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Non ammesso al Servizio di assistenza e sostegno socio alloggiativo perché mancava il permesso di soggiorno, ma è italiano. La denuncia è partita dal sindacato Unione Inquilini, il Consigliere Stefano Fassina ha presentato un’interrogazione alla Sindaca Raggi. Intanto la chiusura dei residence a Roma resta un miraggio.
Quasi tutti i 1.200 nuclei che abitano nei residence romani
hanno presentato domanda per il Servizio di assistenza e sostegno socio
alloggiativo temporaneo (Sassat) che dovrebbe sostituire i centri di
assistenza alloggiativa temporanea (Caat), i residence appunto, secondo
il piano delineato con la delibera 146 del 2017. Negli elenchi
pubblicati pochi giorni fa, i nuclei familiari ammessi sono 529, 527 gli
esclusi e 125 nuclei risultano «esclusi sanabili». In tutto sono 1.181 i
richiedenti.
Un richiedente è stato escluso perché mancherebbe il permesso di soggiorno. Ma è italiano. Gli uffici avrebbero comunicato al richiedente escluso di non presentare ricorso in quanto sarebbe stato «tecnicamente inammissibile». Su pressione di Unione Inquilini è arrivata poi la smentita del Direttore Interventi Alloggiativi, Paolo Cesare Lops: gli elenchi degli ammessi al Sassat sono provvisori e c’è tempo fino al 17 settembre 2018 per presentare ricorso. «Naturalmente, nel lavoro iniziale dei procedimenti istruttori può anche avvenire che vengano fatti degli errori ma se l’ufficio ha motivo di rendersi conto di errori commessi, l’ufficio stesso opererà in autotutela correggendo quanto riscontrato nella definizione definitiva degli elenchi» ha riferito Lops.
Il piano di chiusura dei residence è certamente pieno di insidie, imprevisti, modifiche, rettifiche e variazioni in corsa che sostanzialmente ne registrano il fallimento.
I residence che si vorrebbero chiudere sono circa 30 sul territorio romano, e ospitano 1.200 nuclei familiari in disagio abitativo. Il Comune paga una trentina di milioni l’anno per il loro affitto: troppo, e dal 2013 il Comune inizia a non rinnovare i contratti in scadenza. La delibera 146 del 25 luglio 2017 delinea il Piano Generale Assistenziale Alternativo ai Caat. Il Piano prevede una «presa in carico individualizzata» in un percorso in tre fasi per il superamento dei residence e il raggiungimento dell’autonomia. Prima fase, il nuovo Servizio di Assistenza e Sostegno Socio Alloggiativo Temporaneo (Sassat): case pagate dal Comune in cui ospitare i nuclei provenienti dai Caat per un massimo di due anni, in attesa del passaggio alle successive fasi del percorso –il Buono Casa e l’assegnazione di alloggi ERP.
La delibera 146 prevede il reperimento degli alloggi in due fasi in base alla scadenza dei contratti di affitto dei residence, e l’istituzione di una cabina di regia per la mappatura dei beni del Comune e dei beni confiscati alla criminalità da destinare al piano. Intanto si procede a reperire gli alloggi sul libero mercato. A inizio settembre viene pubblicato il primo bando per il reperimento di 800 alloggi, mettendo a disposizione 12 milioni di euro di fondi di bilancio.
Contemporaneamente viene pubblicato l’Avviso speciale per l’ingresso nei Sassat riservato agli abitanti dei residence, che devono fare domanda di ammissione entro fine ottobre.
A fine settembre, a invio di domande per il Sassat in corso, cambiano l’Avviso e l’Allegato A per la presentazione delle domande, con la rettifica di due punti relativi alla documentazione da presentare riguardo l’inserimento in graduatoria ERP e l’ammissione al Buono Casa. Però valgono entrambi gli allegati, il vecchio e il nuovo: «è necessario che il precedente Allegato A, venga considerato comunque valido, questo anche in considerazione delle domande già pervenute e che nella fase istruttoria si terrà conto delle modifiche introdotte» si legge nella determina dirigenziale.
Per valutare le domande pervenute, la determinazione dirigenziale n.3859/2017 del 14 novembre individua gli schemi di valutazione della cosiddetta categoria delle «fragilità», nuclei «richiedenti il Sassat o comunque in condizioni di emergenza alloggiativa».
Il 20 novembre il Dipartimento Politiche Abitative registra 1.298 domande pervenute per il Sassat. La responsabile del servizio Caat chiede l’assegnazione di 6 unità di personale straordinario per il loro esame (come del resto previsto dalla delibera) che però non arrivano.
A fine novembre scade il bando per il reperimento degli alloggi, che va deserto. Arrivano due proposte, giudicate entrambe inammissibili: la prima per mancanza di documentazione e l’altra, della “Ten Immobiliare” (la società di Totti, già proprietaria di uno dei CAAT da chiudere), per eccessiva offerta economica. Neanche la mappatura degli immobili pubblici, da farsi entro il 30 ottobre 2017, è stata fatta. A giugno neanche la valutazione delle domande pervenute a novembre è stata fatta, a causa della «esiguità delle risorse umane a disposizione degli Uffici competenti».
