Il segreto? “Avere voglia di fare”, sorride Bruno.
Tutto è iniziato nel lontano 1969, quando Bruno e sua moglie Marisa decidono di aprire una fraschetta in montagna. “Diciamo che la costruzione del parco giochi è stata un po’ come il mio secondo lavoro – ricorda – Cominciavo la mia giornata svegliandomi alle 4 del mattino, consegnavo le farine ai fornai della zona e al pomeriggio avevo un po’ di tempo libero. E così riuscivo a mettermi da parte un piccolo extra”.
Quando chiese al fabbro del paese un gancio per appendere le salsicce quello gli rispose che non aveva tempo. Bruno così imbracciò la saldatrice e iniziò a costruirsi tutto da solo, in pantaloni corti, zoccoli e a torso nudo. Da allora non ha più smesso. “Mangiavo un panino al volo a mezzogiorno e poi di corsa al bosco per mettermi al lavoro”. A volte rimaneva fino alle 9, alle 10 di sera. “Fin quando non avevo finito le cose che mi ero prefisso di fare”, insomma.
All’inizio la reazione è stata un po’ dubbiosa. “Ma cosa ci vai a fare, tutto solo, nel bosco! Mi dicevano un po’ tutti”, ricorda il signor Bruno. “Poi, col tempo, si sono abituati”.
La prima giostra montata è stata una classica altalena. A cui si sono aggiunti uno scivolo di 3 metri, uno di 30, un bob, una gabbia, un tappeto elastico e il giro della morte a pedali. Un vero e proprio parco giochi ad elettricità zero e costruito completamente a mano. A fare da cornice un boschetto con pioppi, olmi, faggi, platani, castagni e betulle.
Le oltre 40 attrazioni dell’Osteria ai Pioppi non sono meccaniche: il principio alla base è l’energia cinetica prodotta dal movimento di chi le usa. E qualcuno tra gli altri l’ha definita la Gardaland dei poveri. “Ricordo ancora il momento in cui il giornalista mi chiese di utilizzare quella definizione – racconta Bruno – Per me è azzeccatissima e descrive bene lo spirito di questo luogo”.
Nel 2015 il registra brasiliano Luiz Romero è arrivato quasi per caso all’Osteria dei Pioppi. “Stava seguendo un corso di cinematografia in città a Treviso. È passato qui per pranzare e si è subito innamorato del clima che si respirava”. Ne è nato un cortometraggio che ha avuto una diffusione mondiale ed è stato rilanciato per la prima volta dal Guardian e dalla BBC, che hanno descritto l’osteria come una delle “10 attrazioni autocostruite più bizzarre al mondo”. E tante tv, giovani registi e giornalisti continuano ad arrivare fin quassù, quasi ogni settimana, per raccontarne la storia. “Quello di Romero però rimane il più emozionante”, confida Bruno, che bada poco ai riflettori. E anzi continua a lavorare al parco con la stessa passione del primo giorno.
Le giostre sono tutte gratuite. “Non siamo una trattoria, ma in una specie di sagra di paese – spiega – Arrivi, ti siedi sulla panca di legno, stai all’aperto e consumi le tue salsicce, il tuo formaggio stagionato, la polenta e il vino. Ecco, il parco è e rimarrà gratuito perché si finanzia grazie all’arrivo dei clienti nella nostra fraschetta. In qualche modo tutto si mantiene grazie al guadagno che arriva dalle salsicce”, sorride Bruno.
Ma signor Bruno, lei ricorda la sua infanzia? Altro sospiro, altro sorriso. “Sappia che nel ’37, quando eravamo ragazzi noi, giocavamo con il cerchio e il bastone. Non avevamo niente, prima della guerra. C’era solo pellagra e fame”. Le cose però stanno cambiando. Oggi Bruno è assistito nel suo lavoro di manutenzione e costruzione del parco da suo nipote, Francesco: “Sta seguendo le mie orme. Ha passione, ha l’occhio giusto. Mi aiuta e mi dà la carica”, continua. Si stima che ogni anno siano passate di qui tra le 30mila e le 40mila persone. Il futuro? “Fino a 10 anni fa i miei programmi arrivavano lontano. Oggi mi devo limitare – confessa Bruno– Il mio orizzonte si ferma all’anno prossimo. Intanto – conclude – la devo lasciare. Ho appena finito di pranzare, e mi tocca tornare nel bosco”.
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