martedì 30 aprile 2013

Dopo i saggi di Napolitano, arriva la Convenzione. Anche Letta sottrae al Parlamento le cose che contano

La vera sorpresa, almeno per me, del discorso di Enrico Letta è la sua proposta di avviare una Convenzione per le Riforme. 

L'Huffington Post
La sorpresa non deve essere stata solo mia dal momento che lo stesso Premier, nella sua replica finale si è detto colpito dal silenzio dei parlamentari della Camera su questa idea. Forse non era silenzio; forse era sorpresa, anche la loro.
Questa Convenzione è in effetti il cuore politico del progetto che Letta ha presentato. La sua importanza è sottolineata dal fatto che alla durata dei suoi lavori, 18 mesi, e alle sue conclusioni viene legata la vita stessa della legislatura, come ha ripetuto il Premier. Eppure, nonostante questo organismo debba assolvere il compito più importante per la politica, cioè fare quelle riforme istituzionali che ridiano senso e autorevolezza al nostro sistema, lo si forma come entità terza, e con l'aggiunta di personalità esterne, nella tradizione dei Saggi di Napolitano, cui si richiama.
Vediamo le parole esatte di Letta.


"Al fine di sottrarre la discussione sulla riforma della Carta fondamentale alle fisiologiche contrapposizioni del dibattito contingente, sarebbe bene che il Parlamento adottasse le sue decisioni sulla base delle proposte formulate da una Convenzione, aperta alla partecipazione anche di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati della attività parlamentare della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato di saggi istituito dal Presidente della Repubblica. La Convenzione deve poter avviare subito i propri lavori sulla base degli atti di indirizzo del Parlamento, in attesa che le procedure per un provvedimento Costituzionale possano compiersi. Dal momento che questa volta l'unico sbocco possibile per questo tema è il successo nell'approvazione delle riforme che il paese aspetta da troppo tempo, fra 18 mesi verificherò se il progetto sarà avviato verso un porto sicuro. Se avrò una ragionevole certezza che il processo di revisione della Costituzione potrà avere successo, allora il nostro lavoro potrà continuare. In caso contrario, se veti e incertezze dovessero minacciare di impantanare tutto per l'ennesima volta, non avrei esitazioni a trarne immediatamente le conseguenze."
Molti osservatori fin da subito hanno dato una maliziosa lettura di questa proposta. Immaginando una camera di compensazione per far rientrare una vecchia generazione di " trombati" eccellenti, di eminenze grigie e politici esclusi da questo ricambio generazionale. Un luogo insomma dove si fanno le cose che contano con gli uomini che contano. Il fatto che lo stesso Berlusconi si sia subito candidato Presidente, rivela la importanza che i Big della politica attribuiscono a questa Convenzione.
Ma al fondo di tutte queste osservazioni rimane il tipo di messaggio che il progetto di Letta invia: è il riconoscimento da parte sua che il Parlamento da solo non ce la fa ad assolvere il principale compito per cui lo abbiamo eletto. Ed è anche una visione elitaria ed extraparlamentare della eccellenza che serve a una Repubblica. Come del resto ci aveva già detto Napolitano, affidando a dieci saggi il compito di risolvere in due settimane quello che vari governi non hanno fatto in anni.
È legittimo che il presidente Letta e Napolitano pensino questo. Ma se è così, ci dicessero qualcosa di più: chi è un Saggio, di quali investiture, doti e capacità è fatta tale definizione? Criteri non irrilevanti se si vogliono evitare derive familiste e favoritismi. E, non ultimo, val la pena votare se poi tutto finisce in mano a un professore universitario, o a un magistrato o a un sociologo?

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