Dovranno risarcire al Comune 560.893 euro a testa. La magistratura contabile ritiene responsabili tre ex sindaci e quattro ex assessori alla Nettezza Urbana. Per anni centinaia di lavoratori dei consorzi di bacino pagati per non fare nulla.
ILFATTOQUOTIDIANO.IT di Vincenzo Iurillo | 28 febbraio 2013
Rifiuti, arriva il conto degli sprechi per le assunzioni inutili negli anni dell’emergenza a Napoli, centinaia di operai ed ex lavoratori socialmente utili chiamati negli anni 2000 negli enti di bacino per lavorare alla raccolta differenziata ma in realtà fermi a girarsi i pollici. Ed è un conto salato per ex sindaci ed amministratori. La Corte dei conti della Campania presieduta da Fiorenzo Santoro ha condannato Antonio Bassolino, Rosa Russo Iervolino e Riccardo Marone, i primi cittadini delle stagioni di centrosinistra concluse nel 2011, a risarcire al Comune di Napoli 560.893 euro a testa. Identica sanzione per gli ex assessori alla Nettezza urbana Ferdinando Balzamo e Massimo Paolucci (deputato neo eletto del Pd). Condanna più salata per altri due ex assessori al ramo, Ferdinando Di Mezza e Gennaro Mola: 1.402.233 euro a testa. Per un totale risarcitorio di 5 milioni e 609mila euro.
Le 56 pagine del provvedimento firmato dal magistrato estensore Nicola Ruggiero e depositato il 15 febbraio affrontano e riassumono la vicenda delle 362 assunzioni al consorzio di bacino Napoli 5, il simbolo degli sperperi cittadini. Per provvedere alla raccolta differenziata il consorzio disponeva di 46 automezzi: quindi, considerando turni, ferie e malattie, potevano lavorarci al massimo 150 persone. Invece furono assunti più del doppio, con contratti a tempo determinato poi trasformati a tempo indeterminato. Non solo. Il servizio di raccolta differenziata fu affidato alla municipalizzata Asìa. E i dipendenti del consorzio di bacino restarono sospesi in un limbo di inattività. Pagati per non lavorare. La Corte dei conti ritiene Bassolino&C. responsabili di un danno consumato tra il gennaio 2003 e il settembre 2007, ma determinato anche da scelte politico-amministrative precedenti a quegli anni. E quantificano lo spreco in una cifra spaventosa: 28 milioni e 241mila euro circa, pari agli stipendi inutilmente erogati ai 212 lavoratori in quell’arco temporale (133.215,55 x 212).
La condanna viene però abbassata a una somma molto inferiore sulla base di alcune considerazioni: le colpe dovevano essere allargate a una serie di ulteriori soggetti istituzionali – ex sub commissari all’emergenza rifiuti, ex consiglieri comunali di Napoli e altri – che hanno partecipato ai processi decisionali sfociati nelle assunzioni, ma che la Procura contabile non ha citato in giudizio; e comunque i dipendenti del consorzio, in qualche caso illegittimamente impiegati in attività amministrative, hanno in qualche modo prodotto un lavoro utile al Comune di Napoli che va detratto dall’importo da risarcire. Da sottolineare che la Corte dei conti motiva una diminuzione della condanna – che altrimenti avrebbe superato i 6 milioni di euro in totale – con “il particolare contesto ambientale, connotato da profonde tensioni sociali, in cui i convenuti si sono trovati ad operare, giustificante una ulteriore riduzione del 10%”. In quegli anni assumere disoccupati storici serviva a calmare le piazze. I magistrati l’hanno considerata un’attenuante, e hanno fatto lo sconto.
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