contropiano claudio conti
Per chi, come noi e i nostri lettori, vive quaggiù,
lontano da quanto accade o viene deciso ai piani alti del potere, una
discussione sull’unione bancaria europea può suonare decisamente
astratta, quasi un esercizio di logica senza agganci con la realtà che
viviamo o che vivremo nei prossimi anni. E invece si sta parlando del
nostro pane e della nostra vita.
Venerdì e sabato i ministri finanziari dei 28 paesi memebri
dell’Unione Europea si incontreranno per discutere di come completare –
appunto – l’unione bancaria disegnando criteri e regole della garanzia
comune per i depositi bancari. In pratica, l’assicurazione dei
correntisti fino a 100.000 euro che dovessero essere coinvolti nel
fallimento della propria banca. Altrimenti chiamata “terza gamba”
dell’unione bancaria.
Questa assicurazione è per ora fornita a livello nazionale, ma è
intuibile che i paesi più deboli – per struttura e dimensioni del debito
pubblico, quindi più esposti agli attacchi speculativi in caso di nuove
turbolenze finanziarie – potrebbero trovarsi in difficoltà
nell’affrontare concretamente questa situazione.
Si potrebbe pensare che non si tratta di affari comunitari, ma in
realtà la stessa solidità di una banca dipende da regolamentazioni
internazionali (Basilea 2 e 3) o comunitarie. Quindi ogni cambiamento
delle regole può creare “sofferenze” là dove prima regnava la
tranquillità o quasi. Dunque è logico che questa garanzia comune, a
livello continentale, sia creata il prima possibile, rafforzando di
fatto la solidità dell’intero sistema bancario europeo.
Naturalmente decidere una condivisione dei rischi è cosa complicata,
con i più forti – casualmente: la Germania – nella posizione di chi dà
le carte e probabilmente le ha già segnate. Mentre i più deboli sono in
quella del debitore che non può pretendere più di tanto.
Non sarà una discussione semplice perché, nonostante la relativa
calma sui mercati, assicurata dalle massicce iniezioni di liquidità
realizzate ogni mese dalla Bce, è chiaro a tutti che – dopo nove anni di
crisi senza soluzioni – ogni increspatura può diventare un’onda di
tempesta.
Il “compromesso” era stato fin qui individuato in una sorta di scambio virtuoso: condivisione del rischio bancario, ma anche riduzione di
questo rischio. Ha una logica, detta così, perché un indebitato non può
pretendere una garanzia assoluta su qualsiasi dimensione di debito. Ma è
altrettanto ovvio che qualsiasi modificazione nei criteri di
valutazione dei singoli asset in portafoglio a una banca può creare
squilibri prima inesistenti e mettere in crisi soggetti che apparivano
solidissimi.
È noto, per esempio, che Germania e Olanda era riusciti ad imporre –
in sede di valutazione della solidità delle banche, con gli stress test
– un giudizio negativo per i crediti concessi a famiglie e imprese
(tipica delle banche italiane, francesi e spagnole, oltre che di altri
paesi minori) e un giudizio invece neutro per l’esposizione in prodotti
finanziari derivati (tipica delle banche tedesche, oltre che inglesi).
In questo modo, alcuni sistemi bancari salvati solo grazie ad aiuti di
stato imponenti (a Londra e Berlino) apparivano floridi, mentre altri
che erano rimasti immuni o quasi al grande tracollo del 2008-2009
risultavano invece “a rischio”. Miracoli del giudizio ad bancam…
Neme. Alla vigilia della riunione di fine settimana la presidenza
olandese dell’Ecofin, quell’incredibile Jeroen Dijsselbloem che ha
devastato la Grecia, sostenuta a spada tratta dal tedesco Wolfgang
Schaeuble, ha presentato una proposta che potrebbe far esplodere una
nuova crisi del debito sovrano nei paesi con elevati livello di debito
pubblico.
L’idea è quella di considerare “rischiosi” i titoli di stato. Che
andrebbero dunque quantitativamente ridotti nel portafoglio di qualsiasi
banca europea.
Lo scopo dichiarato sembra addirittura virtuoso: spezzare il diabolic loop
tra titoli di stato e bilanci delle banche, per cui i secondi seguono
di fatto l’evoluzione positiva o negativa dei primi, con gravi rischi
sistemici ma soprattutto con una sistematica “immobilizzazione delle
risorse” che sottrae energie teoricamente disponibili per “la crescita”.
Ma è chiaro anche a uno studente del primo anno che un’offerta
eccezionale di titoli di stati – conseguenza diretta della necessità
delle banche di vendere quei titoli – provocherebbe un’improvvisa caduta
del prezzo di quei titoli, esponendo gli stati nazionali meno forti ad
offrire rendimenti più alti per rifinanziare il proprio debito. Con la
forte probabilità di non riuscirci nemmeno per intero e aprire così il
vaso di Pandora che porta al default.
È l’esatto opposto della strategia perseguita dalla Bce, che –
allagando di liquidità il mercato – ha infatti reso tutti i titoli di
stato europei “sicuri”, comprimendo lo spread fi quasi alla parità fra
tutti i paesi (tra Bund tedeschi e bond italiani, oggi, c’è un
differenziale di poco superiore all’1%).
Se questa proposta dovesse passare, insomma, già solo l’”effetto
annuncio” in essa contenuto farebbe aumentare l’instabilità finanziaria
fin qui stabilizzata dalla Bce, riaprendo una fase acuta di crisi del
debito sovrano europeo, di corsa ai salvataggi in cambio di tagli di
spesa, privatizzazioni (in alcuni paesi non c’è rimasto molto di
“pubblico” da vendere), austerità, ecc. Il tutto mentre ancora le
vecchie prescrizioni della Troika non sono ancora del tutto diventate
operative…
La Germania punta in modo paese a “fare bingo”, eliminando una lunga
serie di istituti di credito basati nei paesi Piigs, e scatenando così
una serie di svalutazioni di asset – non solo finanziari, ma
anche industriali – che potrebbero essere a quel punto acquistati a
prezzi stracciati. Mentre gli stati più deboli sarebbero indeboliti
ancora di più (ma con i bilanci a posto, per carità…), e quindi
obbligatti a fare di corsa tutte le “riforme” che il mercato
multinazionale pretende.
Conseguenze assai più rilevanti di quelle raggiungibili con un
qualsiasi trattato, perché metterebbe in moto forze “di mercato”
decisamente più “stringenti” e rapide di una procedura d’infrazione.
Diventa più chiaro, ora, perché certe decisioni prese nell’alto dei cieli di Bruxelles o Francoforte sono destinare – sempre – a caderci sulla testa?
Rete per l'Autorganizzazione Popolare - http://campagnano-rap.blogspot.it
Pagine
- Home
- L'associazione - lo Statuto
- Chicche di R@P
- Campagnano info, news e proposte
- Video Consigliati
- Autoproduzione
- TRASHWARE
- Discariche & Rifiuti
- Acqua & Arsenico
- Canapa Sativa
- Raspberry pi
- Beni comuni
- post originali
- @lternative
- e-book streaming
- Economia-Finanza
- R@P-SCEC
- il 68 e il 77
- Acqua
- Decrescita Felice
- ICT
- ECDL
- Download
- हृदय योग सारस
mercoledì 20 aprile 2016
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento