Quasi in testa nelle spese militarim ultimi in istruzione e cultura. L'identifit di un paese governato in modo infame e suicida.
Nessuna classifica è neutrale, né perfetta. Ma mettendone insieme due o tre, o anche di più, ne viene fuori un quadro abbastanza nitido di un paese e della sua classe politica. Se parliamo di spese, infatti, parliamo di “scelte politiche”. Si spende di più per quello che è considerato più importante, di meno per quel che non interessa. Una questione di “valori” politici ed etici, progettuali, che presiede alla distribuzione dello “sforzo”.
Per esempio. L'Italia è penultima in Europa per la percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura: appena l'1,1%, a fronte della media del 2,2% dei 27 Paesi dell'Ue, matematicamente il doppio. Dietro di noi c'è solo la Grecia, ma negli utlimi tre anni Atene non ha più avuto una politica economica appena appena discrezionale. I governi italiani, dunque, l'hanno ridotta per scelta quasi libera. In fondo, siamo anche l'unico paese del mondo industrializzato ad avere avuto un ministro dell'economia che dichiarava “la cultura non si mangia” (Giulio Tremonti). Lo avessero pensato i predecessori, staremmo ancora a dipingere cervi nelle grotte...
Nessuna classifica è neutrale, né perfetta. Ma mettendone insieme due o tre, o anche di più, ne viene fuori un quadro abbastanza nitido di un paese e della sua classe politica. Se parliamo di spese, infatti, parliamo di “scelte politiche”. Si spende di più per quello che è considerato più importante, di meno per quel che non interessa. Una questione di “valori” politici ed etici, progettuali, che presiede alla distribuzione dello “sforzo”.
Per esempio. L'Italia è penultima in Europa per la percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura: appena l'1,1%, a fronte della media del 2,2% dei 27 Paesi dell'Ue, matematicamente il doppio. Dietro di noi c'è solo la Grecia, ma negli utlimi tre anni Atene non ha più avuto una politica economica appena appena discrezionale. I governi italiani, dunque, l'hanno ridotta per scelta quasi libera. In fondo, siamo anche l'unico paese del mondo industrializzato ad avere avuto un ministro dell'economia che dichiarava “la cultura non si mangia” (Giulio Tremonti). Lo avessero pensato i predecessori, staremmo ancora a dipingere cervi nelle grotte...
In compenso, nel 2012 l’Italia è salita al decimo posto nel mondo – quarta in Europa - tra i paesi con le più alte spese militari. Eravamo undicesimi, nel 2011; si vede che il governo “tecnico” ci ha messo del suo. 34 miliardi di dollari l'anno, ovvero 26 miliardi di euro, 70 milioni al giorno. Mentre tagliava tutto, aumentava la spesa militare (acquisto di F35, missioni all'estero, ecc). Il dato viene dal Sipri, istituto internazionale con sede a Stoccolma.
Ma l'Italia dà un grande contributo anche ai profitti finanziari. Il 17,3% della spesa pubblica se ne va infatti per il pagamento degli interessi sul debito. Peggio, ancora una volta, stanno solo Grecia (24,6%), Cipro (24,1%) e Ungheria (17,5%).
L'identikit di questo paese ne esce quindi fuori nitido: si impegna come servo militare dell'imperislismo più forte (è il più fedele esecutore europeo degli ordini Usa, dopo la Gran Bretagna), ha deciso di mantenere nell'ignoranza perenne la propria popolazione tagliando il cordone ombelicale con la propria storia culturale trimillenaria, si svena per pagare interessi su un debito che (al 130% del Pil) ognun sa che non potrà mai essere restituito.
Nessun libro, ma solo moschetto! Neanche il fascismo era arrivato a tanto...
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