Che fare? Una nuova delibera. A giugno 2018 la delibera 110 modifica la 164 del 2017. Slitta il cronoprogramma, la chiusura dei residence è ora prevista a fine marzo 2019. Cambiano anche i presupposti per l’accesso al Sassat, con l’aggiunta di ulteriori requisiti, quali «la residenza pregressa nel Municipio in cui è stata individuata la struttura da assegnare e l’idoneità della medesima alle specifiche condizioni di fragilità sociale e sanitaria del nucleo stesso». Allo scopo di «agevolare una crescente autonomia» vengono imputati a carico di nuclei familiari che usufruiscono dei Sassat le spese per le utenze, per l’arredamento, per la manutenzione ordinaria e le spese condominiale. Si stabilisce che gli esclusi dal Sassat, ma con i requisiti per acceder al Buono Casa (una misura che fatica a funzionare) avranno 90 giorni di tempo per poterne usufruirne. Scaduto tale termine decadranno dall’assistenza alloggiativa, così come gli esclusi senza requisiti.
L’11 luglio scorso è stato pubblicato un nuovo bando per il reperimento degli alloggi: non più 800 ma 500, con uno stanziamento di fondi di 5 milioni anziché i 12 previsti dal primo bando. A fine settembre sapremo l’esito.
Intanto è finito l’esame delle domande presentate e sono state pubblicati gli elenchi dei richiedenti, ammessi e non. A oggi sarebbero 1.181 le richieste (diminuite rispetto alle 1.298 registrate a novembre). Di questi solo 529 risultano ammessi, con un sistema di punteggi che rischia di creare ulteriori problemi. Gli alloggi poi sarebbero solo 500, ammesso che il bando non vada deserto. Intanto, Unione Inquilini sta preparando i ricorsi.
Infatti «all’Unione Inquilini risultano altri casi di rigetto illegittimo delle domande», si legge nell’interrogazione presentata da Fassina. «La pubblicazione – prosegue l’interrogazione – nel mese di agosto, della graduatoria di accesso ai SASSAT e conseguentemente il termine del 17 settembre 2018 come data per la presentazione di eventuali ricorsi, non appaiono scelte volte ad assicurare percorsi di partecipazione agevoli e trasparenti agli utenti, tra l’altro appartenenti a fasce deboli e disagiate, anche in considerazione del fatto che, ad oggi, la procedura volta al reperimento di alloggi da destinare all’assistenza alloggiativa temporanea alternativo ai CAAT non ha prodotto i risultati auspicati ( il bando è andato deserto) e quindi non sussiste alcuna motivazione che giustifichi la scelta della pubblicazione della graduatoria in agosto»
foto di Daniele Napolitano
Un richiedente è stato escluso perché mancherebbe il permesso di soggiorno. Ma è italiano. Gli uffici avrebbero comunicato al richiedente escluso di non presentare ricorso in quanto sarebbe stato «tecnicamente inammissibile». Su pressione di Unione Inquilini è arrivata poi la smentita del Direttore Interventi Alloggiativi, Paolo Cesare Lops: gli elenchi degli ammessi al Sassat sono provvisori e c’è tempo fino al 17 settembre 2018 per presentare ricorso. «Naturalmente, nel lavoro iniziale dei procedimenti istruttori può anche avvenire che vengano fatti degli errori ma se l’ufficio ha motivo di rendersi conto di errori commessi, l’ufficio stesso opererà in autotutela correggendo quanto riscontrato nella definizione definitiva degli elenchi» ha riferito Lops.
Il piano di chiusura dei residence è certamente pieno di insidie, imprevisti, modifiche, rettifiche e variazioni in corsa che sostanzialmente ne registrano il fallimento.
I residence che si vorrebbero chiudere sono circa 30 sul territorio romano, e ospitano 1.200 nuclei familiari in disagio abitativo. Il Comune paga una trentina di milioni l’anno per il loro affitto: troppo, e dal 2013 il Comune inizia a non rinnovare i contratti in scadenza. La delibera 146 del 25 luglio 2017 delinea il Piano Generale Assistenziale Alternativo ai Caat. Il Piano prevede una «presa in carico individualizzata» in un percorso in tre fasi per il superamento dei residence e il raggiungimento dell’autonomia. Prima fase, il nuovo Servizio di Assistenza e Sostegno Socio Alloggiativo Temporaneo (Sassat): case pagate dal Comune in cui ospitare i nuclei provenienti dai Caat per un massimo di due anni, in attesa del passaggio alle successive fasi del percorso –il Buono Casa e l’assegnazione di alloggi ERP.
