Onorevole ministro Martina, Le scriviamo perché a pronunciare queste parole è stato proprio Lei. E non durante un convegno o nel corso di un'intervista in Tv, ma in Commissione Agricoltura alla Camera, il 19 novembre 2014.
Credere che un trattato di libero commercio tra Stati Uniti e Unione europea potesse escludere gli OGM era davvero arduo già allora. Oggi è addirittura impossibile.
I documenti che Greenpeace, CEO e GeneWatch hanno ottenuto con un accesso agli atti dalla Commissione Europea confermano infatti che gli OGM sono parte del negoziato e che le pressioni dell'Ufficio del commercio statunitense (USTR) sono state esplicite. Fino a rimproverare la Commissione per il fatto che le politiche europee sugli OGM "limitano l'importazione e l'uso di materie prime agricole statunitensi ottenute tramite biotecnologie".
Se l'obiettivo del TTIP è quello di armonizzare le norme transatlantiche in una serie di settori (tra cui alimenti, sicurezza dei prodotti di consumo e tutela ambientale) per "rimuovere" le suddette limitazioni, il problema non sono i prodotti agricoli ottenuti tramite biotecnologie ma le "barriere" al libero commercio poste dalle politiche e dalle normative comunitarie.
Da qui la recente offensiva per convincerci che le "nuove biotecnologie" - gene-editing e altre nuove tecniche biotech - nulla hanno a che fare con gli OGM e che quindi possono essere esentate dai processi di valutazione dei rischi degli OGM in Europa e della relativa etichettatura. Scoprire oggi che la Commissione europea tiene da mesi nel cassetto un parere legale che conferma che i "nuovi OGM" ricadono nella normativa Ue sugli OGM non sorprende nessuno. Soprattutto, non sorprende chi conosce la Commissione e le norme sugli OGM.
In sintesi, il negoziato del TTIP in materia di prodotti agricoli si traduce in una lieve riduzione dei dazi per consentire un qualche aumento nelle esportazioni di alcuni prodotti "Made in Italy", ricercati negli Stati Uniti per la loro tipicità, in cambio dell'adozione di pratiche agricole che avrebbero, rapidamente, la conseguenza di far venir meno la suddetta tipicità. A questo suggerimento masochista i produttori italiani hanno da tempo detto di no. Quando le solite sirene indicavano la via della produzione "di massa", i nostri produttori hanno deciso di puntare sulla qualità: vincendo.
Con il TTIP, tutto questo verrà distrutto.
Per questo Le scriviamo: perché Lei, in quanto ministro delle Politiche Agricole, ha il dovere di fermare questa follia.
Alessandro Giannì - Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia
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