La tratta delle donne che dalla Nigeria finiscono a vendersi sulle strade italiane, le 'confraternite' che le gestiscono e i legami con la nostra criminalità non fanno più notizia. Eppure il traffico delle ragazze ha un giro d'affari da milioni di euro. Ecco come funziona e chi, in Europa e in Africa, lo fa prosperare.
l'espresso di Fabio Emilio Torsello
Il negozio me lo indica con un cenno mentre ci passiamo davanti. Il
quartiere è quello della Maddalena, decantato da De André. Dietro
la vetrina, una ragazza nigeriana parla con una coetanea. "E' una
Maman" mi spiega "una sorta di maitresse. E questo negozio è stato
aperto grazie alla collaborazione di un italiano cui poi hanno
regalato una ragazza per riconoscenza. In generale, tutti i negozi
di parrucchiere o di cosmetici sono di copertura, servono a
mascherare il traffico di ragazze". Ad accompagnarmi in giro per
Genova è Claudio Magnabosco, fondatore dell'associazione "Le
ragazze di Benin City" e marito di Isoke Aikpitanyi, una ragazza
nigeriana vittima di tratta, ridotta in coma quando nel Duemila
decise di sottrarsi ai suoi aguzzini. La raggiunsero in un parco a
Torino quando era appena fuggita, la circondarono in tre e la
picchiarono selvaggiamente finché una signora, attirata dalle urla,
non chiamò la polizia. Isoke rimase in coma per tre giorni e le
dovettero ricostruire l'arcata sopraccigliare.
L'operazione antitratta. Quello della tratta di esseri umani è un fenomeno di cui non si parla quasi più, come hanno denunciato anche i responsabili di Caritas Immigrazione durante il coordinamento della scorsa settimana: un traffico semiscomparso dalle cronache nostrane. Eppure proprio a gennaio una maxi operazione ha portato a ben 55 arresti, smantellando una rete internazionale che dall'Africa portava migranti in Italia. In manette è finito addirittura un mediatore culturale dell'Ambasciata italiana a Nairobi. Roba da prima pagina. E invece niente. E anche il giro d'affari era di tutto rispetto: circa 25 milioni di euro e proveniva dalla contraffazione dei documenti, dai proventi dei viaggi e dal vero e proprio commercio di persone.
Questione di Pil. In Nigeria, mi spiega Claudio, la tratta di esseri umani copre una percentuale del Prodotto interno lordo nazionale ed è gestita ad altissimi livelli. "Persone vicine alle istituzioni, molto potenti, che non si sporcano direttamente le mani ma gestiscono nell'ombra". E Claudio racconta la vicenda di Isoke: quando la ragazza chiamò i genitori sperando che potessero aiutarla, il padre, un funzionario del Tribunale, dopo qualche giorno le fece sapere che non avrebbe potuto far nulla: le coperture erano troppo potenti. "Si parlava, all'epoca, della moglie del governatore dell'Edo State, ma non ci sono prove".
La prostituzione per fasce orarie. Per tre giorni Claudio mi accompagna a conoscere i vicoli su cui si svolge il traffico delle ragazze dall'Africa e dal Sud America, mi indica gli appartamenti in cui si consumano gli appuntamenti, molti facilmente individuabili da una luce rossa appesa sopra l'ingresso. E non siamo ad Amsterdam ma in vicolo Untoria: "Molte ragazze" racconta "aspettano l'ora della pausa pranzo degli impiegati. La prostituzione, qui come in molte altre città, avviene per fasce orarie. Di mattina trovi le italiane, di pomeriggio le latinoamericane e la sera le nigeriane". Qualche ragazza di origine africana, però, la si incrocia anche di giorno. Aspettano, all'angolo con vicolo dei Droghieri o in vico della Scienza. Un dedalo di viuzze in cui si consuma la prostituzione genovese. Il quartiere della Maddalena, proprio dietro via del Campo.