La delibera 146 prevede il reperimento degli alloggi in due fasi in base alla scadenza dei contratti di affitto dei residence, e l’istituzione di una cabina di regia per la mappatura dei beni del Comune e dei beni confiscati alla criminalità da destinare al piano. Intanto si procede a reperire gli alloggi sul libero mercato. A inizio settembre viene pubblicato il primo bando per il reperimento di 800 alloggi, mettendo a disposizione 12 milioni di euro di fondi di bilancio.
Contemporaneamente viene pubblicato l’Avviso speciale per l’ingresso nei Sassat riservato agli abitanti dei residence, che devono fare domanda di ammissione entro fine ottobre.
A fine settembre, a invio di domande per il Sassat in corso, cambiano l’Avviso e l’Allegato A per la presentazione delle domande, con la rettifica di due punti relativi alla documentazione da presentare riguardo l’inserimento in graduatoria ERP e l’ammissione al Buono Casa. Però valgono entrambi gli allegati, il vecchio e il nuovo: «è necessario che il precedente Allegato A, venga considerato comunque valido, questo anche in considerazione delle domande già pervenute e che nella fase istruttoria si terrà conto delle modifiche introdotte» si legge nella determina dirigenziale.
Per valutare le domande pervenute, la determinazione dirigenziale n.3859/2017 del 14 novembre individua gli schemi di valutazione della cosiddetta categoria delle «fragilità», nuclei «richiedenti il Sassat o comunque in condizioni di emergenza alloggiativa».
Il 20 novembre il Dipartimento Politiche Abitative registra 1.298 domande pervenute per il Sassat. La responsabile del servizio Caat chiede l’assegnazione di 6 unità di personale straordinario per il loro esame (come del resto previsto dalla delibera) che però non arrivano.
A fine novembre scade il bando per il reperimento degli alloggi, che va deserto. Arrivano due proposte, giudicate entrambe inammissibili: la prima per mancanza di documentazione e l’altra, della “Ten Immobiliare” (la società di Totti, già proprietaria di uno dei CAAT da chiudere), per eccessiva offerta economica. Neanche la mappatura degli immobili pubblici, da farsi entro il 30 ottobre 2017, è stata fatta. A giugno neanche la valutazione delle domande pervenute a novembre è stata fatta, a causa della «esiguità delle risorse umane a disposizione degli Uffici competenti».
Che fare? Una nuova delibera. A giugno 2018 la delibera 110 modifica la 164 del 2017. Slitta il cronoprogramma, la chiusura dei residence è ora prevista a fine marzo 2019. Cambiano anche i presupposti per l’accesso al Sassat, con l’aggiunta di ulteriori requisiti, quali «la residenza pregressa nel Municipio in cui è stata individuata la struttura da assegnare e l’idoneità della medesima alle specifiche condizioni di fragilità sociale e sanitaria del nucleo stesso». Allo scopo di «agevolare una crescente autonomia» vengono imputati a carico di nuclei familiari che usufruiscono dei Sassat le spese per le utenze, per l’arredamento, per la manutenzione ordinaria e le spese condominiale. Si stabilisce che gli esclusi dal Sassat, ma con i requisiti per acceder al Buono Casa (una misura che fatica a funzionare) avranno 90 giorni di tempo per poterne usufruirne. Scaduto tale termine decadranno dall’assistenza alloggiativa, così come gli esclusi senza requisiti.
L’11 luglio scorso è stato pubblicato un nuovo bando per il reperimento degli alloggi: non più 800 ma 500, con uno stanziamento di fondi di 5 milioni anziché i 12 previsti dal primo bando. A fine settembre sapremo l’esito.
Intanto è finito l’esame delle domande presentate e sono state pubblicati gli elenchi dei richiedenti, ammessi e non. A oggi sarebbero 1.181 le richieste (diminuite rispetto alle 1.298 registrate a novembre). Di questi solo 529 risultano ammessi, con un sistema di punteggi che rischia di creare ulteriori problemi. Gli alloggi poi sarebbero solo 500, ammesso che il bando non vada deserto. Intanto, Unione Inquilini sta preparando i ricorsi.
Infatti «all’Unione Inquilini risultano altri casi di rigetto illegittimo delle domande», si legge nell’interrogazione presentata da Fassina. «La pubblicazione – prosegue l’interrogazione – nel mese di agosto, della graduatoria di accesso ai SASSAT e conseguentemente il termine del 17 settembre 2018 come data per la presentazione di eventuali ricorsi, non appaiono scelte volte ad assicurare percorsi di partecipazione agevoli e trasparenti agli utenti, tra l’altro appartenenti a fasce deboli e disagiate, anche in considerazione del fatto che, ad oggi, la procedura volta al reperimento di alloggi da destinare all’assistenza alloggiativa temporanea alternativo ai CAAT non ha prodotto i risultati auspicati ( il bando è andato deserto) e quindi non sussiste alcuna motivazione che giustifichi la scelta della pubblicazione della graduatoria in agosto»
foto di Daniele Napolitano
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