dinamopress
Un
viaggio-inchiesta dentro le crepe del sistema italiano che accoglie i
richiedenti asilo e protezione internazionale. Un racconto dall’interno
che ne analizza tutte le complessità. A partire dalla compresenza degli
attori coinvolti: operatori sociali, migranti, mediatori culturali,
avvocati, enti pubblici locali e nazionali, imprese private.
È Il sistema di accoglienza in Italia. Esperienza, resistenze, segregazione un
libro a più voci, di recente uscita (Orthotes edizioni) che «ha
l’obiettivo di mettere in discussione i discorsi sulle migrazioni che si
fanno in relazione al sistema di accoglienza, rompendo lo sguardo
coloniale applicato alle persone migranti», come scrive il sociologo
dell’Università di Salerno Gerardo Avallone nel testo introduttivo. Racconta Avallone:
«questo libro è una presa di parola collettiva, eretica e meticcia. Gli autori e le autrici dei saggi non hanno espresso un unico punto di vista, una voce omogenea, ma tutti i testi presentati convergono nel riconoscimento del fatto che l’attuale sistema di accoglienza vigente in Italia va superato».
I motivi alla base di tale superamento, secondo
il sociologo: «risiedono nel suo fondarsi sulla mercificazione,
l’infantilizzazione, la negazione della soggettività politica delle
persone migranti». È ciò che in effetti il libro mostra empiricamente,
da diverse prospettive, riportando all’interno anche alcuni casi di
studio. Pur nella sua autorevolezza scientifica, l’analisi predilige un
punto di vista, una lenta di osservazione che produce una scelta: di
racconto radicale. Una presa di parola eretica, appunto, che è già
manifesta nelle stesse biografie degli autori.
Gli autori e le loro biografie. Una scelta di campo
Oltre al contributo di Avallone, infatti, all’interno
dell’opera si trovano i saggi di Yasmine Accardo della Campagna
Lasciatecientrare, di Karima Sahbani, mediatrice linguistica culturale,
dell’avvocato Rocco Agostino, della psicologa Adelina Galdo, di Daouda
Njang presidente dell’associazione senegalesi di Salerno. Una pluralità
di voci, dunque, tra cui troviamo anche gli attivisti del centro sociale
Ex Opg – Je So’ Pazzo di Napoli, insieme a quelli dell’associazione
dilettantistica Atletico Brigante, squadra di calcio antirazzista di
Benevento. Una denuncia collettiva della malaccoglienza come sistema, parafrasando il titolo del saggio di Yasmine Accardo.
Nel saggio di Accardo ci sono le numerose denunce che negli ultimi 5 anni sono state portate avanti da Lasciatecientrare una
campagna nata nel 2013 per contrastare l’impedimento dell’accesso di
membri della società civile ai Cie, che si poneva, cioè, contro l’abuso
della detenzione amministrativa nei confronti degli stranieri). Una rete
che poi ha coinvolto centinaia di attivisti, nelle segnalazioni contro
gli enti gestori dell’accoglienza, inviate alle Procure, ai tribunali
per i minorenni, all’Autorità Anticorruzione. «Abbiamo testimoniato
l’orrore» scrive Yasmine Accardo: «alcuni colossi della cooperazione
sociale come Auxilium, la Cascina, Senis Hospes, Misericordie, sono
stati messi sotto accusa nell’inchiesta Mafia Capitale, ma ancora oggi
gestiscono mini e grandi centri di accoglienza». E ancora, «mentre non
mancano i procedimenti in atto per gli abusi e le morti avvenute nei
centri di accoglienza, le querele e le minacce nei confronti di noi
attivisti, il sistema clientelare in Italia è così pervasivo che
ovviamente doveva manifestarsi anche nell’accoglienza». Ma c’è di più,
prosegue Accardo, «i migranti che arrivano in Italia passano da un
sistema di accoglienza, che, nella migliore delle ipotesi, offre almeno
la scuola di italiano, e, nella peggiore, ti mette direttamente in mano
agli sfruttatori». Le cose si complicano quando si esce dal sistema di
accoglienza, quando si fa i conti, cioè, con quello che il sistema
pubblico italiano offre (o meglio non offre) agli stranieri, né
tantomeno ai cittadini italiani. Dunque, significa fare i conti con
l’assenza di un lavoro degno, con i disservizi sanitari, con la mancanza
di politiche abitative, in un particolare contesto storico come quello
attuale, caratterizzato, più in generale, dalle aggressioni ai soggetti
deboli.
È la doppia assenza, per dirla con un’immagine cara al sociologo Abdelmalek Sayad. È quella che emerge tra le pieghe di questo libro collettivo. Doppia assenza: di accoglienza e di diritti.
Una immagine che – nell’insegnamento del sociologo franco-algerino – sta a significare: «che con l’emigrazione il migrante si stacca dalla sua società di origine senza però essere accolto nella società dove arriva».
Per Sayad il migrante si trova doppiamente
assente: «egli è assente (mentalmente, culturalmente) dove è presente
(fisicamente); mentre è assente (fisicamente) dove è presente
(culturalmente etc)». È questa stessa condizione di doppia assenza, che
il sistema di accoglienza italiano produce e perpetua nei confronti dei
migranti che arrivano in Italia, ed è ciò che secondo gli autori del
libro va superato.
Superare l’accoglienza
«Occorre superare un sistema di questo tipo, che
produce e considera le persone migranti e i richiedenti asilo come
soggetti deboli, cioè dotati di meno diritti, condizioni, possibilità e
risorse inferiori rispetto al resto della popolazione», scrivono gli
autori: «ciò è possibile non solo riconoscendo le migrazioni come un
movimento sociale, dunque a partire dal riconoscimento della forza dei
soggetti che emigrano, ma anche dando importanza alle voci degli
operatori e delle operatrici “eretici”», per dirla ancora con Sayad; con
i soggetti, cioè, interessati a mettere in discussione le politiche di
accoglienza dominanti. Ed è in questa tensione che il libro si colloca,
«tra il movimento che tende a irreggimentare le migrazioni attraverso
politiche nazionali e sovranazionali e costruzioni simboliche razziste, e
quello che tende ad affermare l’autonomia delle migrazioni e la loro
liberazione».
Recensione apparsa sulla rivista Confronti
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