Pochi sanno che il 1 dicembre scorso è stato
collaudato il Neuron, il drone da combattimento "made in Europe". Il
complesso militare-industriale europeo accentua la competizione con
quello statunitense. Una puntuale analisi di Manlio Dinucci
contropiano.org
Mentre l'euro continua a perdere quota rischiando di precipitare, decolla il nEUROn. Non è un euro di nuovo corso. È un velivolo non pilotato da combattimento di nuovo tipo. Gli attuali droni, come il Predator statunitense, vengono pilotati a distanza da operatori seduti a una consolle, in una base negli Usa a oltre 10mila km di distanza: attraverso videocamere e sensori all'infrarosso, individuano l'obiettivo (una casa, un gruppo di persone, un'auto in movimento), colpendolo con missili «Fuoco dell'inferno». Questi e altri droni vengono sempre più impiegati nelle «guerre coperte» in Afghanistan, Pakistan, Iraq, Yemen, Somalia, Libia e altrove.
Per sostenere
l'operazione militare francese in Mali, viene ora installata in Niger
una base di droni Usa, che si aggiunge a quelle già operative in Etiopia
e in altri paesi africani. La U.S. Air Force sta addestrando più
«piloti remoti» per i droni che piloti di cacciabombardieri. Non mancano
però i problemi: i piloti alla consolle non rischiano la vita, ma sono
soggetti a forte stress che, secondo uno studio del Pentagono, provoca
in molti casi ansia e depressione. La guerra evidentemente deprime,
anche quando si uccide premendo un pulsante a 10mila km di distanza.
Tali problemi saranno però tra non molto superati: si stanno
sperimentando velivoli completamente robotizzati, come l'X-37B della
U.S. Air Force, che possono fare a meno anche dei piloti alla consolle. Mentre l'euro continua a perdere quota rischiando di precipitare, decolla il nEUROn. Non è un euro di nuovo corso. È un velivolo non pilotato da combattimento di nuovo tipo. Gli attuali droni, come il Predator statunitense, vengono pilotati a distanza da operatori seduti a una consolle, in una base negli Usa a oltre 10mila km di distanza: attraverso videocamere e sensori all'infrarosso, individuano l'obiettivo (una casa, un gruppo di persone, un'auto in movimento), colpendolo con missili «Fuoco dell'inferno». Questi e altri droni vengono sempre più impiegati nelle «guerre coperte» in Afghanistan, Pakistan, Iraq, Yemen, Somalia, Libia e altrove.
Tra questi velivoli non pilotati da combattimento si distingue il nEUROn, nato da un programma europeo guidato dalla francese Dassault, al quale partecipa l'Alenia Aermacchi come primo partner industriale, con una quota del 22% anche dei costi (quantificati nella fase iniziale in 400 milioni di euro). Partecipa al programma, con Alenia Aermacchi come capofila nazionale, un gruppo di società italiane tra cui la Selex Galileo (Finmeccanica). Il prototipo del nEUROn (al cui sviluppo partecipano anche Svezia, Spagna, Grecia e Svizzera) ha già effettuato il primo volo.
Ora, per circa due anni, sarà sottoposto a un intenso programma di test, anche a Decimomannu, per verificare la sua capacità stealth (invisibilità ai radar) e quella di lancio di missili e bombe a guida laser dal vano di carico interno, con un sistema «intelligente» progettato dall'Alenia che «effettuerà automaticamente il riconoscimento del bersaglio». Una volta immessi i dati della missione, sarà l'intelligenza artificiale del nEUROn a guidare il velivolo sull'obiettivo. In completo silenzio radio e con la possibilità di controllare una intera squadra d'attacco di nEUROn in modo automatico dai caccia di ultima generazione. In tal modo, nel 21° secolo, la guerra imperialista diventa automatizzata e invisibile. Così che i parlamentari, che con voto bipartisan sostengono tale politica, possano presentarsi ancora con il volto della democrazia.
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