martedì 19 aprile 2016

Roma non si vende. Sabato 23 aprile assemblea popolare in piazza.

Partecipanti al corteo 'Roma non si vende' in piazza del Campidoglio, Roma, 19 marzo 2016.
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

All’indomani delle centinaia di lettere giunte in questi mesi nelle cassette di altrettante associazioni, cooperative e realtà sociali che  svolgono le loro attività in spazi di proprietà comunale, la risposta della Roma solidale non si è fatta attendere.

 
Mentre gli uffici eseguono pedissequamente gli ordini imposti, avvalendosi della delibera 140, senza cercare la minima interlocuzione con i municipi, unici organi di democrazia rimasti nei territori, e senza vagliare prima quali spazi svolgano in realtà azioni di utilità sociale, cittadini e cittadine, attivisti e attiviste di tanti spazi e realtà differenti cominciano a incontrarsi e a  confrontarsi per fare rete. Una rete ben consapevole che la questione in gioco non è tanto quella di salvare dallo sgombero questo o quello spazio, quanto piuttosto quella di affermare una certa idea di città. Una città ancora capace di solidarietà, accoglienza, mutualismo, welfare municipale dal basso, apertura di spazi e movimento.


191102704-7d739bdb-862a-4627-80d2-84a8b617118dSe la ricetta che salva Roma è, ancora una volta, meno servizi, perdita di diritti e condizioni di lavoro peggiori, licenziamenti, privatizzazioni, alienazione del patrimonio pubblico, ridotta possibilità di utilizzo dei beni comuni per i cittadini, ebbene questa rete comincia a dire no a tutto questo. Chi si è sporcato le mani, valorizzando dal basso stabili abbandonati, creando servizi, luoghi di aggregazione e di cultura, non ci sta a veder tutto cancellato come con un colpo di spugna. Non sarà una delibera ad azzerare tutte quelle esperienze che mantengono vivi i legami sociali, la cooperazione e il mutualismo dentro ai quartieri, spesso periferie impoverite dalla crisi e dimenticate da una gestione politica troppo impegnata a lucrare sulla pelle dei migranti o a truccare procedimenti di evidenza pubblica (i famosi bandi) in favore di vere e proprio lobby di potere.
Ma per creare un’alternativa forte c’è bisogno di creare unità e condivisione.
Un primo passaggio in direzione di questo allargamento si è dato senza dubbio il 4 marzo, nell’Assemblea al Cinema Palazzo dove in molti ci siamo ritrovati, consapevoli della durezza dell’attacco ricevuto, ma soprattutto consapevoli che nessuno si salva da solo e dunque desiderosi di trovare, insieme, una via d’uscita che fosse all’altezza e capace di costruire un’alternativa costituente allo stato di cose presenti.
Roma non si vende corteoEd è in questa direzione che abbiamo costruito il grande corteo del 19 marzo , riuscito anche al di là di ogni migliore previsione, perché in grado di portare in piazza una grande fetta di cittadini e cittadine, circa 20000 persone, stufe di vivere in una città maltrattata, dove i servizi pubblici vengono tagliati e successivamente privatizzati, gli spazi di cultura e di aggregazione si chiudono; una città dove vengono a mancare gli stessi diritti fondamentali, dalla casa all’istruzione (pensiamo alla questione dei nidi e degli asili comunali), ad un lavoro dignitoso, ma soprattutto al benessere e alla condivisione dei beni per la crescita di tutti.

Nella morsa di chi vuole, come uniche alternative, da un lato un sistema politico corrotto e clientelare e dall’altro un governo tecnico di commissari e prefetti, come nel più classico “guardia e ladri” all’italiana, quella moltitudine, riprendendosi simbolicamente piazza del Campidoglio, alludeva ad una terza via possibile.
Una terza via che parla di democrazia dal basso, della possibilità di scegliere insieme, cittadini e cittadine, sulla gestione del patrimonio comune, sulla sua destinazione d’uso. Una terza via che parla di investimenti pubblici per servizi di qualità, di beni comuni, e che dunque rifiuta la logica del debito così come ci viene proposta. Sappiamo bene infatti che sulla città di Roma grava lo stesso macigno che, a livello europeo, grava su tutti gli Stati, quello del pareggio di bilancio. E con esso, quello di un debito illegittimo perché formato per buona parte da interessi imposti da banche e istituti finanziari, frutto della speculazione di amministrazioni che, con quei soldi, avrebbero dovuto investire in servizi pubblici e che invece hanno impegnato in operazioni finanziarie di nessuna utilità sociale.
Carovana in corteo il 19 (via cavour)Bene! questa terza via oggi si sta delineando partendo da una discussione collettiva, fatta dal basso, capillarmente, cercando di coinvolgere le persone territorio per territorio. Lo abbiamo fatto il 9 di questo mese, quando ogni municipio ha espresso localmente le idee e le aspirazioni di #romanonsivende, segnalando i luoghi abbandonati e quelli sottratti all’abbandono e restituiti al quartiere grazie all’impegno e alla solidarietà di tanti e tante. Lo abbiamo fatto mercoledì 13, salendo sulle impalcature della Basilica di Massenzio e continuiamo a farlo nella costruzione concreta di un’alternativa, una vera e propria Carta di Roma comune dove individuare i punti per noi imprescindibili per la gestione di Roma; dove mettere nero su bianco la proposta di un’alternativa al bando pubblico e all’alienazione coatta di spazi, associazioni e realtà che hanno rappresentato e rappresentano welfare dal basso, sussidiarietà e servizi nei territori.
Le esperienze delle delibere napoletane o del Comune di Chieri in Piemonte, ci parlano di un’altra strada percorribile in cui è riconosciuto il valore dell’uso oltre la proprietà, in cui si immaginano nuove forme di tutela e cogestione dei beni comuni tra l’ente comunale e le soggettività autonome interessate a prendersene cura.
Ma per continuare a costruire questa Carta e per bloccare il processo di sgomberi e sfratti, c’è bisogno di essere tutti uniti. Per questo lanciamo l’invito a partecipare ad una prima giornata di dibattito sulla possibile alternativa da definire insieme. Una giornata per discutere dal basso la Carta di Roma comune, di tutti quegli spazi, realtà associative senza scopo di lucro, singoli cittadini e cittadine che vogliono che a decidere sia davvero la città!
#Romanonsivende #decideRoma  23 Aprile – Piazza dell’Immacolata –  h 15.00

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