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Un anniversario che
si colora di sangue e di corpi sparsi dopo l’incidente avvenuto di
recente nel foggiano. Morire in miniera, sulla strada, nel mare o nel
deserto non fa differenza. Sono persone che, nella migrazione, libera o
forzata dalle circostanze, scavavano nella storia per trovare un
avvenire differente.
Tra l’8 di agosto del
1956, la tragedia di Marcinelle nel Belgio, e l’8 di agosto del 2018
c’è di mezzo la strada dove hanno trovato la morte 16 persone. Dodici
più quattro, appena qualche giorno fa in circostanze simili. A
Marcinelle i morti furono 262, di cui 136 connazionali, svenduti per 200
kilogrammi di carbone a testa.
In dieci anni furono
oltre 140 mila gli italiani che, spinti dall’accordo tra l’Italia e il
Belgio, raggiunsero le miniere di carbone. Il treno era l’aereo e le
barche del Mediterraneo dell’epoca. L’Italia si era impegnata a mandare
in Belgio due mila uomini la settimana. Braccia in cambio di carbone e,
talvolta, di morte.
Si muore nei furgoni,
in modo clandestino, come il lavoro e le braccia che reggono l’economia
agricola del nostro prezioso Sud. Pomodori invece di carbone, sulla
strada in furgoni che trasportano i braccianti che per un euro,
raccolgono un quintale di pomodori. Carbone e pomodori, tutta una
questione di quantità, la vendita rimane la stessa. Berretti rossi
invece di elmetti protettivi, i primi per ripararsi dal sole e i secondi
per sicurezza. Ci sarà la marcia per accompagnare la sconfitta di
un’economia che si definisce sommersa per pudore o per sfrontatezza.
Non è un’economia ma
una schiavitù accettata e resa lucrativa con le complicità di chi
dovrebbe dare lavoro con dignità. Il profitto cieco dei venditori di
pomodori made in Italy con manodopera africana. Si dovrebbe almeno
correggere l’etichetta. Evidenziare i nomi di chi assicura il benessere
di una regione. Pomodori in cambio di qualche euro e carbone, in cambio
di minatori.
Tutto
ciò visto da Niamey, il Sud della Libia, aiuta a capire meglio il
sistema di sfruttamento sul quale riposa e prospera l’economia al Nord
della Libia. L’accumulazione primitiva perpetua il sistema e si tinge di
rosso. Il deserto che ci separa è quello negli occhi e nelle mani. Il
mare che ci accomuna si trasforma in un campo di battaglia elettorale
per nazionalismi da strapazzo. L’anniversario di Marcinelle è
l’occasione per tornare a scavare per trovare, sulla strada, l’umanità
perduta.
Niamey, 8 agosto 2018
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