Le ragazze "girano". "Spesso" prosegue Claudio "le ragazze vengono trasferite. Le Maman le distribuiscono in base alle città, alle esigenze e ai gusti dei clienti. Molte di loro arrivano da Londra e a seconda del miglior offerente vengono smistate in Spagna, Francia, Olanda o Italia. I trafficanti di recente hanno iniziato a farle passare dalla Svezia e dai Paesi scandinavi, dove c'è una percezione minore del problema della tratta di esseri umani". E proprio a Londra, prosegue "Isoke racconta di una busta sostanziosa consegnata alle guardie di frontiera per far passare sette ragazze, evitando qualsiasi controllo". Mentre camminiamo per le vie, una porta di un appartamento al pian terreno si apre, una ragazza lancia verso l'esterno uno sguardo circospetto, ci studia. L'interno è ordinato: un letto, luce soffusa, alcune candele. Passiamo oltre.
L'operazione antitratta. Quello della tratta di esseri umani è un fenomeno di cui non si parla quasi più, come hanno denunciato anche i responsabili di Caritas Immigrazione durante il coordinamento della scorsa settimana: un traffico semiscomparso dalle cronache nostrane. Eppure proprio a gennaio una maxi operazione ha portato a ben 55 arresti, smantellando una rete internazionale che dall'Africa portava migranti in Italia. In manette è finito addirittura un mediatore culturale dell'Ambasciata italiana a Nairobi. Roba da prima pagina. E invece niente. E anche il giro d'affari era di tutto rispetto: circa 25 milioni di euro e proveniva dalla contraffazione dei documenti, dai proventi dei viaggi e dal vero e proprio commercio di persone.
Questione di Pil. In Nigeria, mi spiega Claudio, la tratta di esseri umani copre una percentuale del Prodotto interno lordo nazionale ed è gestita ad altissimi livelli. "Persone vicine alle istituzioni, molto potenti, che non si sporcano direttamente le mani ma gestiscono nell'ombra". E Claudio racconta la vicenda di Isoke: quando la ragazza chiamò i genitori sperando che potessero aiutarla, il padre, un funzionario del Tribunale, dopo qualche giorno le fece sapere che non avrebbe potuto far nulla: le coperture erano troppo potenti. "Si parlava, all'epoca, della moglie del governatore dell'Edo State, ma non ci sono prove".
La prostituzione per fasce orarie. Per tre giorni Claudio mi accompagna a conoscere i vicoli su cui si svolge il traffico delle ragazze dall'Africa e dal Sud America, mi indica gli appartamenti in cui si consumano gli appuntamenti, molti facilmente individuabili da una luce rossa appesa sopra l'ingresso. E non siamo ad Amsterdam ma in vicolo Untoria: "Molte ragazze" racconta "aspettano l'ora della pausa pranzo degli impiegati. La prostituzione, qui come in molte altre città, avviene per fasce orarie. Di mattina trovi le italiane, di pomeriggio le latinoamericane e la sera le nigeriane". Qualche ragazza di origine africana, però, la si incrocia anche di giorno. Aspettano, all'angolo con vicolo dei Droghieri o in vico della Scienza. Un dedalo di viuzze in cui si consuma la prostituzione genovese. Il quartiere della Maddalena, proprio dietro via del Campo.
Le ragazze "girano". "Spesso" prosegue Claudio "le ragazze vengono trasferite. Le Maman le distribuiscono in base alle città, alle esigenze e ai gusti dei clienti. Molte di loro arrivano da Londra e a seconda del miglior offerente vengono smistate in Spagna, Francia, Olanda o Italia. I trafficanti di recente hanno iniziato a farle passare dalla Svezia e dai Paesi scandinavi, dove c'è una percezione minore del problema della tratta di esseri umani". E proprio a Londra, prosegue "Isoke racconta di una busta sostanziosa consegnata alle guardie di frontiera per far passare sette ragazze, evitando qualsiasi controllo". Mentre camminiamo per le vie, una porta di un appartamento al pian terreno si apre, una ragazza lancia verso l'esterno uno sguardo circospetto, ci studia. L'interno è ordinato: un letto, luce soffusa, alcune candele. Passiamo oltre.
La struttura è gerarchica. Al vertice del traffico, personalità nigeriane di alto livello agevolano la tratta e offrono copertura. Subito sotto, le cosìddette Confraternite: gruppi violenti di ragazzi che coadiuvano le Maman nella "gestione" delle donne. Originariamente nate come gruppi universitari di studenti in Nigeria, le Confraternite sono divenute vere e proprie associazioni a delinquere, presenti in molte città italiane ed europee e riconoscibili per il copricapo o per alcuni vestiti con colori e simboli ben precisi, con un machete stampigliato su.
Secondo il racconto di Isoke, alcune confraternite sono arrivate addirittura a cercare di gestire i funerali delle ragazze uccise, reclamandone la salma. E poi ci sono le ritorsioni, le aggressioni. Un ragazzo che si rifiutò di sottostare agli ordini della confraternita, alcuni anni fa rischiò l'evirazione a colpi di machete.
Elemento di raccordo tra le Confraternite e le Maman sono le cosidette Londonie, una sorta di esattore - quasi sempre donna - che girano l'Europa per raccogliere il denaro guadagnato dalle Maman. Il sistema, da quello che racconta Isoke, non prevede una "Londonia" per ogni territorio, come si potrebbe credere. Sono le diverse Maman a raggiungere l'esattore quando arriva in Italia. "La Londonia" aggiunge Claudio "è una signora di alta levatura: se deve far finta di essere un ingegnere, nella realtà è ingegnere, con oggettivi motivi per spostarsi nei diversi Paesi in cui va. Ma può essere anche un diplomatico o un funzionario".
Le chiese finte e i pastori conniventi. Strumenti di controllo e raccordo del traffico sono i finti pastori delle chiese pentecostali che si offrono come confidenti delle giovani vittime di tratta ma in realtà collaborano con le Maman che le gestiscono. E una buona parte del condizionamento psicologico lo esercitano i riti wodoo: veri e propri sortilegi funzionali a condizionare la vita delle ragazze. Un sacerdote mette insieme un fagottino con capelli, unghie e sangue della donna, promettendo di restituirlo solo una volta pagato il riscatto. Dalla Nigeria, infatti, si parte con un debito da saldare e una falsa promessa di lavoro in Europa. Ma ci si ritrova in strada.
Il sistema delle Confraternite. "E' importante" prosegue Claudio "anche il linguaggio della tratta: la Maman è tecnicamente la "mamma", poi ci sono le altre ragazze che sono le "sisters", le sorelle, e i ragazzi che vengono chiamati i "brothers", fratelli. Rompere legami e condizionamenti così forti per ragazze semplici e spesso senza istruzione, provenienti dai villaggi, è difficile". E nel caso in cui qualcuna di loro tentasse di fuggire, interverrebbero i "butchers", i macellai, in forza alla Confraternita. Le confraternite più tristemente note sono quelle dei Black Axe, dei Black Eye, Vikings, Bucaneers, Mafia, Black Beret, molte delle quali operano sul territorio italiano in perfetta sincronia con le mafie italiane e straniere, in una pax mafiosa che permette di gestire traffici e ragazze.
"Le questioni relative alla tratta - spiega Isoke - vengono sempre gestite sottobanco, non si spara, anche perché la tratta di donne (ove non di bambini) è contro il codice tradizionale delle mafie italiane e quindi non deve in alcun modo emergere che 'Ndrangheta, Camorra o Cosa Nostra si occupano, anche in modo indiretto, di questo tipo di commerci". Certo è impensabile che traffici di questo tipo possano avvenire sul territorio italiano senza che la criminalità organizzata "nostrana" ne sappia niente.
Un traffico quotidiano, silenzioso, con scambi di "merce umana" pagata in contanti, picchiatori prezzolati e città e clienti indifferenti.
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