Senza
tutele. Dal 2007 al 2014 sono passati dal 3% al 7% della popolazione.
“Correggere l’Isee”, perché discrimina i disabili. Il nuovo indicatore
di reddito viene bocciato anche dall’Inps: 400 mila famiglie a rischio.
il manifesto di Antonio Sciotto
Dal
fronte della povertà continuano ad arrivare numeri impressionanti, che
il governo tenta di aggirare ribadendo in tutte le occasioni di aver
stanziato un apposito fondo per contrastarla. Ieri la Banca d’Italia, in
audizione alla Camera proprio sul ddl governativo, ha spiegato che tra
il 2007 e il 2014 i poveri sono raddoppiati, passando dal 3% al 7% della
popolazione italiana, con oltre un milione di minori in povertà
assoluta (rappresentano il 10% del totale).
Ma non
basta, perché l’istituto guidato da Ignazio Visco ha chiesto – in linea
con quanto già aveva fatto l’Inps – di correggere il nuovo sistema di
calcolo dell’Isee, che prevede l’assurdità di conteggiare a reddito
anche i trattamenti per i disabili, facendo così perdere il diritto al
welfare a tante famiglie che li percepiscono e che per questo figurano
come più ricche di quanto non lo siano in realtà. Un “regalino” che era
venuto dallo stesso esecutivo, con un decreto ad hoc.
Banca
d’Italia ritiene «necessaria e urgente»una rimessa a punto dell’Isee
dopo la sentenza del Tar che ha chiesto di escludere i trattamenti di
disabilità dal calcolo dell’indicatore. Dopo il Tar, lo scorso febbraio
era venuta analoga sentenza da parte del Consiglio di Stato. Insomma,
adesso la politica si deve adeguare, visto che secondo la giustizia il
nuovo modello di calcolo è iniquo.
«Per
effetto di tale intervento – ha spiegato Banca d’Italia riferendosi al
nuovo sistema di calcolo – l’Isee verrebbe azzerato in un numero elevato
di casi, divenendo così privo di capacità discriminante proprio ove si
debba definire il diritto all’accesso o il quantum del corrispettivo a
fronte di prestazioni destinate ai disabili. Data la centralità
dell’Isee, provvedere alla sua rimessa a punto pare necessario e
urgente».
D’accordo
Tito Boeri, presidente dell’Inps, che ha parlato ugualmente in
audizione: «Deve essere trovata una soluzione d’urgenza per garantire a
migliaia di nuclei familiari con disabili l’esecuzione delle sentenze»
del Tar Lazio e del Consiglio di Stato, ha detto.
Secondo
Boeri, «non si possono attendere i tempi per l’approvazione di un
decreto del presidente del consiglio dei ministri, e questa non è una
questione che può essere affrontata a livello amministrativo». A oggi –
spiega Boeri – sono circa 400mila «i nuclei familiari con disabili che
sarebbero interessati in vario modo o misura dagli effetti delle
sentenze».
«Come
governo non possiamo che prendere atto della decisione. Provvederemo ad
agire in coerenza», aveva detto il ministro Poletti commentando la
sentenza del Consiglio di Stato in febbraio. «Il nostro governo – ha
cercato di giustificarsi il ministro – ha applicato una normativa
approvata in precedenza dall’esecutivo, e sulla quale si erano espresse
positivamente le commissioni parlamentari. Ci siamo impegnati
nell’attuazione del nuovo Isee ritenendolo un indicatore più veritiero e
meglio costruito del precedente, oltre che con un sistema di controlli
rafforzato: come sta dimostrando il monitoraggio che pubblichiamo ogni
trimestre, è infatti complessivamente un indicatore più equo e che
garantisce un accesso più giusto alle prestazioni sociali, anche nel
caso delle persone con disabilità».
Peccato
che tutta questa “perfezione” e “precisione” venisse poi inficiata dal
difetto contestato ieri da Bankitalia e Inps. Assurdità che viene ben
descritta dalla sentenza del Consiglio di Stato: «Ricomprendere tra i
redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significa
allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito –
come se fosse un lavoro o un patrimonio – e i trattamenti erogati dalle
pubbliche amministrazioni non un sostegno al disabile, ma una
“remunerazione” del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole,
oltre che in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione».
Banca
d’Italia ha comunque promosso il ddl di contrasto alla povertà:
«Prospetta – commenta – innovazioni sostanziali». I trasferimenti
monetari «andranno definiti sulla base dell’Isee e tenendo conto della
situazione reddituale e patrimoniale complessiva della famiglia, in una
logica universalistica e non più categoriale. Pur gradualmente, si
destina alla lotta alla povertà un ammontare non trascurabile di
risorse».
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