Due anni fa avevo una presentazione al
Salone del libro. Nell’attesa feci un giro per le sale e il maggior
affollamento lo notai in uno stand dove c’era non so più quale cuoco- pardòn– chef (termine che ne alimenta l’importanza). Gli chef spopolano, specie sulle televisioni, suscitando reazioni negative anche su queste pagine. Uno
chef ormai è talmente famoso che gli si affidano le più svariate
campagne pubblicitarie, sicuri che la gente lo riconosca e la campagna
abbia successo. Lo chef buca lo schermo.
E questa domenica si celebra proprio la
giornata internazionale della povertà. A me che appunto mi occupo anche
di problemi sociali (distruzione dell’ambiente e disparità sociali sono
due facce di una stessa ingiustizia), questo procura particolarmente
fastidio. Che si celebrino come divinità persone
titolari di imprese (quando non di veri e propri imperi economici) che
danno da mangiare, anzi, scusatemi, che dispensano esperienze
sensoriali, per quella ristrettissima cerchia di persone che in Italia
sono sempre più ricche.
Vediamo un po’ il semplice menù degustazione di alcuni chef stellati: Antonino Cannavacciuolo, 120 euro a persona, Carlo Cracco 180 euro a persona (ahimé ha perso una stella Michelin), Massimo Bottura (la cui “Osteria francescana” è tutto meno che un’osteria e di francescano ha solo il nome), 220 euro a persona. Sempre esclusi i vini, ça va sans dire, per restare nel campo dei francesismi.
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