. Questa è la scelta più sofferta e
dolorosa che io abbia mai dovuto compiere. Sono nato e cresciuto qui,
tra queste Alpi, tra questi fiumi, tra questi mari, dentro a questo sole
e immerso nel sentire ed ardire che bagna il tricolore. Amo il mio
paese e mi sono sempre sentito orgoglioso di essere italiano. Ma adesso
il logorio ha vinto ed è proprio per questo che voglio portare avanti,
fino in fondo, questa scelta.
Dopo un’oculata riflessione, durata circa vent’anni ed iniziata con
l’età della ragione, guardandomi intorno e facendo una precisa disamina
di quanto accaduto, in particolare negli ultimi anni, non posso che
confermare quanto scrittole nel primo paragrafo. Crisi
economica, mancanza di aiuti agli italiani costretti in degenza
economica, le continue pagliacciate da parte dei partiti istituzionali
ed aziende sane capaci di fornire lavoro
a migliaia di persone portate dallo Stato al fallimento. Questo lo
scenario targato Italia 2017. Il governo mantiene e difende,
esclusivamente, clandestini, extracomunitari ed immigrati. Chiunque,
l’importante che non sia italiano. Il tutto mentre i giovani, figli di
questa terra, sono costretti a scappare dal proprio paese. Lo fanno
perché non sono tutelati e non hanno nessuna garanzia di trovare un
impiego solido, capace di donare speranza nell’avvenire. Nel mentre gli
anziani, dopo una vita spesa facendo sacrifici su sacrifici, vedono
riconosciuta da questo Stato una pensione da miseria. Inoltre vogliamo
parlare degli italiani costretti a dormire in macchina? Uomini e donne
scaraventati fuori dal loro nido perché non possono più far fronte ad un
mutuo, le banche li strangolano, oppure sfratti dagli alloggi popolari.
In questo scempio, le forze dell’ordine sono costrette a lavorare
senza nessun tipo di garanzia, trattati peggio dei delinquenti e
utilizzando mezzi completamente obsoleti. Infine le famiglie costrette
ancora nei container in attesa di un alloggio dopo i, vari, terremoti
che hanno sconquassato lo stivale. Chiedere in Irpinia come vivono, a
distanza di 37 anni, da quando la terra tremò lasciando le certezze un
lontano ricordo. Senza dimenticare il livello vessatorio a cui sono
arrivate le tasse nella nostra nazione. Gli esattori, inesorabili
vampiri, pronti ad avventarsi sul nostro estenuante ed umile lavoro.
Proprio per questi motivi decido di rifiutare la nazionalità italiana e
di dimettermi dal ruolo di cittadino italiano. Dalla data odierna mi
considero apolide e pertanto richiederò accesso agli aiuti dedicati ai
cittadini stranieri residenti sul nostro territorio, oppure in attesa
del permesso di soggiorno. Non voglio essere più italiano, quindi
rinuncio a tale incombenza. Ci era rimasta un’unica arma a disposizione:
il voto.
Ormai, ritengo, inutile anche questa espressione democratica da parte
dei cittadini. Le malefatte, trasversali, della nostra infausta classe politica
– maggioranza, minoranza, sinistra, destra, centro e a stelle – mi
rendono certo che nessuno, politicamente parlando, può invertire la
rotta in cui l’Italia si è immessa.
In questo marasma cito le parole di uno dei padri della patria, Dante
Alighieri: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere
in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”. Divina Commedia
di una nazione alla deriva. Per come la politica
da seconda repubblica, in linea continua con la prima, agisce e
rappresenta la nazione è opportuno e necessario voltargli le spalle. Si
votassero da soli. Oppure si facciano votare da chi li ritiene adeguati e
si riconosce nella loro cronica incapacità professionale e indegnità
morale. Vent’anni in cui ci hanno tolto tutto, anche i sogni, quelli
nostri e delle generazioni che verranno. Ci hanno rubato l’unico valore a
cui tutti potevano accedere: la libertà. Mi assale e sprofondo in un
indomabile senso di vergogna. Lottare? Sì, l’ho fatto con i mezzi che
avevo a disposizione, ma purtroppo lottare in questo paese non porta a
nulla concreto. Perché questo sistema ed il Dna del nostro popolo,
opportunista e disunito, non vuole cambiare o cambierà solo davanti ad
un pallone da calcio. La mia, sia chiaro, non è una resa, ma una presa
di coscienza della situazione attuale. La lascio alle sue incombenze,
citando un altro grande siciliano, Franco Battiato: “Povera patria.
Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos’è il pudore si credono potenti e gli va
bene quello che fanno e tutto gli appartiene. Tra i governanti, quanti
perfetti e inutili buffoni. Questo paese è devastato dal dolore. Ma non
vi danno un po’ di dispiacere quei corpi in terra senza più calore?”.
(Andrea Pasini, “Non voglio più essere un italiano”, dal blog di Pasini sul “Giornale”
del 1° novembre 2017. Giovane imprenditore, Pasini gestisce il blog
“Senza paura” sul quotidiano diretto da Alessandro Sallusti).
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mercoledì 15 novembre 2017
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