La Corte d’assise d’appello del Tribunale di Torino ha espresso il suo verdetto: riduzione delle pene per gli imputati.
Si
tratta degli imputati accusati della morte dei sette operai della
ThyssenKrupp morti a seguito del rogo dell 6 dicembre 2007 nella linea 5
dell’acciaieria.
E' stato Gian Giacomo Sandrelli, il
presidente, a leggere la sentenza che stabilisce la nuova condanna
dell’amministratore delegato in dieci anni, ma che, va specificato,
abolisce, soprattutto, il reato di omicidio volontario con dolo
eventuale.
Non è così. Infatti, è stato omicidio colposo con l’aggravante della colpa cosciente.
Harald Espenhahn, in prima battuta, è stato condannato in primo grado a 16 anni e mezzo di carcere.
L'accusa di omicidio volontario con la formula del dolo eventuale dunque trarrà "un vero beneficio": lo sconto della pena vale anche per gli altri cinque alla sbarra.
A Marco Pucci e Gerald Priegnitz, membri del board esecutivo dell’azienda, sette anni.
A Daniele Moroni, responsabile tecnico otto anni. A Raffaele Salerno, direttore dello stabilimento di Torino, sei mesi. A cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza dell’impianto di corso Regina Margherita, otto anni.
"Vergogna per la sentenza che ha ridotto la pena per l’ad della Thyssenkrupp di Torino - dichiara Paolo Ferrero, Segretario Nazionale di Rifondazione Comunista - nel processo per il rogo in cui il 6 dicembre 2007 morirono 7 operai. A pagare sono sempre e solo i lavoratori, come è accaduto anche oggi, all’Ilva di Taranto. Nell’esprimere le nostre condoglianze alla famiglia dell’operaio morto - aggiunge Ferrero - diciamo che questo è il primo punto che deve affrontare il nuovo parlamento: occorre togliere l’ILVA dalle mani di Riva e renderla pubblica, e occorre obbligare la famiglia Riva a pagare al fine di praticare una radicale riconversione ambientale della fabbrica".
In questo modo, dunque, sparisce la caratteristica del dolo dell’incendio. Sparisce, ma non per l’art. 437 del codice penale: infatti sia al manager tedesco quanto agli altri imputati è confermata la condanna di primo grado per omissioni dolose di norme anti infortunistiche.
E sono le dichiarazioni dei familiari delle vititme a non poter essere trascurate, più di tutto. "Il ministro della Giustizia ci incontri, vogliamo giustizia". E' questo il grido e l'appello delle madri e delle mogli dei sette operai morti.
"Oggi - aggiunge Rosina Platì, la madre di Giuseppe Masi - hanno ammazzato di nuovo nostri figli, noi questa sentenza non la acceteremo mai. Durante il secondo grado non e' emerso alcun elemento nuovo e non capiamo perche' siano state ridotte le pene. Noi andremo avanti, non ci fermero mai. Se il ministro della giustizia non verra' - conclude - andremo noi, andremo da Napolitano, da chiunque. Vogliamo che qualcuno ci ascolti: hanno ammazzato i nostri figli e le nostre vite sono rovinate per sempre".
Non è così. Infatti, è stato omicidio colposo con l’aggravante della colpa cosciente.
Harald Espenhahn, in prima battuta, è stato condannato in primo grado a 16 anni e mezzo di carcere.
L'accusa di omicidio volontario con la formula del dolo eventuale dunque trarrà "un vero beneficio": lo sconto della pena vale anche per gli altri cinque alla sbarra.
A Marco Pucci e Gerald Priegnitz, membri del board esecutivo dell’azienda, sette anni.
A Daniele Moroni, responsabile tecnico otto anni. A Raffaele Salerno, direttore dello stabilimento di Torino, sei mesi. A cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza dell’impianto di corso Regina Margherita, otto anni.
"Vergogna per la sentenza che ha ridotto la pena per l’ad della Thyssenkrupp di Torino - dichiara Paolo Ferrero, Segretario Nazionale di Rifondazione Comunista - nel processo per il rogo in cui il 6 dicembre 2007 morirono 7 operai. A pagare sono sempre e solo i lavoratori, come è accaduto anche oggi, all’Ilva di Taranto. Nell’esprimere le nostre condoglianze alla famiglia dell’operaio morto - aggiunge Ferrero - diciamo che questo è il primo punto che deve affrontare il nuovo parlamento: occorre togliere l’ILVA dalle mani di Riva e renderla pubblica, e occorre obbligare la famiglia Riva a pagare al fine di praticare una radicale riconversione ambientale della fabbrica".
In questo modo, dunque, sparisce la caratteristica del dolo dell’incendio. Sparisce, ma non per l’art. 437 del codice penale: infatti sia al manager tedesco quanto agli altri imputati è confermata la condanna di primo grado per omissioni dolose di norme anti infortunistiche.
E sono le dichiarazioni dei familiari delle vititme a non poter essere trascurate, più di tutto. "Il ministro della Giustizia ci incontri, vogliamo giustizia". E' questo il grido e l'appello delle madri e delle mogli dei sette operai morti.
"Oggi - aggiunge Rosina Platì, la madre di Giuseppe Masi - hanno ammazzato di nuovo nostri figli, noi questa sentenza non la acceteremo mai. Durante il secondo grado non e' emerso alcun elemento nuovo e non capiamo perche' siano state ridotte le pene. Noi andremo avanti, non ci fermero mai. Se il ministro della giustizia non verra' - conclude - andremo noi, andremo da Napolitano, da chiunque. Vogliamo che qualcuno ci ascolti: hanno ammazzato i nostri figli e le nostre vite sono rovinate per sempre".
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