Il massacro di bambini nel Parco giochi Gulshan-e Iqbal di
Lahore, opera dei talebani del ceppo Tehreek, Jamaat-ul-Ahrar (un tempo
scissionisti ora forse riconciliati, comunque deobandi che spingono per
un’aperta guerra religiosa) offre una sponda stragista all’aperto
conflitto che nella stessa giornata di domenica ha visto scontri feroci
nella zona proibita della capitale pakistana. Lì si sono riunite fra le
dieci e le ventimila persone, hanno incendiato la stazione metro di
Rawalpindi, chiedendo al Parlamento l’applicazione della shari’a.
contropiano.org di
Enrico Campofreda
Domenica si concludeva il periodo di lutto dall’esecuzione di Mumtaz
Qadri, avvenuta per impiccagione il 29 febbraio scorso. E’ bene
conoscere quest’episodio per comprendere il clima che vive il
popolatissimo Paese (circa 200 milioni di abitanti, erano 60 milioni nel
1970), vera mina vagante del grande Medio Oriente, dotato per giunta
dell’atomica. Qadri era un agente di polizia entrato nei reparti
speciali e finito fra le guardie del corpo che preservano, o tentano di
farlo, la vita di personalità in vista, impegnate sulla scena politica.
Lui doveva proteggere Salmaan Teseer, governatore del turbolento Punjab.
Quest’ultimo aveva preso pubblica posizione a favore d’una donna
cristiana, Asia Bibi, condannata per blasfemia, e s’era speso contro una
legge considerata estrema e faziosa.
Sulla
vicenda di Asia sviluppatasi fra il 2009, quando lei aveva dibattuto
pubblicamente con donne islamiche, e il 2010, quando una corte sentenziò
la sua condanna a morte, s’erano mosse alte sfere politiche. C’erano
state raccolte di firme, petizioni per la sospensione della sentenza
capitale, appelli del papa Benedetto XVI. Erano anche seguite le
esecuzioni per attentato del ministro cristiano Shahbaz Bhatti e del
citato governatore del Punjab, quest’ultimo per mano della guardia del
corpo Qadri che nel 2011 gli scaricò addosso 28 colpi della machine pistol d’ordinanza.
Durante i funerali del
poliziotto-assassino, colpito dal verdetto capitale a Rawalpindi, s’è
radunata una folla di centomila persone che chiedevano vendetta contro
le minoranze cristiane, considerate causa d’una destabilizzazione
socio-confessionale. ‘I’m Qadri’ gridava la massa dei
manifestanti che esaltava la propria contrapposizione a un governo
accusato di svilire le norme islamiche per “proteggere oltremodo i
cristiani”. In interviste riprese anche dalla tv nazionale, semplici
cittadini sostenevano che “l’Islam è una religione di armonia e pace, ma
non ammette d’essere insultata da infedeli e calpestata da una Corte”. E
un giorno via l’altro quest’astio, che monta da anni, è cresciuto.