«Oscar Arnolfo Romero, beato fra i poveri», un libro a cura di Geraldina Colotti (per le edizioni Clichy). Raccoglie gli scritti del monsignore assassinato mentre recitava la messa all’altare della cattedrale.
ilmanifesto.info Luciana Castellina
Ci voleva anche per questo l’input di papa Francesco: quest’anno è stato possibile celebrare l’anniversario – 22 marzo 1980 – dell’assassinio di monsignor Romero, arcivescovo del Salvador, con la soddisfazione di un processo di canonizzazione seriamente avviato dopo la beatificazione ottenuta un anno prima. Potremo seguirlo con la conoscenza dovuta a uno dei più drammatici eventi che hanno insanguinato la lotta dei popoli del Centro America per liberarsi delle dittature grazie al libro che sull’argomento è stato curato da Geraldina Colotti: Oscar Arnolfo Romero, beato fra i poveri (Ed. Clichy, pp.144, euro 7,90), che verrà presentato oggi, ore 20.30, presso Modo Infoshop, a Bologna, con Raffaele K. Salinari e l’autrice.
Si tratta di alcuni scritti del sacerdote ammazzato mentre recitava la messa all’altare della cattedrale, preceduti da una lunga introduzione di Colotti, che traccia il percorso politico-religioso compiuto da questo sacerdote. Un itinerario molto analogo a quello di altri prelati dell’America latina: educati all’ubbidienza dalle gerarchie ecclesiastiche (e sociali ) nei collegi di formazione, negli anni ’70 scoprirono l’inaccettabile condizione di miseria dei loro paesi e – anche perché sollecitati dagli stimoli indotti dal Concilio Vaticano II – in tanti finirono per schierarsi con i movimenti di opposizione, anche guerrigliera, pagando anche loro un prezzo altissimo. Durante il suo recente viaggio in Bolivia papa Francesco si è soffermato dinanzi al luogo dove, solo due giorni prima dell’assassinio di Romero, era stato torturato e poi ucciso un altro sacerdote, Luis Espinal. È in questa occasione – ricorda l’autrice – che il presidente Evo Morales ha regalato al Pontefice una croce su cui lo stesso Espinal aveva inciso una falce e martello.
Il libro di Geraldina Colotti mi ha riportato a tanti anni fa quando le romanzesche battaglie armate del Centro America animarono la fantasia di tutta la sinistra. E le speranze. All’inizio ne abbiamo saputo poco, poi i loro leader sono diventati i nostri eroi. A me capitò di incontrare a Managua quella sandinista che aveva appena vinto. Di lì fui inviata in Salvador per una missione semiclandestina al termine della quale – io e un sindacalista cislino ex missionario gesuita diventato prete operaio, Nino Sergi – avremmo dovuto annunciare che da lì a qualche mese il Fronte democratico rivoluzionario sarebbe a sua volta passato alla lotta armata. (Con noi avrebbe dovuto esserci anche un deputato Dc di sinistra, che all’ultimo non se la sentì: al governo sostenuto dai militari, mandanti dell’assassinio dell’arcivescovo Romero, c’era ancora un Dc, Duarte, su cui inutilmente avevano puntato gli americani nella speranza di dare una legittimità democratica al regime).
Sapevo solo assai superficialmente chi fosse stato monsignor Romero. Seppi di più di questo sacerdote assassinato sui gradini dell’altare della cattedrale di El Salvador dove stava dicendo messa, quando entrai nel Collegio dei Gesuiti: l’androne del grande edificio dove studiavano i rampolli della buona borghesia salvadoregna erano coperti dalle immagini di decine di sacerdoti ammazzati allo stesso modo: dai sicari delle giunte militari succedutesi al potere perché impegnati a fianco delle lotte contadine. Nel corso della notte precedente avevo saputo dai compagni del Fronte Democratico Rivoluzionario incontrati clandestinamente, lontano dalla capitale, che il sacerdote rettore del collegio era in realtà un loro compagno. Un gesuita, che per di più era stato molti anni prima nel collegio che l’ordine ha a Gallarate, allievo proprio assieme al sindacalista della Cisl con cui condividevo la missione. È così – grazie alla lunga e amichevole conversazione riservatissima che avemmo al Collegio prima di ripartire – che capii tante cose dell’intreccio che si era stabilito fra una parte della Chiesa e la sinistra più radicale. È comprensibile perché il libro di Geraldina Colotti mi ha commosso. Oramai sono passati tanti anni e mi domando quanti giovani sappiano di quella epopea centroamericana. La speranza è che il libro li incuriosisca.
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