Una
studentessa italiana che vive e studia a Parigi ha condiviso alcune
riflessioni su quanto sta accadendo nella capitale francese nel contesto
della mobilitazione contro la Loi Travail.
Dal profilo Facebook di Martina:
Che
qualcosa stia accadendo è fuori discussione, non c’è bisogno di avere
un occhio attento, basta camminare per strada e i muri parlano da sé.
“Le monde ou rien” ovunque, vetrine in frantumi, banche riverniciate,
franprix saccheggiati, agenzie immobiliari rovesciate, 30 000 euro di
danni in una sera, Jaguar taggate da bombolette, pubblicità ridotte in
stracci. La città è trasformata da un’onda di persone che ognuna con i
suoi mezzi e le sue pratiche la rielabora, la cambia, la attraversa, la
vive come mai prima era stato possibile farlo.
Vivere
Parigi è difficile, faticoso, è l’incarnazione del soffocamento causato
dal sistema capitalistico mondiale. È una città che abbrutisce, che
stringe i polmoni, che rende grigi. A Parigi non c’è il tempo perchè per
spostarsi le ore passano sottoterra, perchè per mangiare bisogna
arrangiarsi tra una recupera di verdure e un lavoro saltuario, perchè
uscire di casa (quando hai la fortuna di averla abbastanza dignitosa per
poterla definire tale) e bersi una birra diventa un investimento che
non ci si può permettere a cuor leggero. Non c’è il tempo per camminare,
la gente corre e i giorni passano nell’inesorabile flusso della
sopravvivenza.
La
loi travail ha dato una svolta, ha fatto sì che ci si iniziasse a porre
delle domande su come si vive e dove si va.
Ci si è ripresi il tempo
per uscire di casa, mettersi in sciopero, calpestare il pavé che
lastrica le strade di quartieri inaccessibili, per stare in piazza. Era
talmente difficile vivere che avere la possibilità di avere un luogo da
riempire con i corpi e con le menti ha significato un’occupazione di una
piazza, con tutte le sue contraddizioni e limiti, per settimane intere.
C’è chi si batte per mantenere lo status quo e il code du travail o per
riscrivere una nuova costituzione ma c’è anche chi mette in discussione
questo mondo, dall’inizio alla fine. E l’incontro tra soggettività e
pratiche così diverse è l’effettiva traduzione di quella “convergenza
delle lotte” che finora rimane un marchio pubblicitario di un
contenitore mezzo vuoto.
I
cortei spontanei, la solidarietà con gli arrestati, le barricate alle
entrate dei licei e delle facoltà, i blocchi delle stazioni e dei
McDonald’s, la consapevolezza che “tout le monde deteste la police”,
stanno liberando il tempo mangiato dal sistema in cui viviamo. La
repressione, lo stato di emergenza e il delirio securitario non sono più
degli assunti ai quali essere abituati : si aprono dei varchi in cui
c’è la possibilità di riflettere sul significato di una democrazia che
si palesa come controllo asfissiante sull'individuo e limite ai margini
d’azione collettivi, come impossibilità di mobilità dentro e fuori i
confini statali e polizia come risposta all'insicurezza generalizzata.
Dire che della legge sul lavoro ce ne freghiamo perchè non vogliamo più
lavorare del tutto può sembrare pretenzioso e utopistico ma dietro la
retorica dello slogan si intravede una riflessione sul rifiuto della
mercificazione dei corpi, delle menti e del tempo.
Per
la prima volta sento battere il cuore di questa città fino ad ora
assopita. È ancora presto per immaginarsi dove si arriverà, prendiamoci
il tempo per assaporare questi momenti in cui le contraddizioni del
reale vengono violentemente svelate. Poi ci saranno le vacanze, forse
République si trasformerà in un partito o in una piazza Santa Giulia,
forse all’università si ricominceranno le lezioni e gli esami (e forse
dovrò davvero scriverla questa maledetta tesi). Ma intanto rimane sempre
più vera la scritta sulla lavagna di Tolbiac : “Continuons le debut”,
ossia continuiamo a sperimentare nella quotidianità altre modalità di
abitare, di camminare, di guardare. L’intensità di questo mese e mezzo, i
sorrisi scambiati sotto un riflesso di un fumogeno che rischiara la
notte, l’energia che scorre in un passo svelto che sa dove andare,
“Paris debout, soulève toi” che rimbomba nelle tempie. Tutto questo è
l’inizio da continuare.
Nessun commento:
Posta un commento